Carlo e Licia

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mercoledì 5 dicembre 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 10. LEVI, MAFAI, RAPHAEL MAFAI (2 parte)





Sul rapporto intellettuale e amicale tra Mafai e Ragghianti segue l'esauriente rimembranza nella sezione intermedia di questo post dove è riprodotta la lettera testimoniale di C.L.R. dal Catalogo 1971 della Galleria Menghelli. Sul piano critico l'attenzione dello storico è precoce: nel 1936 su “Leonardo” (n.3, p.77), rivista diretta da Luigi Russo, in Indicazioni sulla pittura italiana contemporanea Ragghianti afferma: 



Nel 1937 su “La Critica d'Arte” (n.1, f. VII, feb.) nella relazione Antologia del disegno a Roma C.L.R. commenta in una dozzina di righe il testo che segue i disegni esposti:


Nel 1938 su “La Critica d'Arte” (n. 4-6, f. XVI-XVIII, p. XXIII) in Arte contemporanea in Italia ricordando l'esposizione a New York da parte della Galleria La Cometa di Roma dell'anno precedente Ragghianti sottolinea che la mostra era stata organizzata


e la presenza di Mario Mafai. Sempre nello stesso articolo della rivista (a p.XXXIV) il critico commenta il contributo dell'artista (illustrato con due dipinti) con le seguenti considerazioni:


La disamina dell'opera di Mafai da parte di C.L. Ragghianti prosegue col saggio pubblicato sul bollettino mensile della Galleria “L'Arcobaleno” (agosto 1939) di Venezia che riproduciamo integralmente grazie alle fotocopie inviateci gentilmente dalla Fondazione Ragghianti di Lucca.
Con l'illustrazione di una ventina di opere con pitture e disegni di Mario Mafai, salvo due suoi ritratti della moglie Antonietta Raphael accostati a due autoritratti coevi, proponiamo una sua antologia abbastanza esauriente. La scheda del catalogo “Arte in Italia 1935-1955”, redatta da Antonello Trombadori e Valerio Rivosecchi fa luce sul successivo periodo dell'attività di Mafai documentato con una dozzina di illustrazioni. Da notare che almeno 12 dipinti provengono dalla Collezione Alberto della Ragione che C.L. Ragghianti riuscì a far donare alla Città di Firenze e che dal 2006 sono esposti nel nuovo Museo del Novecento di Piazza S. Maria Novella a 150 metri dalla Stazione ferroviaria di Michelucci e altri valenti architetti.
Nel dopoguerra i contatti tra lo studioso e l'artista furono essenzialmente occasionali, e in Roma, anche se non infrequenti: la loro corrispondenza mi risulta attestata solo dal foglietto (che ho datato 1952 in base all'argomento) che riproduco qui sotto:



Forse nella nostra scelta illustrativa il periodo che va dalla metà degli anni Cinquanta alla morte di Mario Mafai (1965) è poco rappresentato. In proposito va però detto che i dipinti di quel decennio, pur essendo generalmente di ottima fattura espressiva e ricchi di adesione sentimentale, non sono coinvolgenti e storicamente innovativi come quelli precedenti.
F.R. (2 ottobre 2018)



























Dato che le regole sono destinate ad essere prima o poi eccepite, anche in questa serie di post dedicata agli artisti partecipanti alla mostra “Arte Moderna in Italia, 1915-1935” la cui scheda critica fu scritta da Carlo L. Ragghianti trova qui la sua eccezione con quella di Antonietta Raphaël. Constatato che il testo di C.L.R. (riprodotto nella sezione precedente di questo post) riguardava entrambi i coniugi Mafai, anche se era dedicato ad Antonietta, e soprattutto tenendo presente che il coniugio tra di loro era oltre che familiare profondamente intellettuale ed artistico, dividere Raphaël e Mafai soltanto perché la loro scheda è stata scritta da due critici diversi non mi è sembrato giusto né logico.
Perciò, confidando che l'anima nobile non aliena da cristiana misericordia di Antonello Trombadori (il quale – tra parentesi – era sinceramente affezionato a mio padre e che ha sempre sofferto nei suoi confronti per la dicotomia ideologica che l'obbligava a considerarlo avverso) non se l'avrà a male se mi sembra meglio posizionare in questo post il suo scritto sulla Raphaël.
Delle 42 illustrazioni che seguono le prime tre sono autoritratti, poi due ritratti dipinti dal marito, quindi 13 tra sculture, dipinti e disegni fino al 1935. La scheda sull'artista nel Catalogo “Arte in Italia, 1935-1955”, scritta anch'essa da Antonello Trombadori con la collaborazione di Valerio Rivosecchi, è riprodotta a complemento di quella 1915-35. Seguono due autoritratti e un'immagine dell'artista mentre scolpisce tratta dalla copertina della monografia che le dedica Valentino Martinelli (De Luca, Roma in data imprecisata tra il 1958 e l'inizio dei Sessanta).
Concludono la rassegna visiva oltre 19 opere della Raphaël, tra cui la poco nota scultura che ella donò a C.L. Ragghianti (marmo con sapienti venature – esposto col titolo Partigiana torturata, 1942, e riprodotta col n.511 nel corposo e solenne libro Arte della Resistenza, 1922-1945, Edizioni La Pietra, Milano 1970 (in coedizione internazionale del 1968 di una mostra itinerante di cui Bologna fu la “tappa” italiana). Purtroppo io non conobbi che marginalmente questa notevolissima artista dalla straordinaria personalità durante l'inaugurazione della Mostra fiorentina presso Menghelli e successivamente durante la sua lunga visita ai miei genitori partecipai solamente alla cena perché trattenuto in Vallecchi da insulsi lavori di routine irricusabili dato che ero ancora in prova per l'assunzione. Le sorelle mi sembra non abbiano un ricordo particolarmente partecipe di questa circostanza. Invece a quel che ricordo per mia madre Licia, che di Raphaël aveva fino ad allora una conoscenza superficiale ed ufficiale durante il 1945 a Roma, l'incontro fu significativo sia perché entrambe madri con propria impegnativa e assorbente professione, sia perché entrambe in qualche modo straniere in Italia (quella prevalente, profonda, volgare e poco civile), sia perché sposate con uomini non comuni, straordinari nel loro operare creativo, e sia per le affinità “elettive” che talora avvengono tra persone. Lo mostra la breve lettera che Collobi ricevette da Raphaël, che qui riproduco.

Conclude la scheda un testo redazionale in occasione della mostra al P.A.C. di Milano e un'intervista fatta da Giulia Massari a alla figlia Miriam Mafai (“il Giornale, 22 settembre 1985), altra forte personalità degna di sua madre che a proposito del rapporto tra i suoi genitori ancora non tali e giovani dice una cosa, a mio avviso strepitosa, cioè che sua madre “si impadronì di Mafai”.
Questa fulminea notazione di stampo manzoniano, fa il pari con una frase dell'unica intervista catturata, lei inconsapevole, a mia madre (convalescente dal femore rotto e semi cieca per le cateratte) in cui dichiara con voce arrochita e tesa ad Amintore Fanfani nello studio di Carlo L. Ragghianti defunto, mentre i portantini si avviano a portar via la bara: “Questa volta non sono riuscita a trattenerlo!”. Due donne senza le quali quei due uomini non sarebbero stati tali, ma soltanto ordinari o poco più, due donne che erano la loro famiglia.
F.R. (5 ottobre 2018)





















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