Quando era ancora
funzionaria delle Belle Arti, cioè fino al 1956, Licia Collobi ebbe
anche l'occasione di visionare i disegni raccolti da Herbert Percy
Horne e conservati, ma trascurati e negletti, nella sede della
Fondazione omonima sita in Palazzo Corsi in Via de' Benci a Firenze.
Ebbe anche l'accortezza di farli fotografare tutti da Guido Biffoli,
che operava sotto l'egida dell'ancora attivo e vegeto Studio Italiano
di Storia dell'Arte di Palazzo Strozzi.
In occasione della morte
di Carlo Gamba e dell'incombente centenario della nascita di Horne
(suo collega ed amico che su “Dedalo” – I, 1920/21, pp.162-185
– dedicò un articolo a Casa Horne e che dopo la morte del
collezionista fu ininterrottamente Presidente della Fondazione dal
1916 al 1962) il Comitato Direttivo de “La Strozzina” decise di
ricordare congiuntamente questi due illustri personaggi che tanto
avevano fatto per illustrare la cultura e Firenze. Di conseguenza fu
stabilito di organizzare un'esposizione di quei disegni inediti e
quindi praticamente sconosciuti collezionati dal mecenate inglese. In
quanto notoria esperta di disegni e unica conoscenza della
consistenza e della qualità delle opere del lascito Horne, Licia
Collobi fu incaricata di curare la Mostra scegliendo le opere da
esporre e di realizzare il catalogo provvisorio sulla base degli
elenchi approssimativi esistenti. Il tutto, come spesso avviene in
questi casi, entro tempi strettissimi, stanti la programmazione della
Galleria di Palazzo Strozzi e i limiti temporali del prestito da
parte della Fondazione con un nuovo presidente dopo i quarantasei
anni di Gamba.
La Mostra dei Disegni
Horne si tenne nel bimestre settembre-ottobre 1963, arricchita da
un Catalogo (8 pp. apparati e Presentazione, 55 pp. di elenco e
descrizione delle opere, un sedicesimo con 8 tavole a colori, 144 pp.
di tavole in bianco/nero) nel quale la curatrice dichiarava – in
attesa di una sua regestazione definitiva – che “le schede
vogliono fornire i dati essenziali per la pertinenza o il
riconoscimento dei disegni”.
Era già accaduto in
precedenza, in occasione della Mostra dei Bozzetti degli Uffizi
sempre a “La Strozzina” nel 1954 (esposizione di cui
relazioneremo successivamente in questo blog), che l'operato
professionale di Licia Collobi fosse aggredito con argomentazioni
improprie, pretestuose e con autentiche falsità, per motivi dettati
da invidia ma soprattutto tesi a colpirne il marito che non si aveva
il
coraggio e l'opportunità di affrontare direttamente. Nel caso dei Disegni Horne l'aggressore fu uno specialista britannico, quasi sempre citato in coppia col collega Pouncey, di nome A.E. Popham. Non so se il di costui livore fosse scatenato da falsi presupposti ed attestazioni, o da gelosia professionale, o a personale idiosincrasia o fosse – non me ne meraviglierei – eterodiretto dai soliti noti. Naturalmente ancora una
volta Licia Collobi (che ricordo indignata e sorpresa) fu costretta a
replicare tramite la “Critica d'Arte” (n.61, apr. 1965, pp.
63,64) di cui era redattrice unica. Di questo episodio di malcostume
diffuso tra studiosi ed accademici, purtroppo non inconsueto né
all'epoca né – temo – oggidì si confondono i risultati di studi
e ricerche che invece di essere considerati acquisizioni
disinteressate ed erga omnes (e nemmeno intesi come normali
gradini di una carriera) si tramutano in orticelli chiusi, dove
soltanto gli adepti sono ammessi con diritto di opinione,
comprensione e gestione. Così “beni” pubblici vengono
considerati strumenti per il successo, per scambi illeciti, per
acquisizione o difesa di potere. Così si costituisce una mentalità
segregazionista cui soltanto la “nomenclatura” ha diritto di
considerazione e di comunicazione privilegiata. Ad esempio: non erano
rari i casi di funzionari pubblici delle Belle Arti che bloccavano
l'accesso a documenti o a opere d'arte – a volte per decenni! –
perché essendo od essendo stati sotto la loro tutela si riservavano
di occuparsene in esclusiva a loro comodo in un futuro indeterminato.
Comunque quel che è
importante e che conta è che questa scelta di 260 tra i 929 disegni
che Horne collezionò fu finalmente pubblicata. I disegni, tutti di
qualità con alcuni capolavori, furono resi noti in una anteprima
accurata, scientificamente attendibile e corretta rappresentando così
anche l'anticipazione di ulteriori studi. Così fece Licia Collobi R.
che concluse la sua ricerca pubblicando su “Critica d'Arte” due
interventi sulle opere degli artisti inglesi e Constable in
particolare (n.62, mag. 1964, pp. 33-42; n.70 apr. 1965, pp.31-42;
n.71, mag. 1965, pp. 53-64). Questi contributi verranno fusi nel 1966
nel volume Disegni inglesi della Fondazione Horne in Firenze
(Edizioni di Comunità, Milano), dei quali stiamo preparando un
post che riporterà la Presentazione dell'autrice e una scelta di
illustrazioni.
F.R. (5 maggio 2018)
Postilla
– Herbert Percy Horne (1864, Londra – 1916, Firenze) personaggio
eclettico oltre che collezionista fu letterato e poeta, architetto,
restauratore, pittore e critico d'arte assai stimato in Gran
Bretagna. Stabilitosi a Firenze, dove nel 1911 acquistò il Palazzo
Corsi di Via de' Benci, Horne contribuì a restaurarlo e provvide
all'arredamento personalmente con gusto piuttosto conformista. La sua
raccolta di dipinti è discontinua per qualità, comprendendo un
autentico Giotto (Santo Stefano) ma anche dipinti assai
intervenuti. La Collezione raccoglie anche sculture, ceramiche,
arredi vari, una preziosa biblioteca e, oltre ai 929 disegni, anche
circa 250 stampe. Nella collana “Gallerie e Musei minori di
Firenze” edita anche per Cassa di Risparmio e diretta da Ugo
Procacci (vecchio amico dei Ragghianti, a lungo prestigioso
soprintendente alle Gallerie, nonché patriota e azionista che con
Ragghianti e altri fiorentini aderì alla Concentrazione Repubblicana
di Parri e La Malfa) fu pubblicata, in data 1966 ma poco dopo
l'Alluvione nel 1967, la monografia Museo Horne a cura di
Filippo Rossi. Per quel che riguarda i disegni (dei quali alle pp.
163-175 si fornisce l'elenco) il curatore alle pp. 129,130 li
descrive succintamente rilevando l'eccezionale taccuino di G.B.
Tiepolo e concludendo:
Il Conte Carlo Gamba
Ghiselli (1870-1963) fu storico e critico d'arte abbastanza noto
durante la prima metà del Novecento, nacque e risiedette a Firenze.
Studioso piuttosto versatile, egli fu scrittore prolifico con
contributi filologici sull'arte italiana e fu “geloso dei valori
tradizionali della nostra grande arte, si oppose vivacemente al gusto
deformativo moderno”, come recita l' “Enciclopedia Biografica e
Bibliografica” nel volume Storici, teorici e critici delle arti
figurative (1800-1940), Milano 1942. In vecchiaia però Gamba o
si aprì alla modernità o aveva “incondizonata” fiducia in
C.L.R., giacché nel Comitato de “La Strozzina” non si oppose mai
alle mostre d'arte contemporanea, di gran lunga prevalenti
numericamente nel calendario della Galleria. Accettò persino Pollock
(Mostra Collezione Guggenheim) nel 1948 quando era “normale”
deprecare Picasso o essere passatisti anche tra molti addetti ai
lavori.
Circa A.E Popham, se è
interessato si informi il lettore. Io non voglio avere a che fare con
un inglese maleducato, vigliacco e bugiardo.
“La Strozzina” è
stata uno spazio espositivo – gratuito, altamente selezionato –
operante nei sotterranei di Palazzo Strozzi. Ideata nel 1947 da Carlo
L. Ragghianti e proposta al sindaco di Firenze Mario Fabiani come
Ente patrocinato dal Comune, gestito da un Comitato Esecutivo,
articolata espressione della alta cultura cittadina. Iniziò
l'attività nel 1948 e fu praticamente sempre diretta da C.L.R.,
coadiuvato da un Segretario Generale (ricordo tra quelli succedutisi
Renzo Federici, Alessandro Parronchi, Marco Forti, e a lungo
soprattutto Nino Lo Vullo) sino al 1966 quando la sede della Mostra
il 4 novembre fu devastata dall'esondazione dell'Arno.
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