Carlo e Licia

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martedì 16 aprile 2024

Erri pittori – John Constable – N.A. Dezède – Edith Cavell – Alfredo Righi – Mario Novi – C.L. Ragghianti “pro bono”, 1 – Politica e cultura – Arte e vita pratica – Né putiniano, né NATOamericano.




  1. Sul problema degli Erri, 1939.

  2. John Constable: Pensées d'un paysaggiste (inizi sec. XIX).

  3. Nicolas-Alexandre Dezède compositore (c. 1740-1798).

  4. Edith Cavell (1865-1915).

  5. Alfredo Righi ritratto da Nino Tirinnanzi.

  6. Mario Novi: Finalità della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 (1967).

  7. C.L. Ragghianti “pro bono”, 1: per C. Mater (1954); per M. Marangoni (1956-57); per il Museo della Scienza di Firenze (1966); da S. Timpanaro per famiglia Moschella (1971).

  8. C.L. Ragghianti - Politica e cultura: alcune riflessioni (1975).

  9. C.L.R. a Tombari su Arte, vita pratica e politica.

  10. F. Ragghianti: Né putiniano, né NATOamericano (2022).


1. Si tratta di uno dei densi contributi filologici e metodologici che C.L. Ragghianti scrisse nella prima serie di “La Critica d'Arte”, precisamente nella rubrica “Notizie e letture”

(IV anno, n.1, fasc. XIX, gen.-mar. 1939). Ad esso allego dalla fototeca alcune altre immagini dei dipinti di questa famiglia di pittori della seconda metà del XV secolo.


Altri dipinti


2. John Constable (1776-1837) è stato un artista caro a mia madre, forse il prediletto tra i pittori inglesi settecenteschi e ottocenteschi, che ha studiato e pubblicato. Perciò dedico, o meglio omaggio, la sua memoria con questa traduzione francese (in parte riassunta) dei pensieri di Constable sulla pittura prevalentemente paesaggistica. Questo saggio è stato pubblicato nel “Magasin pittoresque” nota, diffusa rivista francese nell'agosto e nell'ottobre 1855.

Al contempo credo di fare cosa grata all'amico ultracinquantennale Rodolfo Ceccotti, pittore soprattutto di paesaggi e fine cultore di artisti affini suoi predecessori. Tra essi, so per certo, Constable è uno dei più cari e consoni.

Ritengo che mia madre Licia Collobi conoscesse l'originale in inglese, così come mio padre questa traduzione, dato che proviene dalla sua predilezione per l'800 francese (cultura, letteratura, arti figurative e riviste) la mia passione per la xilografia da libri e giornali illustrati da grandi artisti (cito soltanto Gavarni, sul quale vedasi i post del 20 ottobre 2021 e 20 novembre 2023) che erano affiancati da grandissimi “artigiani” i quali incidevano immagini stupende spesso non solo tramitazioni ma evocazioni visive di grande fascino, nonché esplicative più e meglio di quanto non abbia fatto o faccia la riproduzione fotografica.

Come appendice, non è per spirito di contraddizione che riproduco anche questo “ritratto” visto di spalle dipinto c. 1806 da John Constable. Lo faccio soprattutto, invece, perché trovo che si tratti di una tela almeno inconsueta e di grande qualità e suggestione.




3. Nicolas-Alexandre Dezède (c.1742-1792) è stato un personaggio piuttosto misterioso: di lui si sa per certo che è stato un compositore noto e prolifico, nato da genitori ignoti e sembra illustri, tanto che il padre biologico provvide al suo mantenimento. Ne scrivo perché ho trovato due ritratti xilografici esemplificativi per come nel 1700-1800 si divulgassero le immagini da una matrice originale:

in questo caso un dipinto di Jean-Baptiste Greuze (1725-1805).

Appurato che la biografia di Dezède è scarsa e incerta, tanto che mi vien voglia di elencare alcune fonti riscontrate. Il “Dictionnaire de la Conversation ed de la Lecture” (Parigi, 1854, 2a ed. interamente rifusa, corretta ed aumentata di migliaia di voci) nel VII ponderoso volume a p.529 recita:

La rivista “Magasin pittoresque” nel novembre 1854 dedica al musicista l'intera p.353 e un quarto di p. 354.

Dezéde è assente nel “Dizionario Enciclopedico Italiano” (detto Treccanino). Mi schifa verificare sull'edizione sesquipedale e fascista della Treccani. L'ultima edizione italiana della “Enciclopedia Universale

Rizzoli-Larousse” nel vol.VI a p.536 a Dezède dedica sei righe. “Encyclopedia.com” oltre a una breve biografia riporta un elenco delle composizioni musicali di Dezède, che ritengo sia il massimo raggiunto al riguardo.Wikipedia, assai succinta, sottolinea l'adesione alla Massoneria del compositore.

4. Edith Cavell (1865-1915), cioè di un esempio di quando gli inglesi, o meglio i britannici, con il loro comportamento individuale se non giustificarono l'Impero, almeno lo resero plausibile. Ciò è riscontrabile nell'Ottocento a partire da Florence Nightingale (1820-1914; nata a Firenze a poche centinaia di metri da dove abitammo dal 1952 al 1954) poi, all'inizio della Prima Guerra Mondiale, in Edith Cavell; quindi, all'inizio della Seconda Guerra sterminatrice, si manifestò il solidale slancio di un intero settore della popolazione (marineria privata, pescatori, sportivi) che unanime evacuò l'esercito britannico e i resti di quello francese da Dunkerque, episodio epico che consentì alla Resistenza europea di poter sperare e di essere più partecipata ed agguerrita.

Rievocando questi episodi di spontaneo eroismo, torno con la memoria all'infanzia, quando tra i 7 ed i 10 anni confortai la mia solitudine casalinga

[stante la salute precaria, e tempo permettendo, i pomeriggi li passavo con una banda di derivazione postbellica non priva di contatti fattuali con la sciagurata esistenza dei ragazzi di “Sciuscià” (De Sica, 1946, ma lo vidi nel 1950)] con l'edizione postbellica dell'Enciclopedia dei ragazzi Mondadori, 

di grande formato, stampata su carta patinata. In essa mi sono informato e formato, più e meglio che a scuola, sulle complessità della storia umana, del mondo e della sua infinta diversità. Mondo per altro già obsoleto come capii dalle illustrazioni sulla fabbricazione di oggetti e sugli attrezzi di lavoro. La mia Enciclopedia era stata già defastizzata e nell'uso mio e via via dei fratelli andò distrutta all'inizio della adolescenza. Per questo motivo il testo sulla Cavell è tratto da un'edizione bellica (1943), carta pessima. Notevole il fatto che un contenuto eroico britannico non fosse stato epurato dal Minculpop. Forse ciò è una dimostrazione che il totalitarismo fascista oltre a essere temperato dalla corruzione (come veniva detto) era in mani distratte (o meglio orientate in grassazioni private dei beni pubblici) e ignoranti dei servi della tirannia. Il che mi fa capire l'illusione oggi di tanti che considerano il nuovo-fascismo temporaneo. Forse lo sarà il melanoma meloniano; mi preoccupa, però, quello retrivo intrinseco, connaturato e profondo nel Partito Democratico e quello sottovalutato dall'insipienza storico-ideologica dei pentastellati.


5. Questo ritratto di Alfredo Righi che nel 1955 Nino Tirinnanzi dipinse ed espose poi a Prato nella Mostra “Trenta Maestri del prossimo Trentennio” (vedi post del 29 sett. 2017, dove per me il quadro fu il punto focale dell'esposizione), è stato messo all'asta di recente da Pananti. Mi accorsi del dipinto qualche giorno dopo con doppia meraviglia. Da un lato, credendo fosse di proprietà dei familiari, mi sorprese che se ne volessero disfare, 

dall'altro che non l'avesse tenuto la famiglia banditrice dell'asta, che so essere molto legata all'Alfredo.

Ignoro anche se il quadro è stato acquistato, così come non so se i nipoti fossero al corrente della vendita; ignoro infine se la tela sia acquistata. Mi rattrista l'evento e l'incertezza del suo esito, perché Alfredo Righi è stato un sincero collaboratore e poi amico dei Ragghianti seniores, così come dei loro quattro figli. Sono certo che l'Alfredo con noi abbia sempre cercato di dare il meglio di sé. 

6. Questa intervista a C.L.R. su “Le finalità della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935” è stata scritta da Mario Novi per “La fiera letteraria” (9 marzo 1967). Giornalista a lungo per la parte culturale del quotidiano fiorentino “Il Mattino dell'Italia centrale” di orientamento cattolico contrapposto a “La Nazione” di centro destra e al “Nuovo Corriere” comunista, naturalmente fini alla Rai-Tv di Roma.

Novi era un personaggio piuttosto singolare e “semper ridens”, amico di Righi e Santini, frequentava lo Studio Italiano di Storia dell'Arte e La Strozzina in Palazzo Strozzi. Ricordo che ad ogni “evento” presenziava garbatamente tanto da sembrare un imbucato. 

Credo che la sua stima per Ragghianti fosse sincera.

P.S. - Grazie alla stupidità dell'algoritmo Google, non mi è stato possibile verificare i dati anagrafici di Novi. Nonostante abbia tentato con varie combinazioni la risposta a Mario Novi ecc. (diversificato) iniziava sempre con tale Ferretti nato a Novi. Così nelle varianti (con un altro Novi omonimo) le prime decine di lemmi non c'entravano nemmeno alla lontana con il povero giornalista fiorentino. Sarebbe bene che qualche discendente o parente o ex collega o comunque con i dati precisi di Mario Novi, proponesse a Wikipedia l'esistenza di questa persona di cultura e scrittore degno della sua professione.





7. C.L.R. “Pro bono”, 1 – Costante nella vita di C.L. Ragghianti è stato l'aiutare il prossimo (come persone), le cause (come dovere sociale) disinteressatamente, per convinzione di agire anche eticamente nella prassi. Ciò per intimo senso del dovere, secondo il quale è etico dare sostanza ai propri convincimenti e a casi “fortuiti” della vita d'altre persone o enti ed istituzioni bisognose di specifici interventi esterni per tentare di risolvere i propri problemi. Fino ad ora ho accennato “en passant” a casi determinati,

anche perché certi interventi provvidenziali sono generalmente di difficile ricostruzione.

I cinque casi che qui presento sono volutamente marginali, sono però indicativi del comportamento umano e civile di un personaggio disinteressato, giacché quello di R. non era un comportamento a fini di reciprocità o di sodalizi associativi più o meno espliciti, più o meno moralmente eccepibili o peggio conventicolari o mafiosi.


(C.L. Ragghianti per … )


Camillo Matter. La lettera di C.L.R. a Nina Ruffini del 9 maggio 1954 nella fotocopia ha una prima parte praticamente illeggibile che, comunque, riguarda un altro argomento. Nella parte che riguarda l'antifascista Matter e le sue benemerenze nei confronti della città di Venezia, C.L.R. sostiene la proposta di nominarla Presidente 

dell'Accademia di Venezia. Alla nomina manca soltanto la ratifica del Ministero P.I. Retto dal liberale Gaetano Mastino. Il “Mondo”, settimanale diretto da Pannunzio, di cui la Ruffini era – credo – Segretaria generale, dovrebbe sollevare il problema delle opposizioni clericali a Matter.

Matteo Marangoni (1876-1958) maestro e predecessore nella cattedra di Pisa di C.L.R., fu oggetto di “onoranze” (vedi post del 10 dicembre 2017). Oltre alle manifestazioni pisane, mio padre pensò che onorasse la figura dello studioso anche l'attribuzione del Premio Feltrinelli (allora prestigioso e... ben fornito economicamente). Perciò sostenne una campagna promozionale scrivendo ai Lincei di cui era amico o comunque in buoni rapporti culturali. 

Fra le molte lettere al riguardo (di cui in Archivio esistono solo quelle dattiloscritte) riporto le risposte di Francesco Messineo (1886-1874) importante giornalista e professore cattolico liberale nel 1955 radicale con Ernesto Rossi e il gruppo precedente la “dittatura” di Pannella. L'altra risposta è del noto storico Raffaello Morghen (1896-1989). Non ricordo l'esito di questa iniziativa; forse, banalmente, la morte di Marangoni.

Franco Mancini (1930-2022) scenografo e storico, sul quale si veda il post del 3 aprile 2021. In questo caso C.L.R. nel 1963 si preoccupa per la nomina all'Accademia di Venezia, regolarmente approvata ma 

contrastata dal pittore Vedova, passato armi e bagagli alla scuderia arganizzata. Con notevole sorpresa di C.L.R. che riteneva Vedova un artista particolarmente dotato, anche intellettualmente.

Museo della Scienza di Firenze. Nella caotica situazione fiorentina in seguito all'Alluvione del 4 novembre 1966, nella quale Ragghianti svolse un ruolo iniziale determinante per la consapevolezza del disastro sul piano culturale ed artistico, il “Museo della Scienza” fu duramente devastato.

Ragghianti si rivolge al competente vicepresidente della Montecatini-Edison (un gigante allora della chimica e dell'energia) per sollecitare interventi urgenti e di particolare delicatezza restaurativa per la singolare conformazione degli oggetti lesi, giacché “il valore delle raccolte del Museo era unico al mondo”.

Pietro Moschella, “architetto e cultore di memorie artistiche fiorentine”, defunto lasciando la famiglia in disagiate condizioni economiche, viene “raccomandato” da Sebastiano Timpanaro, figlio dello scienziato e collezionista il quale volle – con la madre – donare la collezione imponente di grafica del padre all'Università di Pisa. Ignoro l'esito dell'intervento e di che tipo o consistenza; è certo che sia avvenuto data la dicitura “Risposto R.” manoscritta in alto. Non mi meraviglia che

l'integerrimo intellettuale e notevolissimo redattore editoriale si rivolgesse anche a mio padre, data la indubbia stima sua e di sua madre nei suoi confronti. Oltre all'incondizionato dono della collezione di grafica (che sarà oggetto di un prossimo post), Sebastiano si è rivolto a Ragghianti anche per delicate faccende del proprio lascito, il quale sempre lo confortò con le sue qualificate opinioni in merito ai casi di cui i Timpanaro furono implicati come, per così dire, “vittime”.

8. Politica e cultura: alcune riflessioni (1975). Questo intervento di Carlo L. Ragghianti è, per così dire, “ideologico” e tutt'altro che marginale o secondario. Esso è simbolico della presenza costante dell'attenzione dell'azione politica e sociale che ha caratterizzato tutta la sua vita. Insieme a Università in prima linea (1969) all'Associazione di Difesa e Sviluppo Scuola Pubblica (fine anni '50 – inizio anni '60), di cui fu Presidente, a Marxismo Perplesso (1980), a Traversata di un trentennio (1978 e 2002) – tanto per fare alcuni esempi – questo breve testo fa parte delle riflessioni storico-critiche alla base del suo agire pragmatico, coscientemente e responsabilmente deluso dalla “sconfitta” della Guerra di Liberazione. Essa, infatti, fu costretta da un regime post-fascista binario intrinsecamente a vocazione autoritaria da democristiani e comunisti, nonché dal tradimento craxiano. 

Giustizia e Libertà” (quelle originali), assieme al socialismo liberale di Carlo Rosselli, ereditato e sostenuto da pochi (Parri, La Malfa, Ragghianti, poi Borrelli e Di Pietro e non molti altri) coerenti nella loro effettiva prassi politico-sociale.

Basandomi sulla lettera (riprodotta a fianco) inviata a C.L.R. dal poeta Carlo Betocchi (1899-1986), grazie alla cortesia di Giuliana Baldocchi qualche anno fa la Fondazione Ragghianti di Lucca mi fece pervenire il testo di cui si fa cenno nella lettera di Betocchi.

Politica e cultura: alcune riflessioni (“L'Europa”, 28 febbraio 1975) è una collaborazione di Ragghianti di cui non conosco la genesi, anche perché questo scritto prima della notizia dell'illustre amico Betocchi non compare nelle carte di mio padre. Il testo, naturalmente, risulta essere l'ennesimo assente nella affrettata Bibliografia degli scritti di C.L.R., curata da una equipe raffazzonata da Teresa Zanobini presso l'Università dell'Arte di Firenze, i cui membri non effettuarono ricerche e controlli seri oltre a quelli operati non sistematicamente e consegnati dalla famiglia Ragghianti.

Da questa Bibliografia cito (al n.64 del 1966) un articolo di C.L.R. pubblicato su “La Stampa” del 15 marzo con il titolo Cultura e politica. Esso ristampato anche in Università in prima linea.


9. Arte, vita pratica e politica. Questa lettera del 1966 di Carlo L. Ragghianti riguarda il rapporto tra arte e vita pratica e politica. Le riflessioni di C.L.R. sono importanti e significative rispetto anche alla sua biografia. Penso, anche, che essa possa collegarsi in certo qual modo alla successiva voce di questa silloge. Ho avuto perplessità ad individuare l'interlocutore. Ho pensato a suo tempo al noto Fabio Tombari, poligrafo ammirato dal nonno Collobi che possedeva il suo libro sulla ghiottoneria. D'altro canto però era conterraneo ed amico personale di Benito Mussolini, che seguì persino nella Repubblica Sociale di Salò. Inoltre proprio nel 1944 scrisse un libello contro Benedetto Croce.

Unica possibilità di contatto con R. era l'esoterismo e la figura di Steiner in particolare, esaltati da Tombari.

Mio padre non era un ammiratore o seguace di certe teorie, le conosceva e le aveva studiate in relazione a Piet Mondrian, pittore sul quale scrisse la complessa monografia con la quale nel 1962 vinse il Premio Viareggio per la Saggistica.

Finalmente ho scoperto che a Pisa viveva e operava il pittore Francesco Tombari, il quale è, direi sicuramente, il destinatario della lettera. Di questo Tombari che si definisce pittore “autodidatta”, non escluderei avesse avuto rapporto con la persona e l'opera di Giuseppe Viviani. Comunque riproduco un suo dipinto sulla Villa Reale di Marlia presso Lucca. Quanto al citato Vincenzo Maria Villa, ho appurato che è stato un germanista, autore per Bompiani 1966 della guida culturale Centouno capolavori tedeschi.


10. Né putiniano, né NATOamericano



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