Carlo e Licia

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martedì 12 giugno 2018

Disegni della Fondazione Horne, 1.

Quando era ancora funzionaria delle Belle Arti, cioè fino al 1956, Licia Collobi ebbe anche l'occasione di visionare i disegni raccolti da Herbert Percy Horne e conservati, ma trascurati e negletti, nella sede della Fondazione omonima sita in Palazzo Corsi in Via de' Benci a Firenze. Ebbe anche l'accortezza di farli fotografare tutti da Guido Biffoli, che operava sotto l'egida dell'ancora attivo e vegeto Studio Italiano di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi.
In occasione della morte di Carlo Gamba e dell'incombente centenario della nascita di Horne (suo collega ed amico che su “Dedalo” – I, 1920/21, pp.162-185 – dedicò un articolo a Casa Horne e che dopo la morte del collezionista fu ininterrottamente Presidente della Fondazione dal 1916 al 1962) il Comitato Direttivo de “La Strozzina” decise di ricordare congiuntamente questi due illustri personaggi che tanto avevano fatto per illustrare la cultura e Firenze. Di conseguenza fu stabilito di organizzare un'esposizione di quei disegni inediti e quindi praticamente sconosciuti collezionati dal mecenate inglese. In quanto notoria esperta di disegni e unica conoscenza della consistenza e della qualità delle opere del lascito Horne, Licia Collobi fu incaricata di curare la Mostra scegliendo le opere da esporre e di realizzare il catalogo provvisorio sulla base degli elenchi approssimativi esistenti. Il tutto, come spesso avviene in questi casi, entro tempi strettissimi, stanti la programmazione della Galleria di Palazzo Strozzi e i limiti temporali del prestito da parte della Fondazione con un nuovo presidente dopo i quarantasei anni di Gamba.
La Mostra dei Disegni Horne si tenne nel bimestre settembre-ottobre 1963, arricchita da un Catalogo (8 pp. apparati e Presentazione, 55 pp. di elenco e descrizione delle opere, un sedicesimo con 8 tavole a colori, 144 pp. di tavole in bianco/nero) nel quale la curatrice dichiarava – in attesa di una sua regestazione definitiva – che “le schede vogliono fornire i dati essenziali per la pertinenza o il riconoscimento dei disegni”.
Era già accaduto in precedenza, in occasione della Mostra dei Bozzetti degli Uffizi sempre a “La Strozzina” nel 1954 (esposizione di cui relazioneremo successivamente in questo blog), che l'operato professionale di Licia Collobi fosse aggredito con argomentazioni improprie, pretestuose e con autentiche falsità, per motivi dettati da invidia ma soprattutto tesi a colpirne il marito che non si aveva il 
coraggio e l'opportunità di affrontare direttamente. Nel caso dei Disegni Horne l'aggressore fu uno specialista britannico, quasi sempre citato in coppia col collega Pouncey, di nome A.E. Popham. Non so se il di costui livore fosse scatenato da falsi presupposti ed attestazioni, o da gelosia professionale, o a personale idiosincrasia o fosse – non me ne meraviglierei – eterodiretto dai soliti noti. Naturalmente ancora una volta Licia Collobi (che ricordo indignata e sorpresa) fu costretta a replicare tramite la “Critica d'Arte” (n.61, apr. 1965, pp. 63,64) di cui era redattrice unica. Di questo episodio di malcostume diffuso tra studiosi ed accademici, purtroppo non inconsueto né all'epoca né – temo – oggidì si confondono i risultati di studi e ricerche che invece di essere considerati acquisizioni disinteressate ed erga omnes (e nemmeno intesi come normali gradini di una carriera) si tramutano in orticelli chiusi, dove soltanto gli adepti sono ammessi con diritto di opinione, comprensione e gestione. Così “beni” pubblici vengono considerati strumenti per il successo, per scambi illeciti, per acquisizione o difesa di potere. Così si costituisce una mentalità segregazionista cui soltanto la “nomenclatura” ha diritto di considerazione e di comunicazione privilegiata. Ad esempio: non erano rari i casi di funzionari pubblici delle Belle Arti che bloccavano l'accesso a documenti o a opere d'arte – a volte per decenni! – perché essendo od essendo stati sotto la loro tutela si riservavano di occuparsene in esclusiva a loro comodo in un futuro indeterminato.
Comunque quel che è importante e che conta è che questa scelta di 260 tra i 929 disegni che Horne collezionò fu finalmente pubblicata. I disegni, tutti di qualità con alcuni capolavori, furono resi noti in una anteprima accurata, scientificamente attendibile e corretta rappresentando così anche l'anticipazione di ulteriori studi. Così fece Licia Collobi R. che concluse la sua ricerca pubblicando su “Critica d'Arte” due interventi sulle opere degli artisti inglesi e Constable in particolare (n.62, mag. 1964, pp. 33-42; n.70 apr. 1965, pp.31-42; n.71, mag. 1965, pp. 53-64). Questi contributi verranno fusi nel 1966 nel volume Disegni inglesi della Fondazione Horne in Firenze (Edizioni di Comunità, Milano), dei quali stiamo preparando un post che riporterà la Presentazione dell'autrice e una scelta di illustrazioni.

F.R. (5 maggio 2018)




Postilla – Herbert Percy Horne (1864, Londra – 1916, Firenze) personaggio eclettico oltre che collezionista fu letterato e poeta, architetto, restauratore, pittore e critico d'arte assai stimato in Gran Bretagna. Stabilitosi a Firenze, dove nel 1911 acquistò il Palazzo Corsi di Via de' Benci, Horne contribuì a restaurarlo e provvide all'arredamento personalmente con gusto piuttosto conformista. La sua raccolta di dipinti è discontinua per qualità, comprendendo un autentico Giotto (Santo Stefano) ma anche dipinti assai intervenuti. La Collezione raccoglie anche sculture, ceramiche, arredi vari, una preziosa biblioteca e, oltre ai 929 disegni, anche circa 250 stampe. Nella collana “Gallerie e Musei minori di Firenze” edita anche per Cassa di Risparmio e diretta da Ugo Procacci (vecchio amico dei Ragghianti, a lungo prestigioso soprintendente alle Gallerie, nonché patriota e azionista che con Ragghianti e altri fiorentini aderì alla Concentrazione Repubblicana di Parri e La Malfa) fu pubblicata, in data 1966 ma poco dopo l'Alluvione nel 1967, la monografia Museo Horne a cura di Filippo Rossi. Per quel che riguarda i disegni (dei quali alle pp. 163-175 si fornisce l'elenco) il curatore alle pp. 129,130 li descrive succintamente rilevando l'eccezionale taccuino di G.B. Tiepolo e concludendo:


Il Conte Carlo Gamba Ghiselli (1870-1963) fu storico e critico d'arte abbastanza noto durante la prima metà del Novecento, nacque e risiedette a Firenze. Studioso piuttosto versatile, egli fu scrittore prolifico con contributi filologici sull'arte italiana e fu “geloso dei valori tradizionali della nostra grande arte, si oppose vivacemente al gusto deformativo moderno”, come recita l' “Enciclopedia Biografica e Bibliografica” nel volume Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), Milano 1942. In vecchiaia però Gamba o si aprì alla modernità o aveva “incondizonata” fiducia in C.L.R., giacché nel Comitato de “La Strozzina” non si oppose mai alle mostre d'arte contemporanea, di gran lunga prevalenti numericamente nel calendario della Galleria. Accettò persino Pollock (Mostra Collezione Guggenheim) nel 1948 quando era “normale” deprecare Picasso o essere passatisti anche tra molti addetti ai lavori.
Circa A.E Popham, se è interessato si informi il lettore. Io non voglio avere a che fare con un inglese maleducato, vigliacco e bugiardo.

“La Strozzina” è stata uno spazio espositivo – gratuito, altamente selezionato – operante nei sotterranei di Palazzo Strozzi. Ideata nel 1947 da Carlo L. Ragghianti e proposta al sindaco di Firenze Mario Fabiani come Ente patrocinato dal Comune, gestito da un Comitato Esecutivo, articolata espressione della alta cultura cittadina. Iniziò l'attività nel 1948 e fu praticamente sempre diretta da C.L.R., coadiuvato da un Segretario Generale (ricordo tra quelli succedutisi Renzo Federici, Alessandro Parronchi, Marco Forti, e a lungo soprattutto Nino Lo Vullo) sino al 1966 quando la sede della Mostra il 4 novembre fu devastata dall'esondazione dell'Arno.


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