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sabato 11 agosto 2018

Firenze, 11 agosto 1944 - 2

Questa è la seconda volta che nel nostro blog ricordiamo la Liberazione di Firenze avvenuta l'11 agosto 1944 in seguito all'insurrezione armata proclamata dal Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, spontaneamente partecipata dai fiorentini “di qua d'Arno” occupato dai tedeschi e dai loro scherani repubblichini. Abbiamo commemorato allora questo importante episodio storico caratterizzato – come Napoli nel novembre 1943 e Parigi qualche giorno dopo Firenze – dall'insurrezione della popolazione che si è così affrancata prima dall'intervento delle truppe Alleate, nel post Ponte a S. Trinita, 1 – al lettore (11 agosto 2017) cui seguirono le altre tre parti dell'omonimo libro di Carlo L. Ragghianti (Vallecchi editore, Firenze 1948). Di fatto nel frontespizio intitolammo questa prima parte Firenze insorge!, perché quel commosso e commovente resoconto delle vicissitudini toscane e della capitale è dedicato “ai compagni caduti per Firenze”, che furono oltre duecento tra i combattenti partigiani, come per tanti anni dopo testimoniarono le candide croci allineate per file solenni nel Giardino dei Semplici, visibili lungo Via Lamarmora per 300 metri a ricordo dei nostri caduti per la libertà.
Considerando che sono molti gli 11 agosto 1944 ai quali C.L.R. ha partecipato con dichiarazioni, considerazioni storiche e come testimone o per forza di cose coinvolto nella ricorrenza della Liberazione della città, saranno non pochi i post su questo argomento che riporteremo. Probabilmente ciò accadrà non solo nella data canonica ma anche in altri momenti dell'anno: ciò anche tenendo conto dell'età di chi scrive e del tempo statisticamente a sua disposizione. Comunque nell'odierno anniversario e in ogni altra occasione sarà anche ricordato l'eroismo dei cittadini di Firenze, una volta tanto degni davvero dei momenti gloriosi del loro passato. Altro motivo per rievocare oggi 74° anniversario il nobile avvenimento è pro domo nostra il sottolineare il ruolo di comando politico e militare di nostro padre nella preparazione e nella quotidianità clandestina, nella guida politica dell'insurrezione – sia prima che dopo l'intervento militare alleato – e del successivo autogoverno toscano rivoluzionario e democratico fino alla normalizzazione monarchica e alle conseguenze della spartizione del mondo in zone di influenza. Opportuni questi post anche per riequilibrare e smascherare distorsioni e certe falsificazioni vere e proprie da parte di una storiografia settaria, acquiescente nei confronti dei personaggi e partiti di cui, anche con il nostro minuscolo contributo, si riuscirà lentamente ma sicuramente a ridimensionare lo storytelling diffuso già dal 1944, concependo fraudolentemente notizie e dati distorti o falsi, utili per le proprie (per altro riuscite, e se ne vedono le conseguenze oggi nei loro eredi, carriere politiche o per la propria fazione).
Un caso esemplare è quello di questa lettera indirizzata al direttore de “La Nazione” per rettificare “alcune inesattezze”, come – benevolmente direi – scrive mio padre. 
All'epoca il direttore del quotidiano fondato da Bettino Ricasoli era il filosofo e giornalista Pànfilo Gentile (1899-1971), liberale ma non retrivo, già buon conoscente di C.L.R., del quale ci occuperemo più diffusamente in occasione di un post in preparazione dedicato alla pubblicazione di un saggio del Gentile su “Critica d'Arte”. Come prova delle asserzioni di Carlo L. Ragghianti nella lettera a “La Nazione” riporto la testimonianza che lo storico e giornalista Ugo Cappelletti (omonimo della medaglia d'oro al valore militare per il colpo di Zurigo del 1917, fraterno amico di nostro nonno Alberto Collobi fin da giovane; caro ai miei genitori) rese nel necrologio che firmò per “La Nazione” l'11 agosto 1987, otto giorni dopo la morte di C.L.R., il primo presidente del Comitato Toscano Liberazione Nazionale, da considerare storicamente cioè il primo presidente della Regione Toscana. Questo, ovviamente e per ora, secondo la mia personale interpretazione politica della nostra storia regionale. Lo scritto di Cappelletti è stato qui già pubblicato nel post Elogi funebri, ricordi, resoconti (31 dicembre 2017), però in questa sede lo reputo essenziale e poi … repetita juvant, come dico spesso a mia nipote, che si arrabbia.
Con lo storico Ugo Cappelletti (di cui intendo leggere i libri su questo argomento) in precedenza si era verificato un altro caso di “inesattezze che sarebbe stato desiderabile evitare” in occasione della rievocazione su “La Nazione” del 30mo anniversario della Liberazione di Firenze. Il 13 agosto 1974 Ragghianti perciò scrisse al giornalista, che non conosceva di persona, la lettera dal tono bonario (perché evidente la bona fides dell'autore) che riproduciamo dopo il necrologio. Da notare che l'anniversario del 1974 – sul quale ritorneremo documentariamente in altra circostanza – ebbe una risonanza anche mediatica maggiore della solita manifestazione in Piazza dell'Unità d'Italia con squallide comparsate di compunte autorità (di cui in molti casi mi permetto di sospettare che l'antifascismo non fosse sincero). Grazie all'ex partigiano Elio Gabbuggiani (1925-1999), presidente del Consiglio Regionale, fu organizzata allo Stadio Comunale una cerimonia abbastanza imponente nella quale a Ragghianti nuovamente fu riconosciuto in pubblico il ruolo importante del suo passato resistente e partigiano, direi di simbolica continuità con la rivoluzionaria insurrezione del 1944. Simbolico, emblematico il ruolo perché il rilevante fatto storico – come sopra già detto – dimostrò e sottolineò per la prima volta in Italia e forse in Europa l'autonomia non gregaria della lotta partigiana e la legittimità della propria liberazione da parte di un popolo oppresso che si redime anche dalle proprie acquiescenze e dalle proprie complicità con il regime fascista di Mussolini e del suo complice, Re Sciaboletta.

F.R. (3 agosto 2018)









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