Carlo e Licia

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sabato 6 novembre 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 32. GUIDO PEROCCO (ZECCHIN, CAVAGLIERI, GARBARI, CAGNACCIO DI S. PIETRO), 2.



Premessa: oltre la scheda di Guido Perocco, su Zecchin pittore c'è ben poco da dire. Certamente ancora oggi questa sua attività è tutto sommato poco conosciuta; è considerata sì originale ma in un certo senso tributaria dalla cultura austriaca, soprattutto Klimt. Considerato come vetraio peritissimo e innovativo non è sconsiderata la valutazione finale che il cronista de "L'Unità" (10 gennaio 2003) dà della ricca mostra presso il Museo Correr di Venezia. Scrive, infatti, Marco Bevilacqua: "Ma la sua eredità più profonda resta forse quella legata alle delicate spirali a forma di murrina, alle gocce d'oro che ornano i suoi pannelli e le sue vetrate, un mondo sognante al quale probabilmente devono più di un tributo di ispirazione molti illustratori contemporanei". Ritengo che Zecchin fu inserito

nella mostra di Palazzo Stozzi soprattutto per motivi di storiografia, di equilibri e di sviluppi regionali riguardanti la continuità espressiva veneta anche dopo il dominio austroungarico e la riunione con il resto del Paese nel 1867.

Alcune illustrazioni sono riprodotte senza data e titolo solo per sopperire alla oggettiva scarsità delle opere reperite, parte delle quali dipinte prima del 1915. Quanto ai vetri, che costituiscono il principale – anche culturalmente – contributo di Vittorio Zecchin alla cultura visiva, oltre alle note monografie sull'argomento citate da Perocco, ricordo il grosso e bel volume del 2013 – La forza della modernità. Arte in Italia 1920-1950 – pubblicato dalla Fondazione Centro Studi Ragghianti di Lucca.

F.R. (14 settembre 2021)

L'importanza nel panorama europeo dell'opera di Mario Cavaglieri (1887-1969) è ben delinata dal Perocco nella scheda iniziale. Sottolineo europea, perché un artista storicizzato in Francia ed in Italia mi pare si possa considerare de plano europeo. E Mario Cavaglieri lo è persino per le evidenti ascendenze mitteleuropee che trapelano dalla sua pittura.

Il merito della sua propulsiva conoscenza nella storiografia va attribuito a Giuseppe Raimondi (1898-1985), il quale amico ed estimatore dagli esordi del pittore, ne consacrò il ruolo nella mostra presso La Strozzina di Firenze nel marzo-aprile 1953, che documentiamo qui di seguito al post. Ancora Raimondi nel 1954 su "Critica d'Arte" (I, n.2, marzo 1954) pubblicò il saggio De Pisis-Cavaglieri tra il 1910 e il 1920, del quale riproduciamo soltanto la parte del testo e delle illustrazioni riguardanti il pittore di Rovigo. Su il "Gazzettino" di Venezia (4 maggio 1920) Guido Perrocco ricordò la recente scomparsa dell'artista nell'articolo Fu "attuale ed estraneo" il Gozzano della pittura, con una lettura forse un po' indulgente al colore letterario ma tutto sommato svolta segnalando la innovativa originalità del Maestro. A proposito di questo articolo, Carlo L. Ragghianti il 13 maggio 1970 scrisse a Perocco la lettera, qui pubblicata di seguito alla fonte di riferimento, determinate valutazioni e osservazioni positive, nonché notizie sui progetti per Cavaglieri, purtroppo inattuati. 

Pochi mesi dopo, l'11 dicembre 1970, C.L.R. scrisse all'On. Romanato – presidente dell'Accademia dei Concordi di Rovigo – esponendogli, oltre i precedenti per indurre l'Accademia a collaborare, i nuovi progetti da attuare a favore della conoscenza della grande arte di Cavaglieri.

Raffaele Monti è stato lo studioso che dalla mostra di Palazzo Strozzi del 1967 in poi si è distinto per aver scritto articoli e saggi su Cavaglieri. Purtroppo contemporaneamente, assieme all'amicissimo gallerista Silvano Menghelli, acquistarono praticamente anche l'intero studio del pittore dopo la sua morte. Lo dispersero in seguito in spicciolo dettaglio, che non ha certo giovato alla statura di primo piano del pittore. Del contraddittorio Lele Monti (morto nel 2008) riportiamo l'articolo M.C. O dell'esilio felice ("Arte 80", n.1, febbraio 1973). Riporto, quindi, l'articolo divulgativo di Valerio Riva (1929-2004) su "L'Europeo" (del 25 maggio 1980), perché contiene informazioni aneddotiche e immagini familiari dell'artista. Così nel 1994 su "La Stampa" di Torino (13 dicembre) Marco Rosci (1928-2017) scrisse un articolo, contenente alcuni aneddoti, e sostenente la discutibile tesi che Mario Cavaglieri fosse "un dilettante di classe".

F.R. (25 settembre 2021)

Dipinti di Cavaglieri



Pittore e fine poeta, anche Tullio Garbari morì giovane d'età a causa dei postumi della Prima guerra mondiale, contrassegnata adl numero enorme di morti in scontri massacranti tra le avverse trincee. Anche i feriti, i menomati furono segnati da particolarmente orripilanti lesioni, prodotte per lo più da baionette, colpi d'arma da fuoco ravvicinati; poi mine e contromine, anche gas letali nel fronte francese.

Per questo penso che l'articolo (da "Arte", n.7-8, 1992) di Enzo Fabiani, giornalista culturale e poeta (vedasi il post del 18 marzo 2018, Intervista a Carlo L. Ragghianti, 1981), rievochi con pertinenza e partecipazione la figura di questo artista di originalità sorgiva, il quale in diversi dipinti preannuncia stilemi della cosiddetta Pop Art. Oltre che poeta, Garbari fu personalità pensosa e spiritualista, la cui interiorità gli è valsa la definizione di avere "lo sguardo severo della bontà". Frase non a caso impressa come sottotitolo al Catalogo a cura di D. Primerano e R. Turrina, edito in occasione della Mostra a Trento (giu.-nov. 2007). In questo libro vengono indagati da Piero Vatto "le affinità intellettuali e spirituali tra Tullio Garbari e i coniugi Jacques et Raisa Maritain". Il filosofo Maritain, noto protestante liberale, è stato l'espressione di un pensiero cattolico tamistico, in questo contrario allo scientismo.

Ricordo che all'inizio degli anni Sessanta nella università di Firenze una buona parte dei giovani cattolici dell'Intesa volevano così sottolineare la presenza di un pensiero originale cattolico non beghino non legato alla Chiesa di Papa Pacelli. Per inciso: finirono tutti comunisti.

Silvio Branzi, trentino come Garbari, nel 1973 su "Le Arti" (n.7-8) recensisce la Mostra retrospettiva di T.G. (itinerante da Roma in alcune città) con particolare riferimento alla statura morale di Garbari, tanto da concludere: "forzando i limiti concessi alla critica, possiamo supporre che, se la morte non l'avesse così drammaticamente rapito, appena trentanovenne, egli avrebbe operato quella decisa catarsi, di cui la meta ultima non doveva essere la morale raggiunta attraverso un superamento dell'arte, ma un'arte che potesse ritrovarsi compiutamente nella morale".

Su "SeleArte", rubrica di "Critica d'Arte" (IIIs., n.3, ott.-dic. 1984, pp.22,23) nel testo redazionale (in realtà scritto da Carlo L. Ragghianti) si recensisce il Catalogo della mostra sull'artista tenuta a Trento, ravvisando in Garbari "un consapevole recupero dell'arte infantine e popolare": tema – com'è noto – molto caro e indagato da C.L. Ragghianti.

F.R. (25 settembre 2021)



Dipinti di Garbari



Siccome m'è parso sincero e piuttosto naive, lontano dalla prudenza delle circostanze ufficiali, ripropongo qui il precedente testo autobiografico che l'artista pubblicò in occasione della mostra personale alla Galleria Genova di Venezia, direi se l'ubicazione coincide con quella dello stampatore del piccolo opuscolo: Dorigo (chissà se familiare di Wladimiro Dorigo, partigiano storico dell'arte medievale e politico D.C.).

Già nella scheda del Catalogo 1915-1935, Guido Perocco delinea la figura di questo pittore – dopo esperimenti di scultura – che mostra una coerenza stilistica nel tempo non frequente. Anche se, bisogna dirlo, le pitture "realistiche" di pescatori e ambienti popolari risultano spesso meno persuasive, quasi involontariamente(?) sovietiche. L'adesione al tipo di concezione formale e di ductus della Nuova Oggettività germanica è invece spontanea adesione alle proprie esigenze sorgive. Il nitore di certi nudi di Cagnaccio fa rammentare lo svizzero Felix Vallotton, più disteso e compito. Il saggio di Giovanni Testori (1923-1993), scrittore, poeta e critico d'arte, Per Cagnaccio di San Pietro rappresenta una indagine importante nel panorama non vasto della critica su Cagnaccio. Egli ritiene infatti la critica ormai matura per manifestare nei confronti di Cagnaccio un critico che sia in grado di tentare di "stenderne per intero il catalogo di continue, particolari bellezze, particolari meraviglie".

Tre anni dopo, il 24 aprile 1974, Carlo L. Ragghianti scrive a Testori per ringraziarlo per "l'apprezzamento di un'iniziativa, la mostra del 1967". Espone poi il suo incanto 

a Venezia per i dipinti di Cagnaccio. Tra le altre notazioni, C.L.R. fu colpito in particolare da tre quadri (qui riprodotti alle figg.11, 12 e 18), il secondo dei quali La lettera (o Le sorelle) gli "rammenta uno dei miei primi amori". Anche la Maternità del 1919, "che proviene da una lignea quattrocentesca Madonna col bambino" viene citata esplicitamente.

Purtroppo la riproduzione di questa lettera, significativa dell'attenzione di C.L.R. anche a contenuti emotivi o comunque non esclusivamente specialistici, è pessima perché a suo tempo effettuata con macchina difettosa. Riproduco infine l'articolo che Renato Barilli affidò a "Art e dossier" (n.58, 1991) perché dà una chiave di lettura con notizie e valutazioni certamente giovevoli alla notorietà di questo artista schivo ed ostinato nelle sue convinzioni, tra le quali mi piace citare: "E se la pittura è in primo oggettiva, è ben vero che per essere arte deve anche essere soggettiva". Analogamente va considerata la Scheda per il Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1955, scritta da Mario De Micheli (1914-2004) e in questa nostra rievocazione posta a discriminare le opere tra prima e dopo il 1935. Il noto critico osserva tra l'altro che "fra le molte contraddizioni e originalità, rispetto all'andamento generale della cultura del consenso [al Fascismo], Cagnaccio viveva la propria autonomia anche in termini politici professandosi anarchico". Conclude poi – siamo nel 1992 – che è "solo in questi ultimi anni si è cominciato a rendergli giustizia con una critica più attenta e qualificata".

F.R. (12 settembre 2021)

Dipinti di Cagnaccio di S. Pietro

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