Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

lunedì 18 dicembre 2017

Giotto 2017, 6

Il sommario di questo sesto ed ultimo post della serie Giotto 2017 comincia riproponendo l'importante saggio Colui che tutto mosse: Giotto a Padova, 1303-1309 che viene riprodotto dal volume Stefano da Ferrara (Critica d'Arte Edizioni, Firenze 1972) nel quale esso fu riversato con varianti dall'elegante edizione di Gli Affreschi di Casa Minerbi (Istituto Casse di Risparmio Italiane, Roma 1970). Successivamente Ragghianti lo inglobò nel volume Arte a Ferrara tra Giotto e Pisanello (Corbo editore, Ferrara 1987) con l'aggiunta di un breve testo e quella di una nota, che qui riportiamo. Mi pare opportuno sottolineare che nello scritto introduttivo al libro (in entrambe le edizioni) titolato Recapitolazione (p.7-9) a seguito dei suoi precedenti studi su il Palazzo della Ragione (1964), su Brunelleschi e sul problema della prospettiva, la consapevolezza acquisita “spinse la mia indagine in due direzioni: verso Giotto, la sua attività padovana, l'espansione veneta, trentina e padana del suo linguaggio coi suoi sostrati intellettuali, pervenendo a una precisa e direi non revocabile datazione del suo tanto controverso lavoro padovano in relazione con quello precedente oggetto di altro organico saggio (Percorso di Giotto)...”.
Questa rassegna prosegue con il saggio Giotto neoplatonico da “Critica d'Arte” (n. 154/156, 1977, pp. 220-222), ripubblicato nel 1983 nel libro Santa Croce (pp. 235-240, Nardini editore per Banca Toscana, Firenze). Al testo, in “Critica d'Arte”, segue un Appunto per Ornella Casazza (pp. 222-224) di carattere metodologico circa il Polittico giottesco di Santa Croce. In questo denso saggio C.L.R. dimostra che per l'artista non c'è contraddizione tra autografia e convinzione mentale che il “valore dell'opera consiste nell'idea, non nel fare, nella concezione, e non nella fattura tecnica”.
Con un titolo roboante apposto dalla redazione del giornale, la serie di scritti giotteschi prosegue con Sono sicuro è un Giotto (“La Nazione”, Firenze, 28 settembre 1980, p.3). In questo articolo si analizza la Croce della Chiesa di S. Andrea a Spello, concludendo che “questa creazione di Spello si pone tra le storie cristologiche e il ciclo francescano, quindi agli esordi di Giotto” ed è illustrato da fotografie (mediocri) del 1970, cioè prima del restauro. Chiude questa vicenda giottesca una (pessima) fotocopia de “La Nazione” (25 ottobre 1980, p.3) che contiene la lettera di risposta che Ragghianti rivolge agli studiosi perugini e conclude l'argomento con “In parole più semplici ed accettabili, io riconosco come Giotto delle Storie di Isacco quest'opera, che gli studiosi umbri considerano come la più vicina, e unicamente vicina, al Maestro”.
A questo punto della sequenza giottesca, si sarebbe dovuto inserire l'intervista di specifico argomento che Enzo Fabiani fece a C.L.R. e pubblicò sul settimanale “Gente” del 7 maggio 1982, che purtroppo non sono riuscito a trovare completa né nel nostro Archivio né in quello della Fondazione di Lucca, dove è del tutto assente, come cortesemente mi informa la dr.ssa Francesca Pozzi. Qui in casa, in effetti, abbiamo la prima pagina di questa intervista che comunque riproduco come documento, che così parziale e avulso naturalmente non è molto significativo. Per precisione va detto che le interviste di Fabiani (critico d'arte del settimanale nel quale scriveva anche usando lo pseudonimo di Stefano Ghiberti) a Ragghianti furono tre. La prima del 18 dicembre 1981 fu curiosamente titolata Bastonato, tradito, arrestato//e poi mi hanno fatto capo del Governo; dato l'argomento sarà oggetto di un post a sé stante in questo blog.




Da notare che nella Bibliografia degli scritti, sciaguratamente redatta da un manipolo di sedicenti esperti cibernetici degli albori (1988-89) anche questo articolo è assente. Se continua così, un'eventuale 2a edizione sarà un grosso tomo, quasi doppio rispetto all'attuale! L'altra e seconda intervista, quella pubblicata senza indicazione della data (però 1982) nella suddetta Bibliografia, è intitolata Sdegnoso e sventurato Cimabue è comunque mancante della p. 173, e non contiene riferimenti giotteschi che valga la pena di riportare in questa sede. Casomai la prenderemo in considerazione in un eventuale post cimabuesco. Sembra incredibile ma di questi settimanali – spesso allora con tirature di centinaia di migliaia di esemplari – non è facile reperire i fascicoli, e quando sono individuati sono conservati soltanto in alcune biblioteche e in genere sono rilegati in grossi tomi, cosicché fotocopie e fotografie leggibili non sono ottenibili facilmente. D'altra parte non amo molto le biblioteche pubbliche e alla mia età non vado certo in giro per entrarvi. Non in sostituzione ma, dato l'argomento, completamento necessario è l'articolo che ho rinvenuto nel nostro Archivio (sorta di disordinata grotta di materiali eclettici però anche importanti e comunque documenti non spregevoli, destinati – temo – a dispersioni sciagurate e distruzioni irresponsabili). Giotto, Gesù e noi è il titolo (si ricordi che nei giornali lo affibbia la redazione) di un articolo nel quale Ragghianti recensisce la storia tramandata dai Vangeli della vita del Cristo scritta da Gina Lagorio e pubblicato ne “La Nazione” (11 maggio 1982) quattro giorni dopo l'uscita di “Gente”.  Questa nota scrittrice, donna colta, intelligente e bella, era divenuta una amica di famiglia in occasione delle ricerche per la monografia che C.L.R. dedicò all'arte di Renata Cuneo (Editoriale Baglioni e Berner, Firenze 1981). Purtroppo la qualità della fotocopia di cui dispongo è penosa ma leggibile e farlo – stanti i contenuti – è uno sforzo che vale la pena di affrontare. Non potendo documentare con estratti da questa Storia di Gesù (il libro è a Lucca), cito l'affermazione di R. che “la composizione a bandiera del testo...risponde a una prosa pausata”. Trovo altresì significativo che lo storico lucchese scriva che “la scelta di iconografia è sintomatica, perché Giotto non ha immesso nella serie delle sue scene nessun elemento allegorico, simbolico o mistico-teologico...ma...ha preferito una umanizzazione decisa e totale”.
Due documenti della costante attenzione di C.L.R. al “percorso” di Giotto sono la sua lettera al medievalista ungherese di orientamento longhiano Miklos Boskovits (1935-2011) nella quale chiede di indicargli gli studiosi che “hanno anticipato come me la data di nascita dell'artista fiorentino, volendo tornare sull'argomento” (10 febbraio 1984). Il professore dell'Università Cattolica milanese risponde (17 marzo 1984) fornendo i dati richiesti.
Chiude questa rassegna giottesca degli scritti e documenti relativi al Maestro di Vicchio – dove tre quarti della famiglia Ragghianti è attualmente domiciliata – un denso e breve saggio (Giotto compositore, “Critica d'Arte”, IV serie n.2, 1984, pp. 74-75) nel quale C.L.R. recensisce una ricerca dello storico dell'arte tedesco Max Imdahl (1925-1988) sul ciclo padovano e iconografia-iconologia. In un certo qual modo Carlo L. Ragghianti conclude così una sorta di esplorazione metodologica, sentimentalmente circolare sull'attività di Giotto nel particolare riguardo alla tettonica già indagata, come tramite il Pešina e recensita nel 1945. Nell'ultima frase del suo intervento R. sostiene che quella dello Imdahl è comunque “un'indagine stimolante e tale che si raccomanda all'esame e alla discussione”.



Mi sembra opportuno ricordare a chiusura di questo post che sicuramente tra i numerosi scritti dei coniugi Ragghianti ci sono altri accenni, rimandi, considerazioni, riflessioni ed ipotesi riguardanti Giotto, la sua scuola, l'importanza della sua opera nello sviluppo delle arti figurative a lui contemporanee e soprattutto a lui posteriori. Questi elementi, come già accennato nel post Giotto 2017,4 (15 ott. 2017), sono parzialmente recuperabili tramite gli Indici dei volumi che li contengono; mentre il rinvenimento di altri spunti richiede ricerche specifiche e una cerca conoscenza preventiva delle opere in esame. Assai verosimile è, anche, che dallo spoglio della corrispondenza emergano dati interessanti al riguardo. Infine probabilmente esistono anche scritti sull'argomento che non siamo riusciti a rivenire nella nostra faticosa e tardiva rivisitazione dell'opera dei genitori.
F.R. (8 novembre 2017)
P.S. - Più che per la complessità della materia, mi pare necessario riepilogare, con le relative date di postazione, i cinque post precedenti questa sesta ricostruzione. Sono:

1. GIOTTO 2017, 1 – Presentazione del volume di Licia Collobi Ragghianti e Appendice vicchiese.

2. GIOTTO di Licia Collobi Ragghianti, 2

3. GIOTTO 2017, 3 – Appendice vicchiese

4. GIOTTO 2017, 4 – Carlo L. Ragghianti (1937-1966) / Giotto Architetto

5. GIOTTO 2017, 5 – Carlo L. Ragghianti: “Percorso di Giotto”.




































Nessun commento:

Posta un commento