Carlo e Licia

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sabato 15 maggio 2021

TONO ZANCANARO 5/II – Gibbo, disegni e incisioni.

 1. Diciotto disegni inediti recuperati.

La seconda parte di questo post riguarda il recupero casuale di 18 disegni gibbeschi di Tono Zancanaro, presumibilmente dispersi in quel di Firenze tra il 1945 e il 1965. Sedici anni fa, intitolato Addenda al Catalogo dei disegni del “Gibbo” di Zancanaro, avevo scritto per “LUK” (organo della Fondazione Centro Studi Licia e Carlo L. Ragghianti di Lucca) l'intervento che informava del ritrovamento di questi disegni, per pubblicarlo in occasione del ventesimo dalla morte (1985) di Tono. Naturalmente lo scritto fu rifiutato. Tra noi e la direzione del Centro Studi c'era infatti tensione e irritazione piuttosto profonda per l'incredibile, incresciosa pubblicazione del libro La sedia italiana nei secoli redatto da Licia Collobi per la Triennale di Milano (1951). In proposito si veda il post del 16 gennaio 2018 dove stigmatizzo la sconsiderata pseudointroduzione di Francois Burkhardt che all'argomento dedica quattro righe e non menziona nemmeno il nome dell'autrice di quella ricerca originale, tant'è che allora la si riproponeva ed oggi è tuttora assolutamente valida.

Riassunto e depurato dalla parte polemica nei confronti della Fondazione di Lucca, ripropongo quel testo soprattutto per poter mostrare queste benedette 18 chine di Tono, inedite, che potrebbero far pensare ad una antologia della sua epopea gibbesca. Però questa incognita scelta – che potrebbe essere anche casuale – potrebbe sembrare anche una sorta di listino figurale di una proposta “commerciale”. Certamente questa scelta che alla fin fine reputo operata a suo tempo espressamente da Tono, rispecchia un discorso omogeneo, coerente, che potrebbe aver costituito l'esempio di una proposta espositiva o, nell'ambito di mostra di più artisti, il contributo di Tono. Ipotesi questa non trascurabile data la miriade di promozioni espositive nelle Case del Popolo, soprattutto tosco-emiliane, che allora avvenivano per iniziativa e coordinamento del Partito Comunista. Comunque una cosa è certa: permane il mistero del perché Tono non abbia riavuto o richiesto indietro questa importante collezione. E, in via subordinata, perché e a chi l'avesse volontariamente lasciata, venduta o donata.

In definitiva, meno mi meraviglierebbe il fatto che essendo Tono al corrente della loro collocazione, per qualche suo imperscrutabile ed umorale motivo, egli non volesse indicarlo e tacesse al compilatore del Catalogo ogni informazione al riguardo. Ciò, per altro era avvenuto anche per la Divina Commedia, come a suo tempo riscontrai e ricordo nel post del 25 gennaio 2021. Questo comportamento bizzarro ho avuto modo diverse volte di riscontrarlo con artisti assai diversi caratterialmente tra loro. Ne ho parlato anche con studiosi come Santini e Mazzariol che mi hanno confermato che questo atteggiamento non è per niente raro negli artisti, i quali su questo argomento sono ombrosi come i cavalli da corsa.

Antefatto (1995).

Una decina di anni fa, quando stavano per maramaldeggiarmi sul lavoro sostentativo, telefonò un antico sodale di bisbocce goliardiche, oggi paludato imprenditore ai margini dell'editoria, per avvertirmi di una sua “trouvaille” presso un rigattiere di libri e carte, con cui aveva relazioni d'affari. Bontà sua, il vecchio amico ricordava il mio lavoro di catalogazione dei disegni di Tono Zancanaro, quello sulla “Divina Commedia” almeno, della quale ha un esemplare che mi fece firmare dopo una ormai quasi dimenticata cena a casa sua.

Per farla breve, mi disse che presso quel rivenditore aveva prenotato a nome mio una cartelletta di disegni, perché gli parevano di Zancanaro, essendo in buona parte firmati “Tono”; aggiunse di andare a vedere se mi interessava acquistarli, essendo offerti a prezzo vantaggioso (in realtà irrisorio, e lo dico solo perché è forse l'unico affare che sono riuscito a concludere in vita mia).

Erano di Tono i disegni, e appartenevano alla serie del “Gibbo”. Ora essi sono qui elencati e riprodotti, quale contributo alla completezza della pur corposa catalogazione che feci per il volume Gibbo nel 1970-71. La cartella che conteneva i 18 disegni è anonima e certamente posteriore di qualche decennio, quindi irrilevante a spiegare come un così cospicuo gruppo di fogli sia finito in mano di un unico possessore.

Il rigattiere disse di non ricordare dove aveva trovato “questi sgorbi” (parole sue), anzi era un po' seccato dalla mia insistenza, tanto da sospettare in me una specie di agente fiscale. Dopo mie rassicurazioni al riguardo, e la balla che le “vignette” (termine da lui usato come ripiego a fronte del mio dispetto per la precedente definizione) erano state disegnate da un lontano parente di cui avevo perso le tracce, costui ammise di aver trovato la cartellina e il suo contenuto in una partita costituita in prevalenza da giornali e riviste, con quale libro dozzinale e vecchie lettere; il tutto acquistato qualche anno prima da un collega specializzato in mobilio. Quindi, presumo, tutto ciò proveniva da una dismissione da parte di eredi indifferenti e ansiosi di disporre di una abitazione vuota e libera per la vendita. Però non sapeva di chi si trattasse né dove ciò fosse avvenuto con precisione, sicuramente in Firenze però, stante l'attività del collega, nel frattempo defunto (sarà vero?) con la concomitante chiusura dell'azienda. Non ci fu verso di saperne di più, salvo che i fogli si erano salvati perché avevano divertito un suo giovane nipote, e che perciò furono riposti in uno scaffale per eventuali, successive consultazioni (ignoro se avvenute o meno).

Comunque è grazie alla sensibilità e alla fantasia di un ragazzo, all'incirca decenne, che questi bei disegni sono ancora in vita.

Ancora ipotesi.

Ignorando la provenienza e la reale consistenza originale dei fogli (date le vicissitudini specifiche e quelle derivanti dallo scorrere del tempo non si può escludere che ve ne fossero altri), si possono fare soltanto delle supposizioni circa la presenza in Firenze di un così nutrito, omogeneo e articolato temporalmente, gruppo di disegni dei primi anni Quaranta. Benché Tono Zancanaro sia stato una delle persone più generose e dispensatrici del proprio operare, non vedo come possa aver donato disegni, presumibilmente in una volta sola, stante anche l'omogeneità del tema e – ancor più – quella stilistica all'interno del ciclo del “Gibbo”.

Si può ipotizzare, benché con molta arbitrarietà, che il futuro conosciuto e riconosciuto Maestro, allora ignorato ed ancora considerato dilettante Tono Zancanaro, abbia avuto un precoce ed intuitivamente profetico collezionista. Ma, in questo caso, non si spiega la trascuratezza successiva della conservazione della serie di disegni. Nemmeno si può supporre come fondata una alienazione – spregiativa – da parte di uno dei membri della famiglia della sorella di Tono, sposata in Firenze. Se così fosse stato, è fatto avvenuto alla fine degli anni Quaranta, e probabilmente per via di disgraziate circostanze. E', infatti, presumibile che Tono non fosse né sottovalutato in famiglia, né che lui fosse disinteressato alla sorte di un nucleo tutto sommato importante del suo lavoro. Per di più, in occasione della successiva catalogazione non avrebbe scordato di segnalare una simile silloge. Ciò è sostenibile in analogia di quanto avvenne in almeno un altro paio di casi – e men ricchi di opere – di cui non si indicò la collezione di provenienza per espresso desiderio del Maestro.

Ipotizzare ulteriormente sarebbe inutile e sempre più abusivo; l'unico aspetto importante di questo ritrovamento fortuito è che queste opere esistono e possono essere documentate, a debita integrazione dei 2002 fogli già registrati nel 1971. E' poi motivo di personale conforto il fatto di poter contribuire ancora una volta alla notorietà di un corpus di disegni tra i più significanti ed organici del secolo, e non soltanto in Italia.

Altre considerazioni.

Questa immensa serie è sicuramente ancora lacunosa, come del resto lo sono praticamente tutte le situazioni di cicli espressivi dipanatasi nell'arco di alcuni anni. Certamente, però, le occasioni di integrazioni forniscono il destro di parlare ancora una volta di un artista, di un suo “ciclo” ormai storico; e contemporaneamente possono stimolare ricerche e investigazioni complementari, qualche rara volta esitandosi anche in studi originali, di arricchimento per la comprensione di un determinato artista.

Mi sia concesso notare con disappunto, rammarico e indignazione che l'opera titanica di Tono Zancanaro (sì titanica: per la quantità di lavoro, ma soprattutto di tempo e dedizione assoluta, più che religiosa del Maestro ad essa dedicata) sia pressoché scomparsa dalla circolazione, nonostante i lodevoli sforzi di Manlio Gaddi e dell'Archivio Storico Tono Zancanaro da lui organizzato.

Al di là degli ignorati e ignorabili ritmi del mercato, è davvero inconcepibile che uno degli artisti più originali, nonché figurativamente colti, di questo secolo venga trascurato non solo dagli organizzatori culturali, privati e pubblici, ma anche che questi ultimi non acquisiscono per i Musei opere dell'Artista.

Forse con Tono è avvenuto e avviene, mutatis, ciò che avviene per Carlo L. Ragghianti. Voglio dire, cioè, che l'esistenza di un “esclusivo” depositario dell'immagine del Grande scomparso, alla fin fine danneggi proprio colui che ne dovrebbe essere avvantaggiato. Così vediamo (1997-98) che la Fondazione di Lucca...

Certamente a Padova nella dimora che fu di Tono in Via Baracca n.2, non avvengono simili tristizie, analoghe offese alla cultura. Anzi dalle ricorrenti circolari informative del Gaddi vedo che fervet opus. Nel caso di Zancanaro, dunque, si assiste a una non inconsueta mancanza di risonanza a fronte delle iniziative, al di là della valenza di ciascuna di esse. Forse non si può escludere, però, che il “monopolio” del lascito vuoi di 'immagine', vuoi delle opere in possesso dell'artista alla sua morte, anziché incoraggiare, ostacoli la conoscenza e la diffusione del lavoro dell'Artista medesimo. Nel mercato artistico, come del resto in tutti i mercati, nessuno tira la volata per il tornaconto economico di altri: quindi, paradossalmente, Tono (ma forse anche Conti, Cagli, Manzù e quant'altri hanno disposto un'esclusiva gestione del loro operato) rimane vittima di un sogno, di una propria 'piccola' vanità, di una impropria scomessa sul futuro.

F.R. (2005; 17 aprile 2021)


2. Le acqueforti del Gibbo.


Nel novembre-dicembre 1978 la Stamperia della Bezuga, attiva a Firenze, espose e quindi editò un Album in 4° con riprodotte le 39 acqueforti da Tono incise sul tema del Gibbo prevalentemente entro il 1945. Effettivamente il titolo “Le acqueforti del Gibbo” può far pensare ad una completezza, che nella realtà del Catalogo è piuttosto lontana numericamente. Infatti nel corposo Catalogo Incisioni di Manlio Gaddi (1983) con una veloce verifica ho riscontrato l'esistenza di almeno altre venti immagini con titolo gibbesco. Comunque nel Catalogo 1978 della Bezuga si dichiara: “Ma altre ancora giacevano nei...depositi di via Baracca”, abitazione padovana di Tono Zancanaro. Inoltre una parte imprecisata di copie dell'Album una delle incisioni originali ristampate in limitata tiratura.

L'elegante brossura conteneva anche una fotografia di Tono sotto il portone di casa a Padova e un autoritratto giovanile in chiusura della pubblicazione. A mo' di presentazione si legge poi un Autotono esplicativo del fenomeno Gibbo, che l'A. tra l'altro definisce: “vede, sente e pensa con le spalle; il Gibbo della cronica del Ventennio è una perla tipicamente nostrana”. Segue una compita presentazione critica di Gianni Pozzi, irrilevante cronista d'arte di cui, a suo tempo, non ho per niente apprezzato l'atteggiamento nei confronti di C.L.R. in occasione delle false sculture di Modigliani rinvenute in un canale labronico.

Concludono la parte scritta dell'Album quattro pagine intitolate Il de Quo, vale a dire un'antologia di opinioni critiche sul ciclo del Gibbo.


Trentanove, si è detto sono le illustrazioni del Gibbo, nelle quali l'energia incisoria di Tono tende a drammatizzare l'immagine nei confronti dei disegni affini. Il catalogo delle opere esposte è riscontrato con quelli di “Ragghianti 1971”, con utile conclusione di questa graficamente mossa e simpatica edizione.

F.R. (23 aprile 2021)


3. Appendice circa 5 disegni erratici del Gibbo.


Nell'escussione di alcuni incartamenti, in luoghi vari di casa e del “magazzino”, alla ricerca dei materiali occorrenti, originali e non, e pertinenti Tono Zancanaro, ho constatato l'esistenza delle fotocopie di 5 disegni gibbeschi, conservati dentro una pagina de “Il Giornale” (1974) di Indro Montanelli.

Dato che i soggetti erano pertinenti alla ricerca, ho allegato questo plico al materiale preparatorio del post. Ho poi con pazienza riscontrato nella catalogazione che feci (2002 fogli) tra il 1969 e il 1970 e nel 1971 pubblicati che i disegni (datati e databili 1944) non erano presenti lì – né pubblicati nei cataloghi o nelle fonti di riferimento per la realizzazione di questo post. C'erano naturalmente fogli analoghi per soggetto a quelli de Il Gibbo (1971): si trattava di varianti (di molti esemplari in alcuni casi) operate da Tono quanto una propria “invenzione” l'aveva colpito in maniera particolare.

Il fatto che queste fotocopie si trovassero assieme ad un gruppo di stamponi di clichés, realizzati in occasione della pubblicazione del fascicolo speciale n.141-142 di

“Critica d'Arte” mi induce a pensare che questi disegni fossero stati vagliati e scartati da mio padre prima di consegnare a Leonardo Baglioni ed a me le riproduzioni fotografiche (o la collocazione in libri e cataloghi) che poi noi avremmo impaginato.

Che i disegni siano stati scartati è possibilissimo perché di quel tipo di invenzione di Tono c'è già materiale più che sufficiente. Per come le fotocopie siano finite nelle mani di R. non è dato sapere, anche se è più che verosimile che i fogli siano stati proposti da persona facente parte della cerchia dei suoi uffici, o comunque informata della preparazione della pubblicazione.

Ho deciso di riprodurre questi 5 Gibbi in questa sede perché non solo sono pertinenti all'argomento, ma anche perché sono indubbiamente cinque disegni di prima “scelta”, se così posso esprimermi nei confronti di opere di un autore così coerente nella qualità del proprio lavoro. Presumo, infine, che i cinque fogli fossero e (probabilmente) tuttora siano inediti.

F.R. (20 aprile 2021)

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