Nella “scheda”
iniziale (1966) della prima parte di questo post Carlo L. Ragghianti
conclude la presentazione biografica di Gabriele Mucchi scrivendo:
“Vasta e continua l'attività disegnativa e grafica”. Nella
seconda parte di detta “scheda” – quella dell'inquadramento
storico e del giudizio critico – lo studioso ribadisce: “Dal '29
al '36, come mostra anche la sinora mal nota grafica...”.
Sottolineando con questi accenni che nell'ambito dell'attività
dell'artista il disegno e la litografia, l'incisione poi, sono
intrinseche nella considerazione critica della sua
opera, non certo subordinate o collaterali come in tanti altri casi.
Con questo orientamento si spiega in pieno l'esigenza di studiare in particolare la grafica perché – essendo generalmente inconsiderata o subordinata – le interpretazioni della sua attività artistica note non erano esaurienti, complete. Comunque C.L.R. già da tempo aveva preso in considerazione questo problema, come si può vedere nella lettera del 19 gennaio 1966 (che contiene nel foglio anche una successiva postilla manoscritta di Mucchi del 1972) che qui sotto riproduciamo:
Per quanto riguarda la
realizzazione pratica del Catalogo da me compilato e della versione
finale andata in stampa debbo fare due precisazioni. La prima
riguarda la sequenza delle opere registrate. Avevo proceduto come in
altri casi (Tavernari, 1966) con una numerazione cronologica
progressiva divisa in annate successive. L'editore Vangelista e
Mucchi prima della stampa a Milano mi chiesero di trasformare la
numerazione unica progressiva in numerazione progressiva anno per
anno. Credo di aver poi capito anche il perché: aggiungere nei vari
anni disegni, litografie o incisioni di cui non mi era stata resa
nota in precedenza l'esistenza, cioè quando io li catalogavo. Niente
di male.
La seconda precisazione
riguarda il concetto stesso della catalogazione dell'opera di un
artista vivente. Egli è l'unica fonte cui i catalogatori possono
ricorrere in quanto soltanto lui può sapere con certezza dove, come
e quanto e quando ha lavorato. Dagli artisti autentici non si può
pretendere una mentalità ordinata, classificatoria oppure una
memoria metodica e precisa (per non dire delle autocensure, delle
rimozioni, dei ripudi, dei ripensamenti, delle distruzioni – alcuni
le effettuano – di tutto ciò che hanno prodotto e che non li
appaga più per un motivo qualsiasi). Ne consegue che qualunque
catalogazione di questo tipo è lacunosa. Nel caso di Mucchi ho poi
capito che egli non ha fornito dati attendibili di quante sue opere
deteneva presso scuole e centri culturali in Germania dell'Est.
Ragion per cui un catalogatore successivo dovrà fare ricerca in quel
paese comunista fino al 1989-90, poi fortunosamente riunito alla
Germania liberaldemocratica dal 1946. Non credo sarà facile,
considerando che Mucchi è vissuto una trentina d'anni dopo la
pubblicazione del nostro catalogo.
In quanto alla veste tipografica del libro, niente popò di meno che di Albe Steiner – grafico certamente importante, stranoto, ma secondo me “pompato” a fama usurpata dalla (allora) compatta falange dell'intellighentia collocata nell'alveo del P.C.I. – che in questo caso ha
realizzato un
progetto grafico elegante, moderno sì però sacrificante le
illustrazioni, le quali alla fin fine sono le vere protagoniste di
ogni libro di argomento connesso alle arti figurative. Inoltre un formato
più grande magari quadrotto, tipico e redditizio per i libri d'arte,
avrebbe consentito caratteri tipografici di corpo superiore, non
costringendo a forzare gli occhi o a binocolare con gli occhiali. Con
un ironico “naturalmente”, poi constato che non sono stati
apposti i titoli correnti alle pagine, nonostante ne avessi indicato
la necessità. Questi richiami, infatti, permettono di sapere subito
di cosa si tratta nella singola pagina; impediscono inoltre la
dispersiva e distraente ricerca (in avanti o indietro) di qualsiasi
riferimento come, ad es., trovare la intera scheda corrispondente ad
una illustrazione indicata con didascalia concisa. Anche per questo
dettaglio insistei invano. Meno male che almeno lo spartito delle pagine
sin./des. in questo caso prevede un margine interno di uno spazio che
è la somma dei margini laterali. E' vezzo, invece, di molti graphic
designers di dare ai tre margini la stessa larghezza: avviene
quindi che in libri con un numero di pagine consistente si deve
squadernare il libro (rovinandolo) o rovinarsi gli occhi per leggere,
come avviene soprattutto nella saggistica e nella narrativa. Ciò dà
davvero fastidio e induce maledire editore e grafico.
Comunque, essendo
Gabriele Mucchi persona assai prolissa, teutonica per vocazione,
della genesi fino alla pubblicazione sia del Catalogo che –
soprattutto – del saggio di Carlo L. Ragghianti (il quale purtroppo
come gli capitava talora per i più svariati motivi era in ritardo
sui tempi previsti e/o stabiliti) chi ne avrà voglia – e la
pazienza – potrà esserne edotto percorrendo la cospicua
corrispondenza tra l'artista e noi Ragghianti archiviata a Lucca
presso la Fondazione Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti.
Qui, in appendice, mi è sembrato opportuno pubblicare almeno la
lettera del 19 novembre 1970 che Mucchi inviò a C.L.R. dopo il
ricevimento della tanto sospirata “Introduzione”.
F.R. (22 novembre 2018)
Libri illustrati
“Ma che cosa è questo
amore?” di A. Campanile ed. Dall'Oglio Milano, 1927
“12 pagine disegnate”
ed. Letizia Milano, 1936
“Parliamo tanto di me”
di C. Zavattini ed. Bompiani Milano, 1936
“I poveri sono matti”
di C. Zavattini ed. Bompiani Milano, 1937
“L'albero della
fantasia” di G.S. Ferrata ed. Vallardi Milano, 1941
“Gli sposi promessi”
di A. Manzoni ed. Bianchi e Giovini, 1943
“Gli sposi promessi”
di A. Manzoni ed. Muggiani Milano, 1944
“Sonetti e frammenti”
di Góngora ed. La Meridiana
Milano, 1948
“La
legione nera” di A. Maltz ed. Unità Milano, 1950
“Le
mondine di Sannazzaro” di G. Mucchi ed. Sociali Roma, 1951
“Sieben
grafischen Zyklen” ed. Verlag der Kunst Dresda, 1957
“Sizilianisches
Tagebuch” di H. Cibulka Mitteldeutscher Verlag Halle, 1960
“Umbrische
Tage” di H. Cibulka Mitteldeutscher Verlag Halle, 1963
“Ruderer
in der Nacht” di autori vari Verlag Volk und Welt Berlino, 1963
“Discoles
Nixtes” di Melpo Axioti ed. Kedros Atene, 1963
“Candido”
di Voltaire ed. Vangelista Milano, 1967
“Krach
in Chioggia” (Le Baruffe chiozzotte) di Goldoni ed. Henschel Verlag
Berlino, 1970
“Candido”
di Voltaire ed. Philip Reclam jr. Lipsia, 1971
Dei
libri illustrati da Mucchi successivamente al nostro Catalogo
elenco soltanto quelli a mia conoscenza:
“Mucchi”
cat. A cura di Dino Carlesi con 1+1 incisione originale. Livorno, Il
Fante di Picche, 1972
“Dall'elogio
della pazzia” di Gabriele Mucchi, con 7 acquaforti. Carlo e Fiore
editori, Venezia-Roma, 1977
“Les
fleurs du mal” di Baudelaire. Poesie scelte e tradotte da G:
Mucchi, con 7 acquaforti e acquetinte a colori, stampate da Giorgio
Upiglio. ed. Artes, Milano 1987
Postilla
Pubblicazioni varie
Der Querschnitt Berlino, 1929 p. VII, XII, 5
Omaggio a Scheiwiller ed. privata Milano, 1937
Poesie, di Sandro Penna ed. Parenti Firenze, 1939
Domus Milano, 1940
Primato Roma, 1941
Il Politecnico Milano, 1946
Calendario del Popolo, diretto da Giulio Trevisani Milano, 1947,48,49,50
L'Unità, quotidiano Milano, 1948
Milano Sera, quotidiano Milano
Calendario del Lavoratore Milano, 1950
Mucchi, cartella di 6 acquarelli, di M. De Micheli ed. Cooperativa Rinascita 1950
Frasi contadini di S. Croce di Carpi, cartella di 12 litografie Modena, Arti grafiche modenesi, 1952
Arta Zurigo, 1955
Verlag der Kunst, riproduzioni a colori in grande formato Dresda, 1957
Drawing New York, 1958
Grafik Lipsia, 1958
Neues Deutschland, quotidiano Berlino, 1965
Das Magazin Berlino, 1969
Vie Nuove, settimanale Milano, 1970
Arte e Resistenza ed. La Pietra Milano, 1970
Le tappe del rapporto
personale tra Aligi Sassu (1912-2000) e Carlo L. Ragghianti sono
semplici e lineari, occasionali ma cementate dal comune antifascismo
integro non sospinto da adesioni tardive convenienti. L'artista
d'altra parte è stato molto noto e pubblicizzato, grazie anche ad
Alfredo Paglione, un manager culturale che era anche suo cognato.
Perciò il percorso visivo che inizia – come di consueto in ogni
post della serie – con la scheda scritta da C.L.R., si svolge senza
bisogno di particolari interventi redazionali. Quindi brevi notazioni
di chiarimento ed orientamento qui anticipano le informazioni più
necessarie riguardanti i materiali riprodotti.
Dalla mostra antologica
del 1984 nel Palazzo Reale di Milano riportiamo il saluto del comune
compagno Sandro Pertini e il testo introduttivo di Carlo L.
Ragghianti. A questo volume hanno collaborato: Giuseppe Bonini (La
mostra, itinerari), Mario de Micheli (Le opere murali),
Franco Solmi (Scultura fiammeggiante), Alberico Sala
(L'attività di illustratore), Eleonora Frattarolo (Gli
scritti).
Il testo Intransigenza
visionaria di C.L.R. è pubblicato in “Critica d'Arte” (IV
serie, n.4, gen.-mar. 1985). Segue la lettera di Sassu del 27 agosto
1963 a “L'Espresso” in cui rivendicava la propria partecipazione
a “Corrente” e parte della secca risposta di Ragghianti. Nel 1967
(20 marzo) l'artista scrive al critico in merito alla storica mostra
di Palazzo Strozzi, cui C.L.R. risponde a tamburo battente (25
marzo).
Sassu il 2 aprile 1982 si
rivolge a Ragghianti chiedendogli la presentazione per una mostra e
R. risponde positivamente. Pone una condizione però: “Qualunque
editore mi va bene, salvo l'Electa editrice”.
Richiesta dovuta non a
qualche ripicca o risentimento ma per la contrarietà al monopolio di
fatto che in quel periodo esercitava la casa editrice, la quale agli
albori fu fiorentina. Però non ci fu niente da fare perché gli Enti
pubblici “aderivano” compatti e “volentieri” alla
fascinazione dell'Electa.
Nella lettera dell'11
ottobre 1983 l'artista mostra il proprio interessamento e simpatia
per l'allor giovane Fondazione Ragghianti di Lucca. Segue la pagina
del Catalogo Donazioni (vedi il nostro post del 25
settembre 2017). Il 7 ottobre 1984 di nuovo Sassu scrive a C.L.R. per
la mostra di Milano.
Questo post prosegue con
l'antologia di una ventina di dipinti, disegni e sculture di Aligi
Sassu. Dalla “scheda” del Catalogo Arte in Italia 1935-1955
(U.I.A., Firenze 1992, che ho visto su internet è ora distribuito da
Hoepli) riproduco solo due illustrazioni (la terza è già tra quelle
che qui riproponiamo) senza il testo “critico” di R. De Grada ma
con una nota che ne spiega il motivo.
Conclude questa rassegna
di opere di Aligi Sassu, un artista che merita tutta la fama che ha
ricevuto in vita grazie alla originalità e alla coerenza del suo
esprimersi, qualche immagine di sculture, con un breve testo di
Tullio d'Albisola – indubbio esperto di ceramiche – e le due
pagine che nel cataloghino postbellico (cioè di veste povera su
carta ancor più modesta) della C.A.D.M.A., un'associazione –
presieduta da C.L.R. e sorta su impulso di Max Ascoli – dedita alla
promozione dell'alto artigianato e dell'arte italiani negli Stati
Uniti d'America.
F.R. (26 ottobre 2018)
Nota.
Riproduco qui sotto dal catalogo
Arte in Italia 1935-55 le due pagine con le illustrazioni di dipinti
di Aligi Sassu. Non riporto, anche perché ripetitivo, il testo di
Raffaele De Grada, figlio del pittore ed esponente del P.C.I., già
deputato più volte. Non solo ripetitivo nella sovrabbondante
bibliografia dove compare un manifesto caso di discriminazione (non
elevabile a damnatio memoriae ma sgradevole, offensivo)
nei confronti di Carlo L. Ragghianti, un caso che da parte di un suo
partigiano durante la Liberazione di Firenze assume l'aspetto di un
atto di servile acquiescienza verso i notori denigratori di C.L.R.
e/o di vigliacca rivalsa nei confronti di un defunto.
Nella bibliografia della scheda, infatti, sono riportati sempre i curatori o gli autori: cioè – oltre se stesso – studiosi quali G. Ruggeri,
R. Barletta, S.
Giannattasio, B. Bellini, C. Gizzi (persone e critici però non
“luminari” quale il pur citato Argan. Invece la importante mostra
presso il Palazzo Reale di Milano (1984) viene citata come
antologica. Di Carlo L. Ragghianti e degli incolpevoli altri studiosi
collaboratori (S. Pertini – che non mi sembra uno da ignorare –
G. Bonini, M. De Micheli, F. Solmi, A. Sola, E. Frattarolo) non si fa
menzione, a differenza delle altre voci in bibliografia. Un lampante
caso di censura di stampo stalinista. Non mi meraviglio della
distrazione e della cialtroneria dell'Alfredo Righi, redattore del
catalogo, mi sorprendo – e non poco – del curatore dell'opera
edita dall'Universtità Internazionale dell'Arte di Firenze (fondata
da Ragghianti) Pier Carlo Santini, certo mai “cuor di leone”,
però …
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