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lunedì 22 marzo 2021

Tono Zancanaro (3) e Antonello da Messina.

Post precedenti:

1. Finalmente Tono Zancanaro. 1. La Divina Commedia.
2. Tono Zancanaro, 2 – Pisa 1964: Montella, Ragghianti, Santini.

Il contenuto di questo post è del tutto inedito. Inediti sono i disegni di Tono nei contorni e all'interno delle pagine di riproduzioni stampate del volume Antonello da Messina (Classici dell'Arte, Rizzoli, Milano 1967); inedita è la completa rivisualizzazione che ne fa Tono Zancanaro con disegni a china. In modo originale, benché egli fosse già noto per intervenire su testi e su illustrazioni che amava o che gli avevano colpito la fantasia, fervida come in pochi esseri umani.

L'attività poliedrica di Tono riserva sempre delle sorprese per i critici e i cultori del suo inconfondibile tratto, fermo, sicuro, senza ripensamenti né incertezze: dallo schizzo, al promemoria, al disegno già evoluto e di vaste dimensioni.

Ripercorrendo la sua opera per poterne trarre i post che stiamo pubblicando in questo blog, quale conoscitore approfondito ho riscontrato due sorprese abbastanza importanti: 1) Tono pittore di opere di grandi dimensioni, trattate manualmente (lo scrivo perché il colore della litografia è il risultato di procedimenti meccanici gestiti sì dall'artista, ma non diretti ed immediati come in pittura, ad es.). Ne avevo visto in riproduzione di esemplari “di pitture”, i più noti e ripetuti riguardanti soprattutto ritratti di familiari. Vedere– sia pur riprodotte – opere di 4 o 5 metri di larghezza è esperienza di differente complementarietà; è sbalorditivo constatare che Tono domina lo spazio ed esegue con la stessa maestria delle “miniature”; 2) Tono fotografo: notevolissimo, non dilettantesco, né medium utilizzato a fini soltanto collaterali per il disegno. Sono scatti autonomi (a volte ispiratori) di cui ho l'impressione che esistano molte altre pellicole (o lastre) oltre a quelle rese note. Alla fin fine l'inconsueto esperimento di questo libro si volge al



successo, i due artisti convivono serenamente, e così la distinta drammaticità dell'impatto di opere straordinarie.

Io resto, ancora oltre dopo cinquant'anni a domandarmi che cosa Tono ha voluto donandomi questa “chicca”; per cosa l'amico volesse che ne facessi in futuro; cioè: come posso esser degno della responsabilità della conservazione di questo “capolavoro”?

F.R. (9 febbraio 2021)



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