Carlo e Licia

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martedì 27 settembre 2022

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 45. MARCO VALSECCHI, 2 (TOSI, TOZZI, BREVEGLIERI).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.
25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN). 28 maggio 2021.
26. MICHELANGELO MASCIOTTA, 1 (LEGA, VENNA LANDSMANN, CALIGIANI, COLACICCHI). 7 giugno 2021.
27. MICHELANGELO MASCIOTTA, 2. (DE PISIS, PEYRON, LEVASTI, CAPOCCHINI). 18 giugno 2021.
28. GIAN LORENZO MELLINI. (VITTORINI, SALIETTI, SANI, DE JURCO, BUGIANI). 23 luglio 2021.
(Il numero 29 sarà prossimamente pubblicato).
30. ALESSANDRO PARRONCHI (CARLINI, MOSES LEVY). 14 settembre 2021
31. GIACINTO NUDI. (RAFFAELE CASTELLO). 16 agosto 2021.
32. GUIDO PEROCCO (CADORIN, MARTINI, MOGGIOLI, PELLIS), 1. 23 ottobre 2021
32bis. GUIDO PEROCCO (ZECCHIN, CAVAGLIERI, GARBARI, CAGNACCIO DI S. PIETRO), 2. 6 novembre 2021
33. AGNOLDOMENICO PICA (DEPERO, BOLAFFIO, MARTINI, SIRONI, D'ALBISOLA, GHIRINGHELLI, USELLINI). 16 dicembre 2021
34. ATTILIO PODESTA' (MERELLO, RAMBALDI, SACCOROTTI). 24 gennaio 2022
35. GIUSEPPE RAIMONDI (ROMAGNOLI, BERTOCCHI, COLLIVA, CORAZZA) con Appendice 1946, del 16 febbraio 2022. 13 febbraio 2022
36.  MARIO RIVOSECCHI(RICCARDI). 8 marzo 2022
37. MARIO ROSCI(BONFANTINI). 14 marzo 2022
38. PIER CARLO SANTINI (ROSAI) 1. 17 aprile 2022
39. PIER CARLO SANTINI (SOLDATI) 2. 22 aprile 2022
40. ALBERTO SARTORIS (PETTORUTI, BADIALI, RADICE, REGGIANI, RHO). 24 maggio 2022
41. GIUSEPPE SPROVIERI (DE ANGELIS). 18 giugno 2022
42. ANTONELLO TROMBADORI, 1 (DONGHI, CERACCHINI). 13 luglio 2022
43. ANTONELLO TROMBADORI, 2 (GUZZI, STRADONE, RAPHAEL MAFAI, ZIVERI). 23 luglio 2022
44. MARCO VALSECCHI (CORSI, DE GRADA). 22 settembre 2022.


Non so se sia stata un'esagerazione da parte di Giovanni Grazzini ricordare che la prima vendita effettiva di propri dipinti Tosi l'abbia conclusa a quarantacinque anni (1916; “Epoca”, 24 marzo 1968). Certo è però il fatto che la vocazione di questo artista fin dal suo manifestarsi è stata totale, disancorata da qualsiasi considerazione di carattere pratico e contingente. Per sua fortuna Arturo Tosi se lo poteva permettere perché figlio di un grande imprenditore del cotone. Inoltre la sua determinazione a dipingere paesaggi, meglio se con la terra appena arata, era spontanea, autentica, e il fatto – ad es. – di essere portato nei campo da uno “chauffeur” con automobile lussuosa risulta insignificante. Come Cézanne, che Tosi conobbe e frequentò, anch'egli piuttosto abbiente, ma incurante di tutto ciò che non riguardava la propria “professione”, nel senso vocativo del termine.

Riproduco il ritrattino a matita che fece ad Arturo Tosi “don” Vincenzo Ciardo, anch'egli amico benestante colto e raffinato, il quale nella dedica

sottolinea l' “ammirazione”, di un ottimo paesaggista qual Ciardo era, nei confronti del Maestro putativo.

Costante è stata l'attenzione critica di Carlo L. Ragghianti, il quale ha sempre sottolineato la straordinaria levatura e continuità stilistica di Arturo Tosi. Direi che C.L.R. non se ne è occupato più diffusamente proprio perché sotto l'aspetto della problematicità critica lo sviluppo creativo di Tosi era stabile, costante. Storicamente lo snodo – per altro piuttosto trasparente – che fa di Tosi il “continuatore” innovativo dell'illustre tradizione paesaggistica in pittura, si risolve nella chiave originale, inimitabile del suo stile. Una coerenza stilistica in itinere che lo fa accostare “professionalmente” a Giorgio Morandi.

Dalla Bibliografia degli scritti di C.L. Ragghianti riporto le citazioni che riguardano l'opera di Arturo Tosi. Nella recensione della mostra a New York della Galleria La Cometa (“La Critica d'Arte”, a. III, n.4-6, fasc. XVI-XVIII, 1938, pp.33-77) riproduco quanto scritto e illustrato: 



Sempre da “La Critica d'Arte”, a. IV, n.1, fasc. XIX, 1939) nell'articolo La Galleria dell'Arcobaleno di Venezia, C.L.R. scrive: “Prescindendo da Tosi, che presenta tre paesaggi della consueta levatura”.

Il I° maggio 1952 il critico lucchese scrive a Vittorio Fiore, circa un importante Premio di Pittura di Bari: “La mancanza di Tosi è grave. Con tutto il rispetto, i nomi di Saetti e di Brancaccio dicono poco, e invitano poco; nemmeno Melli e Levi hanno popolarità fra i pittori. Mi permetto di dirti questo, in via confidenzialissima, perché la commissione giudicatrice è un elemento essenziale per la riuscita di una mostra come la vostra”.

Nella “Lettera da Lerici (La Spezia)” del luglio 1952 – una sorta di comunicato stampa diramato in occasione della IV Mostra Nazionale di Pittura Golfo della Spezia – C.L.R. si sofferma a lungo sulla mostra omaggio a Tosi, curata da Marco Valsecchi, segretario della manifestazione, scrivendo: “C'è una mostra d'omaggio ad Arturo Tosi, rara e bellissima, ordinata da Marco Valsecchi. Sedici opere fra le più rappresentative del Maestro ed alcune fra le più famose, mentre un gruppo di esse documenta la fase iniziale della sua pittura – negli anni fra il 1896 e il 1910 – sinora pochissimo nota alla critica e al pubblico.

In questa mostra di scelta così sensitiva e oculata si può cogliere pienamente il carattere di questo artista tutto interiore e come raccolto nel sentimento profondo di una comunicazione con la natura e con la vita, che si compie in una sorta di maraviglioso abbandono, con una ingenuità sempre nuova quanto è perenne, con una semplicità di esito che è spontaneamente nutrita di quanto nell'anima dell'uomo è amore, dolore, melanconia.

“La serenità luminosa che si aduna nella lunga opera del Maestro lombardo ci apre la via a ritrovare e a possedere un mondo di sentimenti sorgivi, vergini, originari, di sotto ai travagli e ai turbamenti del nostro vivere quotidiano. E' la poesia piena, certa, serenamente scorrente come un limpido rivo, che Tosi ha consegnato al suo tempo”.

Nel 1954 “SeleArte” (n.12, apr.-giu., p.36) nell'ambito del ricco servizio riguardante la 27° Biennale di Venezia, dedica ad Arturo Tosi una pagina con tre illustrazioni (vedasi la n.54 della seguente documentazione). C.L.R. inserisce così, senza commento testuale, il pittore lombardo tra i 20 artisti internazionali dei quali la rivista rendiconta monograficamente.

Nel 1955 su “Critica d'Arte” (n.8 marzo), C.L.R. dedica a Tosi un breve, affettuoso omaggio, illustrando con quattro tavole a colori.

Arturo Tosi subito dopo la pubblicazione di “Critica d'Arte”, mandò a Carlo L. Ragghianti la cartolina di ringraziamento riprodotta accanto.



In “SeleArte” (n.24, mag.-giu. 1956, pp.32,33) C.L.R. ripropone – con varianti il testo precedente, accompagnandolo con quattro illustrazioni in b/n 

(più una tavola a colori f.t. riprodotta nella seg. sequenza di dipinti di Tosi). Anche in questo caso si tratta della sezione speciale dedicata alla 28° Biennale di Venezia.

Conclude la serie documentata di scritti di Carlo L. Ragghianti su Arturo Tosi il saggio monografico Il problema dell'arte di Tosi, pubblicato nella rivista “La Biennale 

di Venezia” (n.24, giugno 1955, p.26), che riproduciamo grazie alla cortese sollecitudine della Biblioteca della Biennale – ASAC che ce ne ha inviato la fotocopia.

Anche nel caso di Arturo Tosi riportiamo una “Antologia della critica”, breve, stante la pressoché uniformità dei pareri. Ricordo il saggio di Lamberto Vitali su “Emporium” (febbraio 1938) perché tratta soltanto il più importante argomento degli “acquerelli” dell'artista, tecnica “minore” che nel caso di Tosi “merita di essere conosciuta”. Il che avvenne nel 1942 alla Biennale di Venezia.

Libero De Libero per l'esposizione alla “Galleria della Cometa” (1938) focalizza il suo scritto sulle “nature morte di Tosi”. Nel maggio 1940 ne “La Lettura” (n.5) settimanale illustrato del “Corriere della sera”, Guido Piovene dedica quattro pagine a Arturo Tosi, pittore senza polemiche.

L'allora giovane ex Provveditore agli studi a Rodi (capitale del Dodecanneso sottratto alla Turchia nel 1911) Cesare Brandi, nella rivista ufficiale del regime fascista “Le Arti” (apr-mag. 1941), relaziona sull' “ultimo” Tosi, ormai settantenne conclamato Maestro.

Nella stessa pubblicazione, l'anno precedente, Giulio Carlo Argan aveva pubblicato un corposo saggio intitolato Arturo Tosi (lug.-sett., pp.319-328) che è alla base della sua successiva monografia Tosi (Biblioteca di Storia dell'Arte, Le Monnier, Firenze 1942). Il libro è così presentato:

Includo il “coccodrillo” che Guido Bollo pubblicò sull' “Avanti!” (4 gennaio 1956) in occasione della morte dell'artista, perché esprime un comune sentire dell'opera del pittore negli ambienti artistici dell'epoca.

Anche Fortunato Bellonzi in Novecento toscano: toscani d'adozione (1979, pp.297-298) e ricorda la formazione internazionale di Tosi, a suo tempo sottolineata da Argan, e conclude che la sua “pittura docile

all'emozione di fonte naturalistica” si esprime “nell'interrogazione del vero, e dalla ascoltazione, sempre più perfetta, del proprio animo”. Nel gennaio 1987 Claudia Gian Ferrari, conferma che le opere esposte per l'occasione nella Galleria di famiglia mostrano che Tosi “è certamente il più classico e conseguente pittore di paesaggio dell'arte italiana di questo secolo … di quell'arcadia dell'anima che ha una ragione eletta a cui dedicare la vita e la conoscenza”.

F.R. (6 agosto 2022)


Antologia della critica
Dipinti di Arturo Tosi



Mario Tozzi 1895-1979) è stato uno dei pochi artisti sull'opera dei quali – in seguito agli studi per la realizzazione della Mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935” – Carlo L. Ragghianti manifestò un ripensamento positivo. Fu un giudizio piuttosto radicale e stringato quello che il critico espresse su questo pittore, che fin'allora aveva operato prevalentemente in Francia, in “seleArte” (n.6, mag.-giu. 1953, p.62) rispondendo alla lunga ed articolata lettera del lettore – nonché critico d'arte, collezionista di Tozzi e in seguito collaboratore di “Critica d'Arte” – Silvino Borla di Trino Vercellese. Al punto 3 il quesito recitava: “Cosa ne pensa di Mario Tozzi? Mi colpisce molto la pittura di questo artista che mi sembra tra i primissimi nostri (non inferiore a Carrà, Tosi, Morandi ed altri) eppure così trascurato”.

Su questo punto, la risposta del direttore della pubblicazione fu la seguente: “Fra artisti non possono farsi graduatorie; né essi possono essere collocati sui gradini di un progresso lineare. Tuttavia gli stilismi indubbiamente applicati e visibili del Tozzi, unitamente al suo eclettismo non ci persuadono a porre questo pittore sul piano della poesia, sul quale stanno gli altri artisti indicati”.

Prima della guerra, nel 1936, su “Leonardo” (n.3, p.77) nelle Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea, C.L.R. così allude a Mario Tozzi: “Ad analogo ordine di tendenze vanno ascritti, benché per altre ragioni, anche il Tozzi, che dopo qualche disuguaglianza sembra essersi fissati sopra un linguaggio preciso, benché un po' schematico...”. 

Quindi nella seconda parte della nota recensione alla Terza Quadriennale d'Arte italiana, Roma 1939 (in “La Critica d'Arte”, a.V, n.1, f.XXIII, gen,-mar. 1940, p.115) il critico esprime la propria delusione di fronte alle opere di Tozzi in questi termini: “Analogamente si potrebbe ripetere per il Tozzi, nel quale sopravvivono soltanto rade volte, come complicazioni suggestive di scenario e insaporimenti episodici, elementi dell'impressionismo e postimpressionismo francese, dei quali i dipinti anteriori erano invece pregni, almeno come formulario; da quale tempo impiega le sue qualità prolisse ed agevoli mutuando nudità astrattive e interni rustici compassatamente tracciati a fil di regolare prospettiva, con una fattura agglomerata, insistita, sistematica, spesso scientemente denaturata, ma anche più spesso spersa nell'adattamento ottico più svagato al particolare realistico. Il che conferma la mancanza di convinzione tipica pur di un mondo come questo, interamente fittizio e stilizzato, e che consta di così pochi e modesti fattori. 

In seguito alla esplicita rivalutazione del pittore derivata dalla esposizione di Palazzo Strozzi (1967), C.L. Ragghianti espresse il 18 aprile 1978 in un breve saggio la sua opinione maturata negli anni successivi a quella sua storica iniziativa di per sé revisionista. Questo scritto stampato anche nel Catalogo della mostra monografica di Tozzi sempre in Palazzo Strozzi (primavera 1978) fu alla base della monografia Tozzi edita da La Gradiva (Roma, marzo 1979), che qui di seguito si riproduce: 


Di Mario Tozzi (personaggio noioso e insistente come non pochi tra i tanti artisti che asfissiano gli studiosi per un testo “critico” da essi poi collezionato in un palmarès di narcisismo spesso esasperato e del tutto ingiustificato) esiste una cospicua corrispondenza con Carlo L. Ragghianti, dalla preparazione alla successiva realizzazione della Mostra del 1967. In essa mio padre riesce a contenere il fastidio in modo ammirevole. Per quel che mi riguarda schivai Tozzi, il quale dovette poi molto “soffrire” l'aver a corrispondere con Lele Monti, inafferrabile e poco affidabile anche nelle circostanze più semplici e serene.

Da questa corrispondenza emerge anche una circostanza sulla quale non sono stato in grado di fare chiarezza risolvendone gli interrogativi. 

Ciò a causa di fonti – quelle allora viventi, defunte; le altre confuse – inaridite e di non agevole accesso.

Si tratta di un dipinto donato dal pittore a mio padre: 1966 secondo la corrispondenza, però mai visto in casa prima del 1978 e consistente in una piccola tela, in seguito da me identificata come sostitutiva di altra di maggior impegno e formato.



La prova di questo fatto si trova nel volume Tozzi, edito da All'insegna del pesce d'oro (Scheimiller) 1970, scritto da Marco Valsecchi: è la illustrazione a colori n.65 (Vasetto, dado e palla, 1966. Raccolta Ragghianti, Firenze).




Come più sotto spiegato, questo dipinto n.65 è indicativo del fatto che in questa vicenda post mostra di Palazzo Strozzi 1967, sia Tozzi che mio padre furono o ingannati o delusi “umanamente” da terza persona fino a stendere un pietoso (e imbarazzato?!) velo di silenzio sulle effettive circostanze della sostituzione illecita.

Quello che posso testimoniare è il fatto che mio padre non manifestò mai il grato entusiasmo espresso nella lettera del 23 gennaio 1967 a Mario Tozzi per il dono personale ricevuto. Ciò indica che sia il dipinto n.65 della monografia Valsecchi (che credo mio padre non abbia mai visto o constatato essergli stato donato) sia quello entrato (come?) in casa come sostituto (vedasi il n.38 nell'elenco delle opere qui illustrate, di soggetto analogo ma più piccolo), non corrispondono a quello protagonista della lettera del 23 gennaio 1967.

Ricordo anche che il dipinto n.38 infastidiva C.L.R., tanto che non volle fosse esposto in casa ma al buio tra le stampe. Inoltre, in un momento di straordinaria necessità familiare, il babbo cedette il dipinto n.38, insieme alla Veduta di strada di Parigi di De Pisis (ricevuto da Neri Pozza come saldo di arretrati pluridecennali, quindi non dono amichevole) all'amico gallerista Ettore Gian Ferrari, il quale venne a prelevarli a casa nostra accompagnato dalla figlia Claudia, non ricordo in che data precisa del 1981.

Misteri inquietanti, paramalavitosi, non rari nel sottobosco artistico, nel quale capita che anche persone di specchiata e costante correttezza e onestà personale quali Mario Tozzi, Marco Valsecchi e C.L. Ragghianti possono venire implicate del tutto inconsapevolmente.

F.R. (7 settembre 2022)



Antologia della critica

Dipinti di Mario Tozzi

Autodidatta nella cultura, approfondita come nella pittura conquistata con puntiglio, Cesare Breveglieri riuscì ancor giovane a imporsi all'attenzione della critica qualificata della Milano degli anni Trenta, generoso motore pulsante di progresso sociale aperto a nuovi contributi (ancora negli anni Settanta del secolo scorso era usuale il detto “chi volta il c. a Milan, volta il c. al pan”) e talora morale dell'Italia Unita.

Cooptato generosamente anche dal mercato, Breveglieri visse i pochi anni che la salute gli concesse in sostanziale serenità e in coerenza con il proprio stile che, come bene ha osservato il critico Franco Passoni, non era quello di un pittore “candido” (naif), ma quello di “un uomo molto serio e impegnato, un autentico intellettuale … che aveva anche una vena dissacratoria e ironica perché odiava ogni retorica enfatica”. Il che – dati i tempi tronfi dei “trionfi” fascisti – non era certo poco, né conformista da parte di un artista che invece “non accettava nessuna regola tranne la sua assoluta indipendenza e libertà”.

Da notare che nella qualificata ma modesta quantitativamente bibliografia su Breveglieri, fu un artista libero e di stile particolarmente originale quale è stato Gianfilippo Usellini (si veda il post del 16 dicembre 2021) nel 1938 a scrivere sul collega milanese considerazioni di convinta condivisione. Carlo Carrà, maestro della generazione precedente e fine osservatore critico della propria contemporaneità artistica, nel 1935 scrivendo di questo suo volontario ammiratore che fu Breveglieri, lo consacrò nel panorama dell'ufficialità degli artisti veri e propri. Guido Piovene (1907-1974) noto giornalista e scrittore, nonché saggista attento a osservare e descrivere “caratteri” anche di artisti contemporanei, nel 1943 pubblicò una monografia molto illustrata su Breveglieri, consacrandolo tra i pittori qualificanti la cultura pittorica italiana. Questo libro fu ristampato nel 1949, subito dopo la morte del pittore. Marco Valsecchi, autore della scheda in Catalogo, fu una sorta di custode critico della tempra e dell'impronta originale di Breveglieri postumo.

Franco Passoni (morto nel 2003) nel catalogo dell'esposizione Cesare Breveglieri – Dipinti dal 1937 al 1947 (Circolo della stampa di Milano, 25 maggio – 11 giugno 1983) nel breve saggio – che riproduciamo integralmente qui di seguito – dà una ricosrtuzione della figura e dell'opera di Brevegliere improntata ad umana partecipazione ed insieme critica valutazione. Oltre a quanto in precedenza ricordato, il critico sottolinea fortemente – con condivisibili argomenti – il fatto che Cesare Breveglieri è stato anche un grande disegnatore, tanto che la valenza delle sue carte non è certo meno importante e significativa di quella dei suoi dipinti.

Su “SeleArte” Carlo L. Ragghianti cita soltanto una volta (n.53, p.48) l'artista lombardo nell'ambito della recensione al volume di Oto Bihalji-Merin I primitivi contemporanei (Il Saggiatore, Milano 1960). In questo testo Breveglieri è nominato in un elenco con “Metelli, Rosina Viva, Pasotti (non Galeotti, né Ligabue, né Di Terlizzi)”, immediatamente precedente il paragrafo finale nel quale si distingue tra artisti “ingenui” (naifs) e quelli che secondo l'autore del libro avvertono “la suggestione e lo stimolo che l'arte popolare ha avuto per molti pittori moderni”. Per l'Italia sono citati Cesetti, Cantatore, Donghi, Lilloni, Rosai, Carrà. Un elenco nel quale penso Breveglieri avrebbe scelto di trovarsi più a proprio agio. Comunque la recensione ricorda che l'autore del libro “manca di avvertire, in qualche caso, che si dovrebbe porre il problema delle partecipazioni culturali degli artisti ingenui, ma non l'approfondisce”. Perciò questa distinzione è di fatto indistinguibile ed essa risulta un contesto opinabile senza l'analisi delle peculiarità espressive dei singoli pittori.

F.R. (20 agosto 2022)


Antologia della critica
Dipinti di Breveglieri

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