Carlo e Licia

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mercoledì 27 luglio 2022

Licia Collobi: studi 1938-1939. Taddeo e Federico Zuccari – Il Tondo – Hubert Van Eyck – Raffaellino Motta da Reggio.

Il breve contributo su Taddeo e Federico Zuccari nel Palazzo Farnese di Caprarola, pubblicato su "La Critica d'Arte" (a. III, n.2, febbraio 1938) rappresenta una sintesi della tesina (114pp, dattiloscritta) del I° anno di Perfezionamento presso l'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte di Roma (Borsa di studio triennale), riguardante Taddeo e Federico Zuccari a Caprarola, nel Palazzo Farnese. Ne risulta una ricerca filologica in conseguenza della quale soprattutto "credo che ogni dubbio, per quanto riguarda i due fratelli Zuccari nella Sala dei Fasti possa ritenersi così risolto ...".

Sempre da "La Critica d'Arte" (però dal n.1 del 1938) la recensione del ponderoso e saccente libro di Mortiz Haufmann si svolge correttamente su due piani: da una parte si relaziona puntualmente delle osservazioni sull'uso di questo formato nell'arte italiana – soprattutto dal 1400/1500 – con diversità di frequenza tra luogo e luogo. D'altra parte, la studiosa critica le forzature "ideologiche" dell'a. giacché "le opere d'arte sono vedute soltanto come una dovuta esemplificazione di determinate teorie e astratti schemi". Pseudostoria, in conclusione.

Ancora una recensione da libri scritti in tedesco è quella della monografia Hubert van Eyck di Ottmar Kerber. "Lo scopo del volume ... è quello di porre termine all'annosa e complessa polemica intorno alla figura di Hubert van Eyck, stabilendo con esattezza quale sia stata la sua effettiva produzione pittorica". Tenendo presente che ventitreenne la studiosa non era ancora una specialista, ma che proprio da questa esperienza si appassionò ai problemi della pittura fiamminga, emergono molte riserve sulle teorie del Kerber circa il rapporto con Jan van Eyck (quasi subordinato), che ella esporrà chiaramente, come abbiamo constatato nel post Pittura fiamminga del Quattrocento, 1 del 28 marzo 2022, dove già nel titoletto della prima 

pagina il fratello di Jan diviene "l'enigma Hubert". Raffaellino Motta detto Raffaellino da Reggio ("Rivista del regio Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte", IV, f.III, pp. 266-282) è un saggio anch'esso risultato dagli studi di specializzazione dovuto all'ambita Borsa triennale di studio. Non è, però, opera scolastica bensì rappresenta già uno studio con tutti i crismi del riconoscimento scientifico. Non è un caso che nelle bibliografie di questo artista, anche di importanti enciclopedie, fino a poco tempo fa si riscontra che l'articolo era il primo citato. Che Raffaellino (c.1500-1528) non sia un artista di primo piano, l'autrice, ricostruito il suo percorso pittorico fino alla precoce dipartita, lo riconosce scrivendo: "Questa rassegna critica delle sue opere non vuole ... presupporre una maggiore importanza di Raffaellino di fronte ai suoi (è la parola) colleghi. Egli è soltanto un rappresentante tipico – e spontaneo ed efficace – degli artisti dell'epoca manierista, passati attraverso una esperienza accademica...".

Chiude questo post la nota su due Disegni di Raffaellino da Reggio, circa i quali Licia Collobi (ancora su "La Critica d'Arte", aprile-dicembre 1939) scrive: "ho avuto occasione di identificare recentemente".

F.R. (15 maggio 2022)


Nota – Dal saggio di Andrea Alessi ("Bollettino d'Arte", n.128, 2004) sulla direzione dei lavori pittorici della Palazzina Gambara e Bagnaia da parte di Raffaellino da Reggio, traggo la riproduzione, che qui affianco al frontespizio del saggio su Raffaellino di Licia Collobi, perché riproduce a colori (dopo pulitura o restauro) la pessima illustrazione in b/n anteguerra riprodotta nel "Bollettino del regio Istituto".


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