Oltre mezzo secolo dopo,
questa relazione di Carlo L. Ragghianti ci parla di una
radiotelevisione pubblica con praticamente gli stessi difetti, le
stesse carenze di oggi. Il fatto che nel frattempo sia avvenuta
un'apparente “liberalizzazione” costituita dalla presenza di
emittenti di natura privata non cambia granché le cose, rimanendo
irrisolti i problemi e le aspettative. Presenza tanto privata,
inoltre e casomai, da costituire in gran prevalenza monopoli
afferenti a tornaconti che, salvo il proprio profitto, non curano gli
interessi e le attese dei cittadini utenti, estraniati da qualsiasi
forma non solo di controllo ma anche di suggerimento, cogestione e
altre possibilità che l'immenso potenziale dei “mezzi” consentirebbe. Comunque oggi dopo l'implicito colpo di Stato presidenziale – potenzialmente speculare a quello di Sciaboletta Savoia nel 1922 – si rischia che l'attuale omogeneizzato
(come già accaduto per la stampa quotidiana e non) si
trasformi in Eiar, per di più eterodiretta da imperscrutabili poteri
non democratici. Purtroppo si può dedurre dalle manifestazioni politiche e mediatiche in corso nel Paese - non si capisce se più farsesche o gravi (comunque preoccupanti) - che nessuno creda più nella democrazia rappresentativa, che a tutti, ripeto a tutti i partiti e a tutte le organizzazioni sociali non importa niente dello Stato repubblicano, di quella fragile struttura che - mediamente male - ha consentito la nostra libertà dal 1945/48 al 2018. Immettiamo perciò nel maremagnum di internet questo
messaggio in bottiglia, questo minuscolo seme che vichianamente forse
potrà attecchire per consentire pensieri e attività innovativi
nelle comunicazioni di massa.
F.R. (28 maggio 2018)
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