Avendo quasi terminata la
stesura del post su Cavalcaselle, avvertivo la mancanza di qualcosa,
un'incompletezza strutturale tra i testi di Ragghianti riproposti.
Ragionando a mente fredda finalmente ricordo che mio padre ha scritto
un libro importante per la storia della critica d'arte Il profilo
della critica d'arte in Italia, edito nel 1948 dalle Edizioni U
di Firenze da un manoscritto elaborato nel 1942 di getto durante la
detenzione nel carcere delle Murate in attesa di giudizio per
cospirazione contro il regime fascista. Siccome ritengo che le parole
dell'autore spieghino al meglio la genesi di questo Profilo,
trascrivo i paragrafi finali della sua “Presentazione”:
Nel 1973 Ragghianti
propose all'Editore Vallecchi di ristampare il libro con degli
importanti Complementi, che l'a. riteneva indispensabili.
Questa seconda edizione fu da me ristampata in anastatica ingrandita
nei caratteri e su carta di qualità, con l'aggiunta di un ritratto
di C.L.R. disegnato da Rodolfo Ceccotti, sacrificato con malizia dal
graphic designer, e di un'esauriente Biografia dell'autore. L'editore
di questa terza edizione è stata l'Università Internazionale
dell'Arte, Firenze 1990 e da essa riproduciamo le pagine su
Cavalcaselle.
Giovan Battista
Cavalcaselle è sempre stato considerato da Carlo L. Ragghianti un
precursore, ammirato anche come personaggio (genio analfabeta)
e stimato per come seppe interpretare le opere d'arte; considerazioni
che lo portarono “a una riflessione simpatetica e ad una commossa
ammirazione” come scrive Antonino Caleca. Perciò quando ho
ritrovato le pagine che nell'immediato dopoguerra Ragghianti dedicò
a Cavalcaselle, sollecitato da Luigi Russo anche a far “titoli”
per concorrere all'insegnamento universitario per il quale era
indubbiamente vocato, ho deciso di riprodurle integralmente. Il
profilo di Cavalcaselle fu pubblicato su “Belfagor” (vol.I, 1946,
pp. 445-451) nella rubrica “Ritratti critici di contemporanei”.
Completa è anche la riproposta del saggio Come lavorava un
critico nell'Ottocento (da “SeleArte”, n.2 sett.-ott. 1952,
pp.3-9), che ha anch'esso un taglio propedeutico e storico critico;
contiene anche alcune illustrazioni dei disegni che lo studioso
eseguiva metodicamente come strumento di analisi critica e di
individuazione stilistica delle opere d'arte che gli capitava di
vedere. Queste illustrazioni sono fondamentali, sufficienti a
mostrare l'originale metodo che il Cavalcaselle seguiva di vero e
proprio scavo dei dipinti. In questo scritto si ricorda che i
quaderni di schizzi sono conservati nella Biblioteca Marciana di
Venezia e che la loro edizione “darebbe la possibilità di valutare
pienamente l'enorme lavoro del Cavalcaselle”. A questo proposito
nel 1946 C.L.R. scriveva: “ … e appare veramente strano che
nessun giovane studioso abbia mai impreso tale auspicabilissimo e
meritorio lavoro” a proposito di “una ricognizione critica e
intelligente e completa del vastissimo materiale di appunti e note
manoscritte lasciate dal Cavalcaselle”. Ci provò successivamente
egli stesso, anche se non era più “un giovane studioso”. con
esiti infausti a causa delle solite gelosie e dei soliti (mi auguro
oggi non più) sequestri di materiali e fonti originali da parte di
funzionari pubblici che confondono il loro servizio se non in
vera e propria sinecura in riserva, in privativa per i propri
eventuali studi. Di questa vicenda di “protezionismo
accademico-burocratico quasi esemplare nel suo genere”, scrive R.,
ho trovato qualche indicazione e quando avrò verificato altre carte
pubblicherò nel blog un intervento puntuale al riguardo. Nel 1988, l'anno dopo la morte di Ragghianti, vidi la notizia che era stato appena pubblicato il volume Cavalcaselle. Il pioniere della conservazione dell'arte italiana scritto da Donata Levi, una studiosa che non conoscevo ma di cui sapevo essere stata in qualche modo una delle sue ultime allieve all'Università di Pisa.
Per la nostra famiglia erano tempi difficili per la perdita di C.L.R. e di problemi di ogni genere derivanti dallo stati di salute disastroso di nostra madre, ragion per cui non acquistai questo volume (per altro non mandato per recensione su “Critica d'Arte”). Vedo adesso su Internet che il libro è praticamente introvabile oppure è disponibile in antiquariato ad una cifra sostanziosa (che non mi sento di sostenere oggidì), nonostante il generale crollo del mercato dei libri usati. Mi rallegro con l'autrice per l'evidente successo editoriale, che voglio pensare derivi dall'esauriente qualità
del contenuto. Purtroppo non ho così modo di verificare quanto
auspicato da Ragghianti nelle prime righe di questo post sia stato
affrontato e risolto – e come – in questo studio della Levi.
All'epoca sfogliavo
assiduamente il “Tuttolibri” allegato a “La Stampa” di Torino
e il 20 febbraio 1988 lessi una calorosa recensione del libro di
Donata Levi firmata da Claudio Savonuzzi. Sopravvissuto alla
deportazione degli ebrei ferraresi con la famiglia sterminata,
Savonuzzi fu assai vicino, qualcosa di più di uno scolaro, a mio
padre nello Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi e
nella fase iniziale de “La Strozzina”, ed anche collaboratore di
“Critica d'Arte” (1949-50) nella prima ripresa postbellica con
Sansoni. Anche mia madre Licia si affezionò a quel brillante
giovane, inquieto e discontinuo, intelligentissimo pare, che però
bisbocciava con Alfredo Righi ed era in “tenzone” con i colleghi
e gli altri collaboratori di C.L.R. quali Parronchi, Federici, forse
il “ventilatore” Marco Forti. In seguito Savonuzzi divenne
giornalista professionista e persino romanziere (Nella linea
d'ombre, 1969, Vallecchi editore, gestione Pampaloni “adiuvato”
da Alfredo Righi). In questa veste S. chiese a mio padre di
sostenerlo e promuoverlo presso i giurati del Premio Strega, cosa che
egli fece benché non troppo convinto della validità del romanzo.
D'altra parte tutte le (poche) fonti su Savonuzzi ignorano il
contenuto reale del libro riportando più o meno il “soffietto”
pubblicato nel Dizionario degli Autori Italiani contemporanei
(Vallecchi 1974) che recita “è sotto l'apparenza di un giallo alla
Graham Green e nella ricchezza delle implicazioni psiconanalitiche,
un saggio raffinato e sin quasi esoterico sull'archetipo dell'uomo
come ci si presenta nella nostra età di terrore e nevrosi”. Bello,
eh! Wikipedia indica come autore della scheda Enzo Ronconi, che di
sicuro fu coordinatore di quest'opera collettiva. Leggendo la
recensione di Savonuzzi al Cavalcaselle di Donata Levi rimasi
sorpreso, poi mi indignò che proprio lui su questo argomento non
trovasse il modo di citare esplicitamente Carlo L. Ragghianti, perché
è evidente che lo ha utilizzato dato che il profilo scritto per
“Belfagor” risale a quando S. gli era “scholaro” e assistente
allo Studio, con Righi scombinato segretario dattilografo.
Vedo che come spesso
m'accade sono stato un po' severo, quasi drastico, nei confronti del
povero Savonuzzi (1926-1990), intrappolato in un freudismo di comodo
perché provato da orribili sciagure in gioventù. Di conseguenza
dedicherò alla sua persona un post incentrato sul suo discepolato e
sulla sua vita successiva. Osservo in questa scheda, però, che egli,
come il Righi e altri collaboratori anche piuttosto assidui di C.L.
Ragghianti mi hanno sempre indignato – quando me ne rendevo
conto: in certi casi ci ho messo decenni ad accorgermi di certi
“difetti” – la codardia morale e la mancanza di lealtà, valori
sacrificati per vivere spesso dissennatamente, sempre comodamente in
complice codardia con i più. Ora che ciò accada nelle relazioni
superficiali per quieto vivere o personale vantaggio è moneta
corrente nelle convivenze. Però essere stati sleali nei confronti di
R. è aggravato dal fatto che egli accordava a chi lo avvicinava per
“lumi” o per aiuto fiducia praticamente illimitata (ma anche
ampia indulgenza negli errori e nelle incapacità naturali). Ciò
nell'ambito etico, giacché le sue iniziative culturali e sociali
erano sempre disinteressate e a volte al pubblico beneficio. Comunque
su questo argomento mi riservo di tornare a mente sgombra e non
oberata da scadenze.
Tornando al grande uomo
che fu G.B. Cavalcaselle, da tre pagine estratte dalla “Critica
d'Arte” (post ragghiantiana – me incluso –, n.4, 1999,
pp.23-25) non so come finite nell'Archivio dato che la rivista non
era più mandata alla famiglia Ragghianti, trovo un resoconto su un
Convegno Internazionale dedicato a Cavalcaselle. Qui, dopo una
citazione del nome di R. entre
autres a pochi capoversi dalla fine di questa relazione
leggo: “Un altro momento importante per la valutazione critica del
Cavalcaselle lo si deve … agli studi condotti da Carlo L.
Ragghianti, la cui portata è evidenziata dall'intervento di Antonino
Caleca, dove si ripercorrono le tappe che avvicinano alla
'comprensione e all'apprezzamento … del genio analfabeta
Cavalcaselle anticipando al 1937-38 l'incontro del Ragghianti con
gli aspetti del Cavalcaselle che lo porteranno ad una riflessione
simpatetica e ad una commossa ammirazione' [Grazie, Caleca]”.
F.R. (5 giugno 2018)
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