Dopo
la “sofferta” parentesi del 1949-1950, durante la quale la
“Critica d'Arte” riprese le pubblicazioni con l'editore iniziale
(Sansoni, proprietà famiglia Gentile), nel 1954 finalmente – sia
pur con l'iniziale frequenza di cambi d' editore – la rivista
fondata nel 1935 poté riprendere un ritmo editoriale costante e
preciso fino al 1980.
In
questa prima serie con Vallecchi editore, Licia Collobi Ragghianti
collaborò sia come studiosa che come redattrice unica. Al contempo,
dal 1953 partecipò con impegno in progressione geometrica alla
realizzazione della rivista “seleArte” e alla gestione del suo
ufficio.
Genova
e l'arte in essa conservata sono una presenza costante negli studi di
Licia Collobi. Ciò, penso non sia dipeso da una particolare
affezione (come, ad es., l'essere città di mare come la natia,
indimenticata Trieste), ma sia dipeso invece dalle singolari
circostanze che determinano la vita di una persona. Al massimo,
forse, si può ipotizzare una particolare attenzione al luogo
considerando il fatto che Genova è stato il centro italiano più
collegato alle Fiandre e il contenitore più ricco di opere d'arte
fiamminga. In effetti la presenza nel nostro Paese di dipinti
fiamminghi è stata costante oggetto del Corpus, studiato da
mia madre dall'immediato dopoguerra per tutta la vita e pubblicato
postumo (Dipinti fiamminghi in Italia 1420-1570. Catalogo,
Calderini, Bologna 1990).
Già
da tempo specialista dello studio dei disegni, dal fascicolo n. 2
(marzo 1954) con Andrea Semino pubblicò un “trittico”
riguardante artisti liguri del Cinquecento, che nel n. 3 (maggio)
illustrava Luca Cambiaso e nel n. 5 (settembre) affrontava
l'opera disegnativa di Lazzaro Tavarone.
In
Archivio ho recuperato – e qui di seguito riproduco – uno dei
rari superstiti disegni nei quali la storica dell'arte soleva
appuntare la memoria visiva di riferimenti a ciò che stava
studiando. Anche se non aveva esperito il disegno durante la propria
formazione scolastica, né avuto esperienze successive, Licia Collobi
ricorse al metodo “Cavalcaselle”, l'unico praticabile con agio e
semplicità in archivi e biblioteche prima dell'invenzione
dell'attuale omnipresente, totalizzante “telefonino”, capace
perfino di riprese filmate.
A
questo post ne seguirà un altro con altri studi e considerazioni
successivi, soprattutto sull'opera disegnativa di Cambiaso e quindi
quella di Tavarone.
Dopo
questo secondo post su disegni genovesi del Cinquecento,
pubblicheremo anche lo studio Cambiaso 1547 di Carlo L.
Ragghianti, riguardante anche la pittura di quel maestro.
F.R.
(4 agosto 2020)
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