In questo anno 2018 sono in corso o sono state proposte manifestazioni espositive, anche di notevole impegno organizzativo, con l'intento di recuperare ancora una volta, dopo la contrastata Mostra Anni Trenta della Milano di Tognoli, l'immagine complessiva dell'arte italiana durante il fascismo. Anche se non mi risulta che ci siano stati evidenti intenti celebrativi o “nostalgici”, in queste mostre non si è, o non si è voluto, fare le necessarie distinzioni tra espressione artistica dei singoli e adesione alla retorica e alla propaganda del regime imposto da un altro “cavaliere”, Benito Mussolini, per altro giustamente giustiziato.
Va detto che all'epoca della mostra Mostra 1915-1935 (1966-67) nessuno degno di considerazione nemmeno tentò di fare un accostamento tra il contenuto dell'esposizione e il regime fascista
Va detto che all'epoca della mostra Mostra 1915-1935 (1966-67) nessuno degno di considerazione nemmeno tentò di fare un accostamento tra il contenuto dell'esposizione e il regime fascista
concomitante. Per questo motivo non ho bisogno di “difendere” gli
intenti esclusivamente artistici di quell'importante avvenimento che
recuperò e sdoganò tanti artisti involontarie vittime dei loro
tempi. Ritengo però opportuno riproporre adesso – anziché a
conclusione della serie delle nostre puntate – il saggio critico
impegnativo ed appassionato che il Segretario Generale della Mostra
pubblicò nel fascicolo n. 91-92 (dic. 1967) di “Critica d'Arte”.
Il testo di Raffaele Monti (1936-2008) qui di seguito viene
integralmente riportato, non sono riprodotte le decine di pagine di
illustrazioni fuori testo, perché ciascuna di esse comparirà in
questo blog assieme alla scheda dell'artista che ha dipinto o
scolpito l'opera d'arte riprodotta fotograficamente.
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