Carlo e Licia

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mercoledì 5 febbraio 2020

Arte Moderna in Italia 1915-1935 - Testi dei Critici, 7. Anna Bovero. (BOSWELL, CHESSA, GALANTE).



Post Precedenti:

1. RAFFAELE MONTI ( I ) - 16 giugno 2018
2. IDA CARDELLINI (LORENZO VIANI) - 28  settembre 2018 
3. UMBRO APOLLONIO (NATHAN, BIROLLI) - 19 settembre 2019
4. MARCELLO AZZOLINI (GUERRINI, CHIARINI, VESPIGNANI). 6 ottobre 2019
5/I. FORTUNATO BELLONZI (BOCCHI, D'ANTINO). 12 novembre 2019
5/II. FORTUNATO BELLONZI (MORBIDUCCI, SAETTI). 28 dicembre 2019
6. ALDO BERTINI (CREMONA, MAUGHAM C., PAULUCCI). 22 gennaio 2020.

Anna Bovero

Anna Bovero, storica dell'arte torinese di cui – come per tutte le troppe donne vanitose – non è dato corrente trarre la data di nascita e di morte (sempre che lo sia), constato che è scivolata nel nulla mediatico. Non è grave danno, anzi. I volumi di immagini da lei curati per UTET sono stati, oltre che deludenti, ovvii. Stante, però, la difficoltà negli anni '60 e '70 di reperire iconografie artistiche – specialmente di architettura e scultura – di qualità e di dettaglio, sia pure in bianco e nero, Licia Collobi recensì i volumi della serie edita da UTET, se non vado errato, tre volte con indulgenza e qualche apprezzamento.
L'unica attività – vedo – che la fa sopravvivere come notizia è che fu la traduttrice italiana della Storia sociale dell'arte di Arnold Hauser (“veleni” Einaudi, 1955). Questa opera dello studioso di origine ungherese, divenuto britannico, fu considerata nefasta da C.L.R. perché esemplare di una sorta di sociologia residua del positivismo. Su “seleArte” (si veda il post del 18 dicembre 2019) Ragghianti stigmatizzò il libro non tanto a causa delle scemenze, quanto per il dirompente danno irreversibile alla comprensione dell'arte da parte dei suoi lettori. Oltretutto lo Hauser non è stato nemmeno un ingegno deviato dall'opportunismo e dal conformismo leninista come il conterraneo György Lukàcs.
Nello stesso anno 1955 della pubblicazione della Storia dello Hauser, Anna Bovero partecipò al II Seminario di Storia dell'Arte di Pisae Viareggio ( 28 giugno - 8 luglio) organizzato da Ragghianti e dal suo Istituto di Storia dell'Arte
dell'Università di Pisa, con presenza di studiosi italiani e stranieri, su cui primeggia il ricordo delle epiche bevute serali di punch al rum di Otto Kurz. Attesta questa qualificata presenza di storici dell'arte al Seminario lo scherzoso congedo (riprodotto in calce) di cui ignoriamo il poetante.
La partecipazione della Bovero in rappresentanza dell'Università di Torino, si esplicò anche con l'invio per la pubblicazione negli Atti di una relazione intitolata Lettura di Friedlaënder. L'arte dell'attribuzione, bocciata da Carlo L. Ragghianti con la laconica scritta: “Non va/Atti”. Noto, per inciso, che l' attribuzionismo risulta una smania all'ombra di Superga: per “zio” Aldo Bertini era un " violon d' Ingres”, quasi patetico anche perché non credo fosse afflitto dal bisogno. Così la Bovero, affascinata ma non dotata, così altre persone – di cui non ricordo i nominativi – narratemi nella redazione di “Arte in Italia” ed. Casini, alla Torre del Gallo di Firenze da Gian Lorenzo Mellini che fu per un breve e burrascoso periodo docente a Torino.
La presenza tra i critici autori delle schede della Mostra “Arte moderna in Italia 1915-1935” della dr. Bovero non fu dovuta da invito di C.L.R. ma dalla insistenza di Aldo Bertini e di altri torinesi nel Comitato esecutivo, concordi in una solidarietà localistica.
F.R. (25 ottobre 2019)





Non essendo riuscito a individuare una documentazione soddisfacente di opere di Jessie Boswell, non mi sento in grado di integrare utilmente il testo redazionale della Mostra 1915 – 1935. Una cosa però mi pare evidente: questa pittrice è sottostimata (non misconosciuta perché ampiamente storicizzata tra i cosiddetti “Sei di Torino”) dalla critica. 
E se è pur vero che dipinge aspetti di vita “più sereni – e gradevolmente monotoni – di un'agiata vita borghese”, aspetto per altro assai diffuso in pittura e nelle Arti decorative (il design degli abbienti) dell'epoca, è anche verosimile intravedere opere intense, non prive di inquietudine formale.
F.R. (29 ottobre 2019)



Anche Gigi Chessa è stato esaurientemente storicizzato insieme agli amici dei “Sei di Torino”. Affidiamo una sua interpretazione all'interno della
cultura del suo tempo alla penna di Luigi Carluccio, attento conoscitore di quegli avvenimenti artistici. In “Piemonte vivo” (n. 3, giugno 1981) egli scrive:



Di Nicola Galante (1883– 1969) vanno osservati soprattutto il comportamento artigianale e la mentalità fiabesca del suo operare pittorico. Egli è stato anche xilografo e fine disegnatore. Infatti la critica mi pare tende a privilegiare le sue xilografie, specialmente quelle giovanili,
le quali effettivamente – date anche le piccole dimensioni – appaiono come gioielli incastonati nel bianco.
Luigi Carluccio, rinomato critico e divulgatore piemontese, certifica così l'operato di Nicola Galante nella presentazione (1966) alla Galleria “La Bussola” di Torino:

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