Questa è la seconda
volta che nel nostro blog ricordiamo la Liberazione di Firenze
avvenuta l'11 agosto 1944 in seguito all'insurrezione armata
proclamata dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale,
spontaneamente partecipata dai fiorentini “di qua d'Arno”
occupato dai tedeschi e dai loro scherani repubblichini. Abbiamo
commemorato allora questo importante episodio storico caratterizzato
– come Napoli nel novembre 1943 e Parigi qualche giorno dopo
Firenze – dall'insurrezione della popolazione che si è così
affrancata prima dall'intervento delle truppe Alleate, nel post Ponte
a S. Trinita, 1 – al lettore (11 agosto 2017) cui seguirono le
altre tre parti dell'omonimo libro di Carlo L. Ragghianti (Vallecchi
editore, Firenze 1948). Di fatto nel frontespizio intitolammo questa
prima parte Firenze insorge!, perché quel commosso e
commovente resoconto delle vicissitudini toscane e della capitale è
dedicato “ai compagni caduti per Firenze”, che furono oltre
duecento tra i combattenti partigiani, come per tanti anni dopo
testimoniarono le candide croci allineate per file solenni nel
Giardino dei Semplici, visibili lungo Via Lamarmora per 300 metri a
ricordo dei nostri caduti per la libertà.
Considerando che sono
molti gli 11 agosto 1944 ai quali C.L.R. ha partecipato con
dichiarazioni, considerazioni storiche e come testimone o per forza
di cose coinvolto nella ricorrenza della Liberazione della città,
saranno non pochi i post su questo argomento che riporteremo.
Probabilmente ciò accadrà non solo nella data canonica ma anche in
altri momenti dell'anno: ciò anche tenendo conto dell'età di chi
scrive e del tempo statisticamente a sua disposizione. Comunque
nell'odierno anniversario e in ogni altra occasione sarà anche
ricordato l'eroismo dei cittadini di Firenze, una volta tanto degni
davvero dei momenti gloriosi del loro passato. Altro motivo per
rievocare oggi 74° anniversario il nobile avvenimento è pro domo
nostra il sottolineare il ruolo di comando politico e militare di
nostro padre nella preparazione e nella quotidianità clandestina,
nella guida politica dell'insurrezione – sia prima che dopo
l'intervento militare alleato – e del successivo autogoverno
toscano rivoluzionario e democratico fino alla normalizzazione
monarchica e alle conseguenze della spartizione del mondo in zone di
influenza. Opportuni questi post anche per riequilibrare e
smascherare distorsioni e certe falsificazioni vere e proprie da
parte di una storiografia settaria, acquiescente nei confronti dei
personaggi e partiti di cui, anche con il nostro minuscolo
contributo, si riuscirà lentamente ma sicuramente a ridimensionare
lo storytelling diffuso già dal 1944, concependo fraudolentemente
notizie e dati distorti o falsi, utili per le proprie (per altro
riuscite, e se ne vedono le conseguenze oggi nei loro eredi, carriere
politiche o per la propria fazione).
Un caso esemplare è
quello di questa lettera indirizzata al direttore de “La Nazione”
per rettificare “alcune inesattezze”, come – benevolmente direi
– scrive mio padre.
All'epoca il direttore del quotidiano fondato da Bettino Ricasoli era il filosofo e giornalista Pànfilo Gentile (1899-1971), liberale ma non retrivo, già buon conoscente di C.L.R., del quale ci occuperemo più diffusamente in occasione di un post in preparazione dedicato alla pubblicazione di un saggio del Gentile su “Critica d'Arte”. Come prova delle
asserzioni di Carlo L. Ragghianti nella lettera a “La Nazione”
riporto la testimonianza che lo storico e giornalista Ugo Cappelletti
(omonimo della medaglia d'oro al valore militare per il colpo di
Zurigo del 1917, fraterno amico di nostro nonno Alberto Collobi fin
da giovane; caro ai miei genitori) rese nel necrologio che firmò per
“La Nazione” l'11 agosto 1987, otto giorni dopo la morte di
C.L.R., il primo presidente del Comitato Toscano Liberazione
Nazionale, da considerare storicamente cioè il primo presidente
della Regione Toscana. Questo, ovviamente e per ora, secondo la mia
personale interpretazione politica della nostra storia regionale. Lo
scritto di Cappelletti è stato qui già pubblicato nel post Elogi
funebri, ricordi, resoconti (31 dicembre 2017), però in questa
sede lo reputo essenziale e poi … repetita juvant, come dico
spesso a mia nipote, che si arrabbia.
Con lo storico Ugo
Cappelletti (di cui intendo leggere i libri su questo argomento) in
precedenza si era verificato un altro caso di “inesattezze che
sarebbe stato desiderabile evitare” in occasione della rievocazione
su “La Nazione” del 30mo anniversario della Liberazione di
Firenze. Il 13 agosto 1974 Ragghianti perciò scrisse al giornalista,
che non conosceva di persona, la lettera dal tono bonario (perché
evidente la bona fides dell'autore) che riproduciamo dopo il
necrologio. Da notare che l'anniversario del 1974 – sul quale
ritorneremo documentariamente in altra circostanza – ebbe una
risonanza anche mediatica maggiore della solita manifestazione in
Piazza dell'Unità d'Italia con squallide comparsate di compunte
autorità (di cui in molti casi mi permetto di sospettare che
l'antifascismo non fosse sincero). Grazie all'ex partigiano Elio
Gabbuggiani (1925-1999), presidente del Consiglio Regionale, fu
organizzata allo Stadio Comunale una cerimonia abbastanza imponente
nella quale a Ragghianti nuovamente fu riconosciuto in pubblico il
ruolo importante del suo passato resistente e partigiano, direi di
simbolica continuità con la rivoluzionaria insurrezione del 1944.
Simbolico, emblematico il ruolo perché il rilevante fatto storico –
come sopra già detto – dimostrò e sottolineò per la prima volta
in Italia e forse in Europa l'autonomia non gregaria della lotta
partigiana e la legittimità della propria liberazione da parte di un
popolo oppresso che si redime anche dalle proprie acquiescenze e
dalle proprie complicità con il regime fascista di Mussolini e del
suo complice, Re Sciaboletta.
F.R. (3 agosto 2018)
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