Carlo e Licia

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venerdì 28 maggio 2021

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 25. GIUSEPPE MARCHIORI, 2 (SEVERINI, SPAZZAPAN).

 


Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.
15. RAFFAELINO DE GRADA II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI). 6 luglio 2020.
16. ANTONIO DEL GUERCIO (MAZZACURATI, MENZIO, RICCI). 8 agosto 2020
17. TERESA FIORI (INNOCENTI). 1 settembre 2020.
18. CESARE GNUDI (FIORESI, PIZZIRANI, PROTTI). 2 ottobre 2020.
19. VIRGILIO GUZZI (MANCINI, CAVALLI, MONTANARINI, PIRANDELLO). 19 novembre 2020.
20. MARIO LEPORE (DEL BON, LILLONI). 21 dicembre 2020.
21. LICISCO MAGAGNATO (NARDI, PIGATO, FARINA, TRENTINI, ZAMBONI, BERALDINI, SEMEGHINI). 21 gennaio 2021.
22. CORRADO MALTESE (GERARDI). 4 marzo 2021.
23. FRANCO MANCINI (PANSINI, NOTTE, BRESCIANI, CRISCONIO, CIARDO, GATTO, VITI).  3 aprile 2021.
24. GIUSEPPE MARCHIORI, 1 (ROSSI, LICINI). 3 maggio 2021.






Contenere un'esemplificazione dell'opera di un artista come Gino Severini (1883-1966) in dimensioni sostenibili nel web è meno agevole che in altri casi. Pertanto in questo blog dedicato alla rievocazione (con qualche rivisitazione) della storica mostra di Palazzo Strozzi (1967), di Gino Severini riprodurremo le opere immediatamente precedenti il 1915, perché indissolubili da quelle – anch'esse documentate – immediatamente successive, fino a quelle riguardanti la metà degli anni Trenta. Altrettanto faremo con gli scritti di Carlo L. Ragghianti, destinando gli studi del dopoguerra ad un apposito post monografico. Ciò anche perché gli interventi e le ricerche di R. e quelle dei collaboratori di “Critica d'Arte” riguardano soprattutto il Severini teorico dell'arte, studioso e analista dei fenomeni più problematici del sec. XX, dal Futurismo al Cubismo, al ritorno all'ordine, ecc.

La stessa attività pittorica successiva alla prima metà degli anni Trenta è stata quasi sempre collegata ai fenomeni dell'inizio del Novecento derivando dalla sua formazione decisamente tradizionale. Che Severini riprenda e riesplori con originalità avviene motivatamente e in “bona fides” a differenza di altri artisti riproduttori continuativi di temi e opere di “successo”. (Cito soltanto il clamoroso Caso De Chirico scritto da C.L.R. a proposito delle autofalsificazioni a scopo commerciale; libro tenuto in “damnatio memoriae” 

perché turbativo di un ricco mercato artificioso e falso come le opere – centinaia e centinaia – da difendere da un drastico deprezzamento. Inevitabile, lo vedrete). Carlo L.Ragghianti nel 1937 su “La Critica d'Arte” (a. II, n.1, f. VII, ultima pagina) in Antologia del disegno a Roma liquida Severini con le quattro righe seguenti: “si presenta con tre disegni tardi, ottici, di un realismo esangue e arido, che documentano benissimo la scarsità poetica del suo sentimento e della sua parola”. Due anni dopo, sempre sulla sua rivista, nel saggio La Terza Quadriennale d'arte Italiana di Roma (a. IV, n. 1, f. XIX, gen.-mar. 1939, n. 3) le righe dedicate a Severini sono le seguenti sei:”Il S. si limita a ripetere, invocando il divino Platone, che in verità non c'entra, il formulario magico-algebrico che ha tratto con poco discernimento e maggiore ingenuità dai trattati simbolici medievali sul numero, peso e misura”. Il giovane critico ignora la prima parte, quella veramente originale del pittore, soprattutto perché anche troppo vantata dal regime fascista.

Ritengo valga la pena riprodurre qui la scheda critica che Daniela Fonti dedicò al rapporto tra C.L.R. e Severini, proprio nelle circostanze iniziali della produzione del pittore. Quindi nel Catalogo della mostra C.L.R. e il carattere cinematografico della visione (Charta 2000, pp. 335, 336), la studiosa scrive:

Come si potrà riscontrare nel prossimo post Ragghianti-Severini, l'attenzione sull'artista sarà sempre presente nel critico lucchese, e la sua rivista “Critica d'Arte” ospiterà vari studiosi specialisti, soprattutto Piero Pacini che al conterraneo Severini dedicherà gran parte della sua attività di critico. Dopo il redazionale, riportiamo l'articolo di Joan M. Lukach (da “Critica d'Arte”, n. 138, 1974) e di Piero Pacini l'intervento G.S. L'aria di Parigi e la tradizione umanistica toscana (da “Gli Uffizi. Studi e ricerche”, n. 7, 1991). Questo autore curò anche il fascicolo speciale Omaggio a Severini (n. 111) e il libro – già famoso in francese – Dal cubismo al classicismo (prefato da C.L.R., XXX ed. ultimo volume della Raccolta Pisana di Saggi e Studi, Marchi&Bertolli, Firenze 1972). A Piero Pacini si può attribuire un qualche merito nell'aver contribuito a stimolare la curiosità di mio padre verso l'artista tramite l'entusiasmo che egli metteva nelle sue ricerche.

Dalla ministeriale mostra di Roma (1961, oltre 200 opere esposte), si apre una rinnovata, intensa attenzione su Severini in Italia da un lato (Vita di un pittore, autobiografia, ed. Feltrinelli; Mostra a Firenze 1984 a c. di Renato Barilli), dall'altro una proposta e riproposta di opere, che accompagnerà gli ultimi sereni anni di quel garbato signore, dalla gran memoria e di ferma determinata convinzione circa la alta qualità del proprio operato storico. 

Personalmente quando nel 1964 ebbi modo di conoscere Severini di persona, perché soggiornò a Firenze per curare meticolosamente le proprie litografie che – con testo di C.L. Ragghianti – editò il Bisonte di Maria 

Luigia Guaita, al di là degli argomenti seri, sviluppai per lui una inaspettata “enorme” ammirazione: il suo curriculum scolastico era stato più disastroso del mio. Lui lo espulsero addirittura da tutte le scuole del regno, senza appelli o grazia. Fino ad allora il mio punto di riferimento consolatorio era stato Giuseppe Prezzolini, il quale dopo studi irregolari non conseguì, perché non si presentò, il diploma di maturità, quindi non fece nemmeno un giorno di Università.

Questa ammirazione per Severini non è potuta rimanere tale, l'ho dovuta via via declassare a semplice empatia circoscritta, in maniera direttamente proporzionale alle notizie che vengano fuori circa la vicinanza e l'adesione del Maestro cortonese al fascismo. Quel che mi disturba è soprattutto la sua ipocrisia (allora, come sempre, tanto diffusa soprattutto tra i conformisti). Severini in Francia divenne cattolico e come tale ebbe molto lavoro ecclesiastico specialmente in Svizzera. Al contempo,però, briga insistentemente fino a scrivere direttamente al duce fascista, per ottenere il privilegio di una sala personale alla II Quadriennale di Roma (1935). E non è ragione dirimente della sua vanità colpevole il fatto che nel testo di autopresentazione nel catalogo (che riproduciamo nella sequenza iconografica egli non faccia nessun riferimento al regime. Pazienza, bisogna sempre “distinguere”, e perciò questo tipo di considerazioni non deve inficiare (pur restando deplorevole) il giudizio critico dell'opera di un artista. Però nella considerazione, nel giudizio generale sull'essere umano, sì!

F.R. (9 aprile 2021)







Di questo pittore di forte personalità e piuttosto aggressivo nei confronti della critica, mai giunto a pieno successo nemmeno sul piano del mercato, Giuseppe Marchiori fu sempre acceso sostenitore dell'uomo e delle sue

qualità espressive nonché promotore costante della sua opera pittorica. Questo patrocinio si può riscontrare nella lettera che il critico di Lendinara inviò il 16 maggio 1979 a Carlo L. Ragghianti.

Da parte sua C.L. Ragghianti nel 1936 in “Leonardo” (n. 3, p. 77) nel breve saggio Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea si accorse di questo pittore e scrisse: “Così si dica dello Spazzapan, che dovrà ancora liberarsi dal Matisse, dal Dufy e dai giapponesi che troppo lo legano, ma rivela qualità reali; ...”. Spazzapan comunque già nel 1935, nella dichiarazione anteposta in Catalogo alla II Quadriennale d'Arte di Roma, si era espresso con molta decisione, un po' di supponenza, nessun riguardo nei confronti del regime (uno dei pochi a farlo) come si può riscontrare qui nella sequenza delle opere a fronte delle ill. 5, 6.

Nel 1941 sulla importante, perché diffuso organo ufficiale del potere, rivista “Le Arti” nostro zio putativo Aldo Bertini, torinese d'adozione come l'artista, scrisse due pagine con anche considerazioni – frutto della sua forte amicizia e frequentazione di C.L.R. – problematiche per quel che riguarda la formazione dello S., lamentando la scarsa documentazione, però sostanzialmente dando un positivo apprezzamento dicendo: “ma Spazzapan ha saldamente i piedi nel nostro secolo e solo in maniera indiretta può richiamare i progenitori veneti”.

Nella sequenza iconografica viene inserita – come spesso avviene in questo blog – la scheda curata da Rita Selvaggi del Catalogo/Mostra “Arte in Italia 1915-1935”, che riferisce sulla seconda parte dell'attività del pittore, probabilmente la più rappresentativa del suo percorso.

Per quanto riguarda l'attenzione di C.L. Ragghianti su questo artista riporto la parte della lettera (28 febbraio 1958, riprodotta con i testi critici) che egli scrive al prof. Arnaldi, riguardante Spazzapan. In seguito R. redasse l'ampio “excursus” – derivante dalla mostra antologica in occasione dei cinque anni dalla morte del pittore – che pubblicò su “L' Espresso” (14 luglio 1963). In questo articolo R. inserisce l'opera di S. nel contesto europeo che l'artista aveva ben conosciuto e osservato. Ne consegue la storicizzazione del pittore con aperture e chiusure problematiche inerenti la sua complessa personalità. Altro breve scritto di C.L.R. fu pubblicato nell'ultimo fascicolo di “seleArte” (n. 77-78, gen.-giu. 1966, pp. 29-32).

L'intervento chiude questa essenziale rassegna critica su un pittore, poco capito e poco amato dagli scrittori d'arte contemporanea, tanto è vero che oggi Spazzapan risulta assai marginale nella considerazione effettiva della sua opera di non facile interpretazione formale.

Episodio marginale. Nel 1980 ci fu un tentativo di rianimare il mercato dell'opera di Spazzapan con la pubblicazione, promossa dall' infaticabile Marchiori, del Catalogo generale dell'opera dell'artista. La realizzazione del libro fu affidata alla morente Nuova Vallecchi di Firenze. Lavorando allora in un' azienda collegata all'Editore, mi fu chiesto di indicare alcuni critici a cui mandare il Catalogo per recensione. Ciò dopo la stampa e la prima diffusione dell'opera di cui, per altro, non ero al corrente dell'esistenza. Richiesta curiosa a cui bisogna aggiungere il fatto che non si era nemmeno tentato di coinvolgere mio padre, la cui “Critica d'Arte” – seppure in uscite semestrali – veniva ancora pubblicata da Nuova Vallecchi. Non solo, ma la realizzavo redazionalmente e tecnicamente io nell' Azienda collegata per capitale a N. Vallecchi. Perciò consegnai “brevi manu” la lettera – qui riportata dopo i testi critici a fronte della pubblicità del Catalogo Spazzapan – che rispondeva in maniera pilatesca.

Ancora oggi non riesco a capire chi e perché operasse ostracismo ridicolo nei confronti di C.L.R. ma soprattutto del da più di vent'anni defunto Spazzapan. Certo non dipendeva dall'amico Marchiori, né da Dragone sempre sollecito nei confronti di mio padre, né dall'altro curatore a noi ignoto però ad evidentiam partecipe del progetto. Nemmeno riesco a credere che dipendesse dall'interno della casa editrice: “tafazzi” non esisteva ancora ma l'autolesionismo sì, però non vedo come committenti del libro e vertici editoriali fossero sabotatori e contemporaneamente richiedenti aiuto. Certo le agitazioni delle burocrazie aziendali e dei circuiti mercantili oltre che inutili possono risultare inaspettate e nocive. Io il libro non l'ho mai visto, non credo ci sia nella Fondazione Ragghianti di Lucca con provenienza dal lascito dei fondatori.

F.R. (7 aprile 2021)

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