Mi
sono appuntato, non ricordo quando però, la conclusione della
lettera del 18 febbraio 1968 scritta da Carlo L. Ragghianti ad Andrea
Mariotti, giovane architetto, collaboratore di “Critica d'Arte” e
studioso, avvicinatosi a R. spontaneamente, promettente però
afflitto da una malattia incurabile e inesorabile. In essa mio padre
dice: “p. 13: geometria, immatura ed elementare? Ne dubito forte;
p. 18: rozzezza? Direi, al contrario, una sensibilità e una
raffinatezza quasi tormentose, una maturità di possesso estrema. Ma
forse non ho bene inteso il limite che hai voluto porre, o è una
concessione al mito del “progresso dell'arte” (neretto
mio).
La
deduzione è evidente: nel pensiero di R. non si verifica “progresso”
dell'arte; pensarlo attiene alla mitografia.
Certamente in vari studi, libri e lezioni R. si sarà confrontato col problema. Anche se al momento non ho
presenti suoi estratti sulla questione,
penso che riproporre il serio, al contempo di affabile lettura,
nonché importante studio che Decio Gioseffi (1919-2007) pubblicò su
“Critica d'Arte” (n. 94, aprile 1968; pp. 11-24) sia un
contributo già esauriente circa l'argomento sia sulla scia della
metodologia che mio padre ha sviluppato, sia se non altro perché R.
l'ha accettato e pubblicato. A seguire il testo del caro amico
triestino, uomo compassato ma ironico, cordiale ma irremovibile,
gentile ma riservato e del quale quest'anno – vedo – cade il
centenario della nascita (che vorrei ricordare prossimamente), posto
(cioè pubblico; non mi sono ancora abituato a quel poco di
terminologia internettiana che conosco) anche il breve “commento”
Arte progresso storia (da
“Critica d'Arte”, IV s., n.11, 1968, p.7) firmato da Ragghianti.
Si tratta di un esempio circoscritto attinente l'argomento.
F.R.
(21 maggio 2019)
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