Carlo e Licia

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lunedì 6 luglio 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 15. RAFFAELINO DE GRADA, II (BERNASCONI, CARPI, CARENA, FUNI).



Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.
7. ANNA BOVERO (BOSWELL, CHESSA, GALANTE). 5 febbraio 2020.
8. SILVIO BRANZI (SCOPINICH, BALDESSARI, NOVATI, SPRINGOLO, RAVENNA, KOROMPAY, ZANINI). 23 febbraio 2020.
9. GIOVANNI CARANDENTE (COMINETTI, MARINI). 4 marzo 2020.
10. ITALO CREMONA (REVIGLIONE). 7 maggio 2020.
11. ENRICO CRISPOLTI, I (BALLA, EVOLA, ALIMANDI, BENEDETTA). 2 aprile 2020.
12. ENRICO CRISPOLTI, II (COSTA, DIULGHEROFF, DOTTORI, FILLIA). 6 aprile 2020.
13. ENRICO CRISPOLTI, III (ORIANI, PANNAGGI, PRAMPOLINI, MINO ROSSO), 10 aprile 2020.
14. RAFFAELINO DE GRADA I (BOLDINI, ANDREOTTI). 22 giugno 2020.





Nel 1939, recensendo la terza Quadriennale d'Arte Italiana (“La Critica d'Arte”, V, 1, XXIII, gen-mar. 1940) Carlo L. Ragghianti a proposito di Ugo Bernasconi espresse il seguente giudizio critico:

Piuttosto severo e limitativo, quest'intervento è in linea con altri commenti scritti dallo studioso su altri artisti del periodo. Personalmente sono d'accordo con mio padre, anche se per carattere forse più accomodante, addurrei in difesa del pittore un suo costitutivo stato malinconico. Comunque in Bernasconi un certo compiacimento alla mestizia deve esserci stato perché non è possibile che un patriarca con una famiglia numerosa ed affettuosa non abbia dipinto un quadro di soggetto domestico in cui si vedono visi sorridenti, espressioni distese. Dato che 
comunque gli psicologismi niente hanno a che spartire con l'espressione formale, questo tipo di notizie lascia il tempo che trova. Siccome Ugo Bernasconi è un maestro tutto sommato sottostimato dalla critica, voglio riportarne un ricordo tramite la penna di Raffaele Cassieri (1905-1986), poeta, critico d'arte e poligrafo, sorprendentemente ignorato dopo la morte. Cassieri e Ragghianti si conoscevano ed hanno avuto scarsi rapporti diretti; con Pier Carlo Santini, invece, ci fu una buona amicizia negli anni Ottanta. L'articolo di Cassieri (“Epoca”, 16 giugno 1969), equilibrato ed affettuso, lascia un ricordo radicato nella mente del lettore.
Dalla rivista “Arte Mediterranea” (gen.-feb. 1949), traggo una pagina di Pensieri ai pittori nella quale Ugo Bernasconi – che fu anche scrittore d'arte – pubblica alcuni suoi aforismi. Credo che l'ultima esposizione di opere del pittore canturino sia avvenuta nell' autunno del 1991, quando Claudia Gianferrari pubblicò un Catalogo illustrato con molti dei dipinti più rappresentativi del pittore. L'intento palese ed espresso era quello di offrire una valida occasione di rivisitazione (come sottolinea recensendola la solerte critica d'arte di “Famiglia cristiana” Maria Vittoria Mayer scrivendo che quella sarà “un'occasione che per molti equivarrà ad una autentica sorpresa”. Nel Catalogo è presente anche un testo di Rossana Bossaglia che si conclude con la frase: “ Egli rappresentava degnamente, ed avrebbe per lungo tempo ancora rappresentato, la più significativa tradizione lombarda, immune cioè da foggiature vernacole, fedele a uno stile privo di orpelli, lo sguardo aperto verso il mondo con aristocratica riservatezza”. Quanto auspicato in quella circostanza non è avvenuto. Temo anzi che nei ventinove anni da allora trascorsi la memoria di Bernasconi si trovi tuttora nel Limbo degli artisti.
F.R. (22 maggio 2020)







Aldo Carpi de' Resmini (1886-1973) è stato scrittore e pittore, direi emblematico, di Milano. Nella capitale lombarda egli fu mitico Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Brera; cristiano nella vita e nell'arte e ciononostante per delazione fu denunciata la sua origine ebraica: l'atto infame gli costò la detenzione nel campo di Gusen e quindi Manthausen.
Come sovente accade ai mostri sacri, ai simboli di un luogo e di un'epoca dopo la loro morte, la fama passata non suscita più attenzioni perché data per scontata; nemmeno le “rivisitazioni” sono efficaci, anche perché spesso inficiate da preminenti interessi speculativi.
Nel 1977 presso la prestigiosa Galleria San Fedele, emanazione dell'omonimo Centro culturale gestito dai gesuiti, furono esposti i Disegni di guerra (1915-1916) di Aldo Carpi prefati da un breve testo di Giorgio Mascherpa (1930-1999), critico d'arte di orientamento cattolico molto attivo e stimato nella diffusione storico-critica dell'arte
contemporanea. Ripropongo in questo blog il testo di Mascherpa e l'intero dépliant perché contiene una documentazione visiva altamente espressiva di quel cruciale conflitto mondiale, nel quale un secolo fa combatterono i nostri nonni in nome di ideali ben presto traditi col fascismo. Il testo del critico lombardo, inoltre, presenta la vita e le opere di Aldo Carpi con notizie integrative a quelle della scheda di De Grada.
Anche per Aldo Carpi vale quanto scritto per Libero Andreotti (v. post del 16 giugno 2020) circa la conoscenza e l'apprezzamento dell'opera dell'artista. Cioè che questi aspetti erano effettivi e sostanziali nella mente dello studioso che – semplicemente – non aveva avuto l'occasione e lo stimolo direto di esternarli. E che comunque ne esisttono tracce in citazioni puntuali in un discorso, una ricerca avente per soggetto un altro argomento.
F.R. (23 maggio 2020)







Di questo artista, oltre a quanto puntualizzato da De Grada nella scheda della Mostra 1915-1935, si riportano tre interventi prebellici di Carlo L. Ragghianti: Carena (in Studi sull'arte italiana contemporanea, in “La Critica d'Arte”, IV, 1, III, 1936, pp. 148-152, tavv. 103-105), Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea (in: “Leonardo”, n. 3, 1936, pp. 74, 75); La III Quadriennale d'arte italiana (in: “La Critica d'Arte”, V, 1, XXIII, gen.-mar. 1940, pp. 114, 115).
Carena è stato pittore famoso, gravido di riconoscimenti (persino nel Direttivo di “Le Arti”, organo ufficiale della Direzione delle Belle Arti, nonché Accademico d'Italia) fino alla caduta del fascismo. Dopo – e non è stato l'unico – è rimasto a galla appoggiandosi alla politica, nella fattispecie quella clericale. Gli saranno tremate le... membra quando a Firenze – dopo aver retto a lungo la Direzione dell'Accademia di Belle Arti – dopo la Liberazione del 1944 fu inserito nelle liste di prescrizione per l'epurazione quale Accademico d'Italia. Liste, detto parenteticamente male applicate e presto, prestissimo vanificate, soprattutto per volontà della DC e del PCI che cercavano disperatamente tra i fascisti quadri direttivi, classe dirigente da cooptare, previa riverginatura veloce e approssimativa. Fenomeno che si è ripetuto di recente, ed ancor oggi si vede, nei figli e nipoti di costoro, già comunisti “ortodossi” tornati alle origini dei padri e degli avi.
In una lettera del 26 novembre 1950 inviata a Ragghianti, Giuseppe Marchiori, critico risoluto e attivo, di famiglia 
assai abbiente ragione per cui si poteva permettere una maggiore indipendenza ed atteggiamenti se non proprio coraggiosi almeno non conformistici, scrivendo di varie faccende, tratteggia Carena nel modo seguente: “Ebbene con certa gente agisco nello stesso modo. Per me Carena è un vecchio istrione, un finto apostolo, una subdola carogna, malgrado le ipocrisie del cuore e della fede. Versa lagrime di coccodrillo e intanto sbava il suo veleno di fascista nostalgico”.
Posso assicurare che rapporti diretti tra Carena e mio padre non ce ne sono stati. La presenza di questo pittore in mostra non credo sia stata sollecitata in modo particolare da qualche critico del Comitato esecutivo, anche perché C.L.R. non era inciucista e non avrebbe accettato né imposizioni, né scambi tattici (purtroppo – invece – inevitabili nei concorsi per professore ordinario dell'Università). Soltanto la magnanimità non settaria quale animava C.L.R. accettò Carena perché anche persone umanamente e politicamente discutibili o riprovevoli possono aver contribuito alla cultura artistica con qualche originalità.
Nell'interno della sequenza iconografica di dipinti di Felice Carena si trova la scheda critica del Catalogo/Mostra Arte in Italia 1935-1955 scritta da Angelo Dragone (1921-1996) critico de “La Stampa” di Torino e fondatore (assieme alla moglie Jolanda Conti) del Centro piemontese di studi d'arte moderna e contempranea di Torino.
F.R. (24 maggio 2020)









Degli artisti affidati alla penna di Raffaellino De Grada, Achille Funi (1890-1972) risulta essere il pittore più notevole storiograficamente e tra quelli più coerenti alle proprie intenzioni. Lo scultore Andreotti lo sovrasta per finezza interpretativa dei “modelli” classici e soprattutto degli immediati precedenti internazionali, francesi in particolare. Però anche la cultura visiva di Funi è notevole e recepita con rigoroso orientamento fedele alle proprie ideali intenzioni creative.
Da promessa del Futurismo quale “pupillo” di Boccioni, spontaneamente Funi sposta la propria operatività verso dettami figurali che sono stati classificati come “richiamo all'ordine”. Quindi, come ha scritto Fortunato Bellonzi “Funi è considerato, a buon diritto, fra i protagonisti di quella stagione pittorico-letteraria che fu chiamata Futurismo. Ma...egli fu ben presto tra i primi a esigere e a mettere in pratica una figuratività solenne e classica”. Cambiamento coincidente nei fatti concreti con una visione fascistica delle arti figurative, o meglio appropriazione fascista di quelle tipologie espressive retoriche, approssimative, con 
larghe concessioni al “pompierismo” più vieto. Funi anticipa (vedasi ad es. il bozzetto per l'affresco nel Comune di Bergamo) persino l'Annigoni declinante, tetro e piuttosto volgare delle opere inerenti gli affreschi della chiesa di Ponte a Buggiano. Vidi quei dipinti e quei disegni in una deplorevole esposizione degli anni Settanta patrocinata dai galleristi romani Russo in un salone nobiliare in via dei Servi a Firenze, che fu sede della Federazione provinciale del PSI, quando ancora credevo che militando si potesse contribuire a migliorare il mondo.
Carlo L. Ragghianti, che pur inserendolo in questa Mostra 1915-1935 contribuì alla valutazione storiografica di Funi quando nel 1936 in Leonardo” (n. 3, p. 77) scrisse le tre righe seguenti: “Funi che peraltro si va sempre più accademizzando in un formulario fra pompeiano e neoclassico, e recentemente quattrocentesco”. Più diffusamente se ne interessò ne La III Quadriennale d'arte italiana (in “La Critica d'Arte”, V, 1, XXIII, gen.-mar. 1940, pp. 115, 116):

Nel novembre a Funi fu richiesto da Ragghianti, come agli altri artisti considerati da interpellare per primi, di donare un'opera per il Museo Internazionale d'Arte Contemporanea da costituirsi in Firenze sotto l'egida del Comune. L' artista rispose allo studioso con una lettera un po' piccata ma garbata con la quale declinava l'invito “perché sono dell'opinione che ho sempre avuto, che l'arte moderna di fronte all' Arte Antica non può assolutamente resistere”.
De Grada, che nella scheda della mostra dà un'interpretazione stringata e cauta, successivamente ha pubblicato molti interventi su Funi, facendone una sorta di suo punto fermo nell'ambito della pittura italiana del Novecento. Scelgo e qui riporto volentieri l'articolo che il critico milanese pubblicò nel 1990 su “Arte”, in occasione del
centenario della nascita dell'artista. Ricordo – come fonte bibliografica – un precedente articolo sulla stessa rivista (gen. 1987) in cui De Grada sviluppa alcuni dettagli complementari. Sempre De Grada è l'autore della scheda del Catalogo/Mostra “Arte in Italia 1935-1955”, a cura di Pier Carlo Santini ed edito nel 1992, qui collocata a circa metà della documentazione fotografica.
In futuro spero di poter portare ancora un contributo su Achille Funi consistente nella riproduzione di una brochure contenente dieci dipinti di donna degli anni Sessanta, presentati da Eugenio Montale. Ad essi aggiungerò una quindicina di autoritratti dell'artista, diversi da quelli qui illustrati.
F.R. (25 maggio 2020)

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