Carlo e Licia

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giovedì 19 maggio 2022

C.L. Ragghianti: 1. Un dimenticato?; 2. Bomba Atomica; 3 Partigiani; 4. Monumenti.





  1. C.L. Ragghianti: un dimenticato? (Paolo Bolpagni, 2020).

  2. Manifesto degli scrittori contro la Bomba Atomica (1947); Manifesto del 16 febbraio 1955.

  3. Partigiani: Enrico Fischer (1944); Giuseppe Campanelli (1966).

  4. Monumenti: al partigiano politico ignoto (1952); a Garibaldi, Marsala (1953 e 1956); alla Resistenza, Modena (1953); alla Resistenza, Cuneo (1958); a Cappiello (“Selearte”, n.10, 1954, p.60; “Selearte”, n.23, 1956, p.51-53); a Pinocchio (“Selearte”, n.10, 1954, p.60). 


1. C.L. Ragghianti: Un dimenticato?

L'intervento di Paolo Bolpagni è stato pubblicato in “Critica d'Arte”, VIII s., LXXXVIII a., n.5-6, gen.-giu. 2020. Lo riporto con il ritardo conseguente all'acquisizione da parte mia del documento. Un peccato che la monografia opportuna bella e complessa di Emanuele Pellegrini (2018) non sia stata analizzata più costruttivamente.

E pensare che Cesare De Seta (n.1941) agli esordi era stato apprezzato da Carlo L. Ragghianti. Forse l'atmosfera non proprio empatica dell'Ateneo napoletano in tempi recenti lo ha influenzato, tanto per usare un termine che faceva inorridire C.L.R. al di fuori del contesto medico.


2. Manifesto degli scrittori contro la Bomba Atomica

Dopo la pubblicazione dell'appello sul giornale diretto da Romano Bilenchi, che ebbe vasta risonanza nazionale ed echi internazionali, vi furono interventi anche aspri da parte di oppositori caudatari degli interessi statunitensi (tipo oggi per la deprecabile e insidiosissima guerra in Ucraina).

Riproduco, quindi, un commento acido e sostanzialmente dissenziente, perché pubblicato ne “La Voce Repubblicana” (13 nov. 1947), organo del P.R.I. Già nel 1946 a questo partito avevano aderito C.L. Ragghianti e gli altri aderenti al Movimento Democratico Repubblicano che nel 1946 elesse alla Assemblea Costituente Ferruccio Parri e Ugo La Malfa. L'intenzione di La Malfa, soprattutto, era di scalare il partito sostanzialmente privo di classe dirigente giovane. Infatti Conti e gli altri esponenti prefascisti, massoni e moderati, già si stavano affidando a Randolfo Pacciardi, eroe della repubblicana

guerra di Spagna ma collocatosi in area democratica moderata. I quadri intermedi, come l'estensore dell'articolo, evidentemente non gradivano nemmeno circoscritti contatti con la sinistra marxista. Però al Comune di Firenze il P.R.I. faceva parte della Giunta comunale di Mario Fabiani, comunista. Ricordando un famoso Manifesto contro il nucleare militare degli anni Cinquanta, che mi scosse da adolescente, ne trovo su Internet una recente ripubblicazione. Ritengo, di conseguenza, necessario accompagnarlo al precedente fiorentino, perché la competenza, l'autorevolezza e l'onestà intellettuale di Albert Einstein, Bertrand Russell, Max Born, Joliot-Curie, Linus Pauling ed altri non credo possano essere contestate, anche se alcuni di essi furono comunisti, simpatizzanti o militanti.


3. Partigiani

 Enrico Fischer (1944)

Questo attestato, richiesto da Fischer come accreditamento una volta tornato in Emilia clandestinamente dopo la Liberazione di Firenze, fu scritto e firmato personalmente da Carlo L. Ragghianti. Riproduco anche da Una lotta nel suo corso la nota che illustra dettagliatamente un'azione di

Fischer. Noto con rammarico che nel covo nostalgico ANPI, di matrice comunista, anche Fischer non è compreso. Per altro è in buona compagnia: manca anche mia madre, maggiore dell'Esercito italiano per meriti partigiani combattenti.

Giuseppe Campanelli (1966)





Giuseppe Campanelli è uno delle molte migliaia di giovani di cui mio padre C.L.R. ha avuto la responsabilità di comandare destinandoli in varie zone a combattere, a rimanere feriti, a morire per la libertà degli altri compagni e della Patria. Responsabilità che per tutta la vita lo ha assillato di rimpianti e rimorsi etici interiori che l'hanno sempre spinto a onorarli con la sua limpidezza e rettitudine di coerenza, e di azione perché il loro sacrificio consentì la sua vita e quella di tutti i superstiti.

Nel 1966 con questo bellissimo e autentico libro Campanelli irruppe nella nostra vita facendosi leggere da tutti gli adulti. Ai miei ricordi dà un altro punto di vista sui compagni e amici bolognesi; a Giancarlo Cavalli in primis, il quale con Campanelli ebbe allora singolar tenzone amorosa riguardo la stessa donna (se non erro prevalse Cavalli, sicuramente più “bello”). Al babbo ricordò anche un conplet (come diceva), di cui trascrisse nell'ultima pagina del libro alcuni versi, che riproduco. Sono convinto che questo libro – sacrificato nella veste e nella diffusione dall'editore – nella sua coltivata semplicità e nella consapevolezza di valori via via acquisita dall'Autore, ha un ben altro spessore e “conforto” rispetto,


ad es., del celebrato I piccoli Maestri (1964) di Luigi Meneghello (1922-2007). Cercando qualche notizia su Internet ho trovato, oltre a una scheda su Campanelli partigiano, una sua memoria dell'attività resistenziale da lui sostenuta fino alla Liberazione di Bologna nell'aprile 1945. Essa è riportata in Storie dimenticate diffuse in un blog di Comandante Lupo. La riproduco perché è un documento che sottolinea, tra l'altro, il fatto che il “capo regionale” della cospirazione antifascista Giustizia e Libertà in Emilia era stato Carlo L. Ragghianti, “costretto” per ordini superiori (Parri) a trasferirsi con lo stesso ruolo in Toscana, dilaniata da lotte frazionistiche (tanto per cambiare!).


4. Monumenti

Al partigiano politico ignoto (1952)

La scheda precedente, precisa ed esauriente, è dovuta ad Emanuele Pellegrini, il quale si è basato sul materiale superstite. Questo, mi duole dirlo, non è molto attendibile per due ragioni: una il travagliato iter delle carte, l'altra al fatto che per il personale de “La Strozzina” quella manifestazione era un corpo estraneo imposto da circostanze importanti ma esterne di natura “politica”. Difatti Ragghianti accettò di ospitare (e di organizzare) la Mostra a Firenze per motivi di risonanza utili allo Studio Italiano di Storia dell'Arte e a “La Strozzina”, che così avevano riscontri e contatti con molti artisti e con istituzioni estere prestigiose. Che C.L.R. fosse sostanzialmente estraneo alla concezione del progetto risulta anche senza dubbio dalla attribuzione del Premio tra i 64 bozzetti presenti ad un modesto mestierante. 

Infatti, per citare appropriamente Orazio, la mostra “desinit in piscem” premiando l'opera di Tino Bortolotti (1889-1951) scultore della Val Camonica con solide, precedenti aderenze clerico-fasciste in campo della “monumentalità”.





A Garibaldi a Marsala (1953 e 1956)

In seguito a questa lettera, chiara ed esauriente ma privata sull'argomento, dato che ci furono in quegli anni diverse polemiche, anche ostili, attribuendo a R. intendimenti estranei a quelli specifici (di essere contro l'astrattismo,

ad es.) nel 1956 R. ripropose la sua opinione su “Selearte”, n.23, 1956, p.55. Pubblicò così, un sunto della lettera dell'archeologo Agosta, seguita da un suo commento chiarificatore.


Alla Resistenza, Modena (1953)

Alla Resistenza, Cuneo (1964)

Se ben ricordo questo Monumento alla Resistenza di Cuneo, considerata città emblematica per l'antifascismo organizzato, suscitò molte polemiche che dietro le critiche “estetiche” spesso nascondevano interessi di “tifoseria” artistica, giacché lo scultore apparteneva alla cerchia degli artisti promossi da Argan (donde il conio del termine “arganizzati”) che nel 1958 scrisse la prefazione alla monografia di Nello Ponente sullo scultore (vedasi “Selearte” n.38, nov.-dic. 1958, p.33). Di queste diatribe

italicamente correnti di “guelfi e ghibellini” mio padre era sostanzialmente estraneo però involontariamente coinvolto, dato che ovviamente diceva la sua “promuovendo” artisti come Greco, Farulli, ecc. perché aveva apprezzato il loro lavoro. Penso che la lettera ad Alicata che R. conosceva almeno dal 1940, rispecchi pienamente l'opinione di C.L.R. al di là di valutazioni sul manufatto dell'artista perché ininfluente rispetto al convincimento circa l'erigibilità di monumenti tradizionali.


A Cappiello

Monumento a Pinocchio (1954)

Lettera a “Selearte” di carattere sottilmente provocatorio (come penso dimostri anche lo pseudonimo di Tavarnuzze) presentando il caso del Monumento a Pinocchio in Collodi, opera di due distinti scultori: Emilio Greco, Venturino Venturi, entrambi notoriamente amici anche personali di R., Camillo (C.L.R.) risponde garbatamente, facendo notare che “ci sono, tuttavia delle eccezioni: il monumento a Pinocchio a noi sembra che si ponga proprio fra queste...”.

Naturalmente non è l'unico caso, perché quando elementi intrinseci all'opera di grande emotività e valenza estetica si verificano essi fanno di gran lunga aggio sulla retorica e sulla prepotenza propagandistica. Mi vengono in mente almeno due casi in cui C.L.R. ha fatto ammirata e commossa eccezione al suo convincimento primario contrario alla retorica e alla propaganda impositoria, qual è il mettere al centro di una piazza o di uno snodo visivo importante un 

monumento ordinario (penso per es. alla massa di materiale inerte della scultura gigantesca di Moore a Prato: brutta! Un Botero che vidi nei pressi dell'aeroporto di Firenze: orribile, ridicolo). I casi eccezionali che R. ammirò sono l'intervento di Mirko alle Fosse Ardeatine e il “Monumento alla Famiglia Umana” di Venturino Venturi (vedasi nel blog il post “SeleArte” IV serie n.4, p.35, del 19 dicembre 2016). Per concludere, voglio precisare che nei casi di queste “eccezioni”, si tratta di opere già costruite e in “uso” sulle quali non è più possibile intervenire. Anzi, ricordo che R. non amava il concetto di Monumento per il giardino di Collodi, perché vi individuava un percorso visivo che diveniva formativo per l'osservatore. Così per Mirko alle Fosse Ardeatine di Roma. Quindi se queste opere fossero state erigende, R. sarebbe intervenuto nel pubblico dibattito sostenendo quanto precisato nel corso di questo breve excursus.

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