Carlo e Licia

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domenica 8 luglio 2018

Georges De La Tour

Uffa! Un altro pasticcio della deplorevole (sono stufo di doverlo sottolineare) Bibliografia degli scritti (U.I.A 1990) di Carlo L. Ragghianti, nonostante l'indubbia necessità di utilizzo almeno nella fase iniziale di una ricerca. Però, diffidare: e se si è in grado di  farlo, controllare sempre altre fonti. Il saggio su Georges De La Tour pubblicato in “seleArte n. 2, sett-ott. 1952 pp. 37-42”, viene attribuito a Carlo L. Ragghianti nella sua  Bibliografia degli scritti ed anche a Licia Collobi in quella a lei dedicata in occasione del centenario dalla nascita (Luk n. 20, 2014 pp. 114-142).
Analogamente, sempre nel corso del 1952 avviene nelle Bibliografie  per il saggio su Medardo Rosso. Nel caso dello scultore ritengo più probabile una collaborazione tra i miei genitori, se non altro perché quale Direttrice della Galleria Nazionale di Arte Moderna di palazzo

Pitti so per certo che mia madre si interessò in quegli anni alle opere di Medardo Rosso colà presenti. Per quanto riguarda la stesura di questo primo testo su Georges De La Tour, propendo a ritenere che ci sia stata collaborazione tra i genitori Ragghianti e che Licia abbia contribuito    con qualche ricerca bibliografica e di verifica delle fonti.
Comunque, come ho già scritto in altra occasione, non è importante riconoscere a chi attribuire i testi delle prime tre serie di “SeleArte”, tanto meno che sia indispensabile se si considera la profonda sintonia metodologica e critica sviluppatasi durante la loro comunione anche intellettuale. Da considerare, poi, che gli studi più impegnativi ed originali sono sempre firmati o siglati in questa rivista volutamente “redazionale”.



Un secondo testo, sempre in “seleArte” n. 19, lug.-ago. 1955 pp. 22-23, nella rubrica “riviste” C.L.R. ricorda la scoperta de La servante à la pouce da parte del critico François-Georges Pariset che la attribuisce a De La Tour. Il dipinto, riprodotto qui a lato,  immediatamente acquistato  dal Musée Lorrain di Nancy è “un capolavoro del Maestro che nel tema nuovo e libero conferma la sua purezza lirica e l'alta disciplina dello stile”, chiosa Ragghianti. Seguono quattro riproduzioni a colori per rendere la debita giustizia visiva a questo maestro che si connota proprio per una sua sigla stilistica giostrata tra luci ed ombre.

La servante.


Per quel che mi riguarda anch'io ho un (tenue) legame aneddotico con Georges De La Tour, la cui opera vidi tredicenne al Louvre. L'inattesa originalità dei suoi dipinti, totalmente sconosciuta, mi impressionò moltissimo: fu una vera rivelazione. Per fortuna non sono credente, altrimenti Dio mi dovrebbe perdonare per gli sproloqui che parlando di La Tour dissi facendo compagnia   ad una gentile fanciulla di qualche anno più grande di me un pomeriggio nel salotto crepuscolare e fané di un convitto per studenti in una traversa del boulevard al cui angolo troneggiavano i Grandi Magazzini Lafayette, allora stupefacenti per noi giovani provinciali fiorentini. Correva l'agosto 1953 ed ero a Parigi dopo l'esame di terza media con un viaggio organizzato dalla mia professoressa di francese, cui ero molto affezionato perché si era sforzata di capire e difendere dagli altri docenti il ragazzino ribelle e smarrito che all'epoca ero, pur essendo Elisa Forti di fede monarchica e convinta credente convertita al cattolicesimo. A pranzo un giorno mi versai dell'olio sui pantaloni (corti!), all'altro paio che avevo portato 
mancavano due bottoni. Perciò restai in pensione mentre i calzoni erano portati in tintoria. Mi ritrovai, con un plaid intorno alla vita, in quel salotto dove per fortuna venne anche una bella signorina che ad evidentiam soffriva per le mestruazioni. Si chiamava Rosanna Bettarini (1938-2012) che poi divenne nota poetessa, importante docente universitario, Presidente del Premio Viareggio. Non avendo altro da fare parlammo e parlammo, anche di La Tour che avevamo visto qualche giorno prima al Louvre. Delle considerazioni e delle osservazioni che facemmo, ovviamente, il ricordo è ormai da tempo più una sensazione che altro, però in questa percezione mi sento di poter affermare che – come su altri argomenti – questa ragazza dicesse cose sensate. Siccome era chiaramente e motivatamente, dati i successivi risultati, una “secchiona” con vasti interessi e profonde passioni umanistiche, mi chiedo se avesse letto o perlomeno intravisto sul “seleArte” dell'anno precedente (rivista già affermata e già con tiratura di tutto rispetto) l'articolo qui sopra riportato.
F.R.

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