Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

mercoledì 6 febbraio 2019

Pittura italiana contemporanea nelle collezioni di Prato - Bruno Tassi.

Non fu un caso, e Luigi Carluccio lo rileva, che Carlo L. Ragghianti avesse concordato con l'Associazione Turistica Pratese – diretta dal volenteroso e dinamico Mario Bellandi – di esporre nella città degli “stracci” la mostra da lui concepita 60 Maestri del Prossimo Trentennio (1954; e vedi post 28 settembre 2017). Infatti l'operosa città di Prato fu già nel primo dopoguerra tra i centri trainanti la ripresa ricostruttiva nota come “miracolo” economico. Però a Prato, diversamente da altri centri industriali vivacemente operosi, una parte consistente dei profitti venne investita in opere d'arte, soprattutto contemporanee, con criteri quasi sempre rivolti alla qualità, al “valore” estetico, anziché al valore monetario, meramente economico.
Posso fare serenamente una affermazione del genere dopo aver rivisto le opere esposte nella mostra Pittura italiana nelle collezioni pratesi (1958), elenco delle quali pubblichiamo in calce a questo post dopo la Presentazione di Luigi Carluccio e prima di una scelta di riproduzioni dei dipinti esposti.
Presentare questi materiali con i loro dati e le loro date e riprodurli rende esplicito che la Mostra può manifestarsi anche come conseguenza della precedente (1954) tramite la presenza degli artisti (i sessanta, certo, però anche altri pittori e maestri già “storicizzati”). Valorizzandone la promozione e la conservazione questo particolare collezionismo privato si dimostra espressione di una classe produttiva con interessi culturali ed artistici sensibili alla contemporaneità innovativa.
Ricordo, parenteticamente, che nel 1958 la “borghesia” italiana era prevalentemente monarchica (anche al centro e al nord, però votando DC, PLI, PSDI più dei partiti sabaudi) e in campo artistico considerava Picasso una quinta colonna del comunismo sovietico. Non a Prato, dove non c'è dubbio che molti imprenditori provenivano dal proletariato o dalla minuscola borghesia, come ad esempio l'ultra quarantennale amico di Carlo L. Ragghianti, Bruno Tassi. Ed è proprio pensando a lui in questi novembrini giorni di rimembranze dei defunti, e al suo amico e socio simbiotico fin dall'adolescenza Roberto Cecchi (anch'egli di origini modeste ma dotatosi di una cultura raffinata sviluppando gli interessi di autodidatta) che mi sembra opportuno sottolineare un collegamento Ragghianti – Tassi – Cecchi – arte contemporanea e la città di Prato tramite il mecenatismo dei suoi migliori imprenditori. Non è un caso, poi, che il Museo Pecci (di cui Pier Carlo Santini illustrò le qualità architettoniche in “Critica d'Arte”, IV s., n.18, 1988, pp.54 ss.) è stato, e credo sia tuttora, la struttura di conservazione e promozione artistica contemporanea più importante della Toscana.
Bruno Tassi (1916-1996) – con Cecchi il quale non compariva quasi mai ma il cui parere era determinante – è stato per me oltre che un amico ed un uomo esemplare nel suo genere pragmatico, un mecenate senza la cui generosità non avrei potuto sviluppare e sostenere la quarta serie di “SeleArte” (1988-1999), la quale non casualmente cessai di redigere poco dopo la sua morte.
Va ricordato di Bruno, persona dotata di empatia, spontanea e 
trascinante, che egli fu – come ho sentito dire casualmente alla radio da Valdo Spini – se non l'unico uno dei rarissimi imprenditori di cui si può dire che seppe “far soldi” rimanendo pulito anche intellettualmente, cioè che per lui è stato possibile entrare nel regno di dio più facilmente di quanto un cammello possa passare dalla cruna di un ago. Se ne avrò l'opportunità ricorderò in maniera più pertinente e dettagliata questo personaggio che è anche stato uomo pubblico encomiabile, partigiano e quindi Presidente del C.L.N. di Prato nel 1944. Delle collezioni pratesi del 1958 – essendo trascorsi 60 anni è lecito pensare che nel frattempo ci siano stati molti casi di dismissione e cessione altrove – si riscontra un alto tasso di opere di primo piano, qualche capolavoro relativamente all'operato di un determinato pittore, e la presenza praticamente dei nomi più rappresentativi dell'arte contemporanea italiana.
Bruno Tassi è presente con un Casorati storicizzato, Roberto Cecchi con un Morandi prestigioso,un collezionista, che non ho sentito altrimenti menzionare (Gino Martini), presenta un Modigliani – uno dei pochissimi presenti in Italia (anzi, se è ancora nel nostro paese, forse l'unico in mani private dopo la cessione del Nudo Mattioli all'estero per una cifra strepitosa, offensiva per il comune sopravvivere). Inoltre alla Mostra furono esposti notevoli dipinti di Carrà, Morandi, Licini, un Semeghini dei più rappresentativi, una Piazza d'Italia di De Chirico (che spero non ricada tra le repliche autofalsificate dall'autore, quelle che C.L. Ragghianti ha dimostrato ne Il caso De Chirico, di cui Tassi e Cecchi sostennero l'edizione con una tiratura speciale per la loro Azienda); quindi diversi Rosai non ordinari, Tosi, Carlo Levi, Saetti, Afro, De Pisis, Viani, Savinio, ecc., comunque interessanti, attraenti.
Un'iniziativa del tipo di questa pratese, cioè di celebrare il locale collezionismo d'arte contemporanea e moderna – o d'altro genere, in altre circostanze – è da tempo che non viene più organizzata, perlomeno di qualità e risonanza tali da essere percepita anche al di fuori della cerchia locale.
Mi viene il dubbio che ciò non dipenda, o non dipenda principalmente da carenze di mecenatismo, di interesse critico o mercantile, ma da una complessa situazione nazionale riguardante leggi e fiscalità. Se da un lato Enti, soprattutto banche, celebrano il loro patrimonio artistico (spesso deludente), dall'altro i privati non compaiono, non si manifestano più. Due, credo, i motivi: la balzanità abusiva delle notifiche da parte delle Soprintendenze è il primo; il secondo consiste nel timore di un fisco anch'esso discontinuo nell'applicazione, che diviene ingiusto quando si rivolge soltanto alle presenze note e legali trascurando l'accertamento di ciò che viene occultato perché frutto di economia sommersa, parallela a quella legale, che è di carattere evasivo o di carattere propriamente criminale. Comunque la situazione del collezionismo privato e delle conseguenti implicazioni espositive della nazione è arretrata ed iniqua e contribuisce a rendere il nostro paese secondario e marginale anche sul piano della cultura artistica.
F.R. (6 novembre 2018)


Nessun commento:

Posta un commento