Carlo e Licia

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martedì 22 marzo 2022

Carlo L. Ragghianti traduttore: "La Parigina" e "La Vedova" di Henry Becque, 1.

Con un saggio di Antonio Giuriolo e lettere di Neri Pozza, C.L. Ragghianti, Antonio Barolini, Licisco Magagnato, 2.


1. 

Sull'interesse per il teatro da parte di C.L.R. nel nostro blog abbiamo già postato I Goncourt e il teatro (11 marzo 2021) e Gautier e il teatro come visione (19 aprile 2021). Profondo conoscitore della cultura francese, R. – che taluni sprovveduti e saccenti intellettuali prevalentemente piciisti ebbero il coraggio di qualificare come pensatore ottocentesco – è stato studioso non solo dei fenomeni storici e culturali ma anche attento e puntuale lettore dei testi letterari, poetici e drammatici di quella straordinaria produzione francese da Rabelais a Montaigne fino a Anatole France e i contemporanei del Novecento.

Perciò la traduzione di queste due pièces (di cui la Veuve in realtà è una sorta di scena conclusiva) di Henry Becque (1837-1899) non è un caso di sporadico eclettismo ma un ponderato e consapevole lavoro svolto per omaggiare un caro amico, caduto combattendo in una brigata Matteotti direttamente collegata al C.T.L.N. (che Ragghianti presiedeva) e al comando militare del Partito d'Azione, che coordinava anche le formazioni socialiste, carenti di quadri superiori, di cui R. era il comandante e responsabile politico, coadiuvato dal fido colonnello Nello Niccoli.

Gli inizi della collaborazione editoriale tra il neofita Neri Pozza (1912-1988) – già affermato incisore, del quale La Parigina e La Vedova rappresenta una delle prime edizioni – e Carlo L. Ragghianti furono piuttosto burrascosi e risentiti. In seguito questi divennero molto amichevoli durante la pubblicazione della rivista "Criterio" (1957-58) e la progettazione e produzione della "Biblioteca di Cultura", nell'arco degli anni Cinquanta e inizi Sessanta. Dipoi Pozza si legò alla sottile propaganda editoriale dell'USIS e dei Servizi segreti Statunitensi e divenne di nuovo inaffidabile, per non dire moroso nei confronti di R. e dei fornitori creditori. Dato che vittima di questa situazione rimase la serie di "Critica d'Arte" edita da Pozza, ci fu tensione e rarificazione dei rapporti. Nel frattempo l'editore, eclettico e approssimativo come sempre (fu anche attore ne Il terrorista, 1963, bel film di Gianfranco De Bosio con G.M. Volonté agli inizi della carriera) si defilò inadempiente, dedicandosi alla scrittura in prosa (naturalmente era stato anche poeta) fino al divenire prevalentemente romanziere, di qualità certa.

Non ricordo bene quando, negli anni Settanta, il Neri ricomparve proponendo di saldare il proprio debito anche con un dipinto di De Pisis (una Strada di Parigi). Questo fatto appianò il debito personale, rimanevano debiti non saldati col nostro Ufficio, che gestii io, e sui quali ritornerò in un altra occasione. Dato che questo dipinto – ordinario – 


non era come gli altri di casa dono di amici artisti o contropartita critico-artista, fu ceduto in seguito all'acuirsi della crisi finanziaria della famiglia, derivante dalle enormi spese di degenza speciale per il recupero della salute di mia madre, la quale nel 1970 durante un banale intervento, morì più volte (almeno sette) per colpa dell'anestesista. Fu tenuta in vita per quasi otto ore dal massaggio cardiaco manuale effettuato a cuore aperto dal chirurgo Principe, in attesa di una speciale e rara apparecchiatura dal Rizzoli di Bologna, che poi la salvò. Insieme ad un piccolo omaggio dipinto da Tozzi, sostituito al più rappresentativo dono originale da nota "manina" coadiuvante in Palazzo Strozzi nel 1967 (come scoprii anni dopo durante una ricerca bibliografica), il De Pisis di Pozza fu acquistato dall'amico Ettore Gian Ferrari, sulla discrezione del quale si poteva contare. Questo tipo di arrangiamento economico per sopperire alla propria conduzione disordinata e abnorme, si è poi saputo dopo la sua morte, fu ampiamente utilizzato da Pozza, sembrerebbe anche con qualche pasticcio poco chiaro.

Nella seconda parte del post (pubblicato fra tre giorni) ai testi dei due drammi di Becque segue – estrapolato dalle pagine critiche L'opera di Henry Becque scritte da Antonio Giuriolo – il saggio La Parisienne.

Sono poi di particolare interesse le pagine fittamente dattiloscritte (inedite; penso stese tra il 1944-46 e il 1952) della Nota al saggio e alla traduzione (titolo di Pozza e Magagnato) da Carlo L. Ragghianti. Questa importante nota fu, per non ben appurati motivi, esclusa dall'edizione del libro a insaputa dell'autore. Credo, alla fin fine, per timore della giustificata ira di C.L.R., il quale si sarebbe ritrovato a rileggere il proprio testo in corpo 8/10 (roba da lente d'ingrandimento!) per di più abusivamente mutilato delle pp. 2-3 e di parte della p.4, biffate per fortuna a matita (che qui ho accuratamente cancellato).

La pubblicazione di questo inedito che R. recuperò dopo reiterate richieste – mentre il dattiloscritto con la sua traduzione di scelta delle "Storielline" di Tallemant de Réaux non gli fu mai restituito (che si trovi nei meandri delle carte lasciate da Pozza?) – viene proposta in questa sede anche per consentire un riscontro essenziale a chi studia gli aspetti inerenti il teatro e la cultura francese nell'opera di C.L. Ragghianti. Inoltre ritengo che copia di questa Nota manoscritta non si trovi nell'Archivio di Lucca, perché io ho di recente rinvenuto il dattiloscritto in un grosso incartamento che il fido Cino Cini sigillò in occasione della migrazione dell'Ufficio Ragghianti da Piazza Vittorio Veneto a Via Torre del Gallo nel tardo 1967. 


Da lì il pacco finì in Villa Tornabuoni (prima sede dell'U.I.A.) e da lì, con probabile transito di nuovo in Palazzo Strozzi, dopo il 1980 a casa nostra, ma sepolta con le carte marginali.

Con la biografia di Antonio Giuriolo (1912-1944), estratta da Una lotta nel suo corso (Neri Pozza, 1954) a c. di Licia Collobi R. e di Sandro Contini Bonacossi, scritta da C.L.R., si vuol ricordare la figura di questo giovane brillante studioso, morto combattendo per il riscatto morale e la libertà del popolo italiano. Un uomo altrimenti di sicuro avvenire, sul quale stiamo allestendo un ulteriore contributo che con il presente e il già postato Giuriolo, Becque, "La Parigina" e Ragghianti (2 gennaio 2017) vuole ricordarne le virtù e il coraggioso esempio.

Per la genesi del progetto di traduzione del testo di Becque trovo che il 14 ottobre 1942 Carlo Muscetta (1912-2004) critico letterario allora consulente di Einaudi, scrisse a C.L.R.: “...e per Becque. Se trovo un buon traduttore non dimenticherò né la Parigina né i Corvi … per l'Universale”. Ancora Muscetta l'11 novembre 1942: “Quanto al Becque se sei disposto a tradurre le due commedie, scrivi senz'altro a Einaudi, dicendo che io son d'accordo. Comunicagli il numero delle pagine e la data di consegna della traduzione. Così potrà mandarti senz'altro il contratto”. Infine, si chiarisce che la proposta prima rivolta a Einaudi da parte di C.L.R. fu di mio padre, come si deduce dalla lettera che l'Editore inviò il 25 marzo 1943, nella quale si scriveva, tra gli undici punti di proposte e lavori in corso, “Becque. Muscetta vorrebbe sapere il titolo delle due commedie da te scelte, e sapere se le tradurresti tu, o altri. E' inteso comunque che si faranno per l'Universale, ma vorremmo solo perfezionare l'accordo”.

Va ovviamente ricordato, poi, che nel 1946, Carlo L. Ragghianti il 25 giugno scrisse a Benedetto Croce una lettera di cruciale importanza per la ricostruzione dei suoi rapporti con Antonio Giuriolo e del fatto che l'intellettuale vicentino si occupò di Becque in seguito ad “una mia indicazione”, come poi scrisse C.L.R. anche a Silvio Trentin. In questa comunicazione Ragghianti coglie anche l'occasione di informare il senatore dell'esistenza della propria traduzione come già avvenuta. Le due pagine della lettera sono inedite e, mea culpa, se ne era persa traccia nell'incartamento Becque.

A questo punto segue una documentazione inerente alla “gestione” Pozza. Sono lettere di Antonio Barolini (1910-1971), scrittore, giornalista, patriota; di Licisco Magagnato (1921-1987), sul quale vedasi post del 21 gennaio 2021; Neri Pozza (1912-1988). C.L.R. oltre a suddetti scrive una interessante missiva – di cui si riporta la trascrizione, stante l'irriproducibilità della nostra copia – a Pietro Pancrazi (1893-1952), illustre critico letterario. Si conclude questa sezione con lo stralcio seguente da una lettera di C.L.R. a Giorgio Trentin (1917-2013), critico d'arte, detto anche “il sacerdote dell'incisione”. L'importante testimonianza dice: “Aggiungo che Giuriolo non ebbe con me soltanto rapporti politici, ma anche critici, avendo io seguito i suoi lavori e spesso parlato con lui dei problemi generali di estetica e metodologia che erano anche allora per me prementi se non preminenti. Per ricordare ciò, ho fatto e presentato la traduzione della “Parigina” di Becque, l'autore che egli scelse a séguito di una mia indicazione”.

Si conclude la seconda parte di questo post con qualche notizia su Henry Becque, drammaturgo, sul quale François Mauriac – a parte l'uso riduttivo degli "ismi" – dà un efficace giudizio: "Non fu un commediografo, ma uno scrittore di teatro; l'unico della sua epoca che non posò a mostro sacro. Ci aiuta a capire che quel che i nostri padri chiamavano Naturalismo fu Romanticismo continuato".


Dall'Enciclopedia dello Spettacolo ideata e diretta da Silvio D'Amico, riproduciamo il lemma su Becque. Dalla Storia della letteratura francese di Gustave Lanson (1857-1934), a c. di Giovanni Macchia, riportiamo un giudizio contemporaneo sostanzialmente riduttivo nei confronti di Becque. E' invece più equilibrata la scheda di Robert Jouanny (1926-2007) dal Dizionario critico della letteratura francese (Utet, s.i.d., ma 1972 o 73).

Ritengo di poter sostenere che l'iniziativa di R. di rendere omaggio alla memoria dell'amico critico scomparso con la scelta di questa traduzione, sia dettata da quanto mio padre scrive a p.3: "... nella commedia del Becque. Che ha poi, invece, una profonda umana moralità, in quel riconoscere necessaria e inevitabile nell'economia del mondo ... quello slancio vitale senza il cui primigenio, irrefrenabile insorgere nemmeno la vita etica potrebbe determinarsi".

In conclusione, il lavoro di traduzione di Carlo L. Ragghianti risulta – spero non solo ai miei occhi – un bell'esempio di dedizione all'amicizia. Un sentimento nobile, sempre raro, che oggi si tenta di svilire e banalizzare con le stupide generalizzazioni tipo Facebook o così chiamando i “followers” di navigata conducente di spettacoli televisivi.

F.R. (16 febbraio 2022)


P.S – Trovando un appunto del 1997, noto che mi sono spesso domandato come mai non sia stata allestita una rappresentazione di questi due drammi concatenati. Strano ma non troppo – per due motivi: 1) l'edizione di Pozza non ebbe tiratura e circolazione normali, concentrandosi il Neri sulla circolazione tra i familiari di Giuriolo e tra gli amici suoi; 2) C.L.R. non tentò di farli rappresentare vuoi perché impegnato e “invischiato” in tanti progetti in contemporaneità, vuoi perché non tentò di coinvolgere – ad es. – amici registi come Francesco Rosi o Mario Ferrero; e neppure coinvolse Elsa De Giorgi, sua ammiratrice convinta, la quale proprio agli inizi degli anni Cinquanta tenne in vita un Piccolo Teatro a Firenze (con i soldi dell'eredità Contini Bonacossi del marito), né in successive sue iniziative. Oggi, di nuovo mi domando: si potrà realizzare in un futuro ragionevolmente prossimo l'occasione di vitalizzare questa traduzione di C.L.R., facendole finalmente calcare le tavole di un palcoscenico?

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