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mercoledì 16 maggio 2018

Arti della visione - progetto rubrica TV 1979




Tra le numerose iniziative e proposte di operatività e promozione culturale, soprattutto tra quelle circoscritte alle arti figurative, di cui è stato fautore o partecipe programmatico Carlo L. Ragghianti vi è anche il progetto di questa “curiosa” trasmissione televisiva dedicata alle arti della visione (1979).
Benché all'epoca per motivi di lavoro, fatta eccezione per la redazione e la realizzazione di “Critica d'Arte” e dell'allegato “SeleArte”, fossi talmente occupato (pur vivendo in un autonomo spazio abitativo della casa dei genitori) da non poter partecipare come in precedenza alla vita quotidiana della famiglia, né poter aiutare e sgravare il babbo e la mamma. Di conseguenza mi sfuggirono i presupposti e i precedenti di questa iniziativa già avviata e sviluppata. Comunque, dato il tono e l'andamento “ufficiale” della relazione, penso che C.L.R. fosse stato coinvolto sulla scia di suoi precedenti progetti (Università dello Spettacolo, solo per fare un esempio) e del suo costante interesse per gli sviluppi del mezzo televisivo e delle comunicazioni di massa connessi a ricadute locali piuttosto vivaci e concrete. Dell'interlocutore di R., Fulvio Janovitz, attivo proprietario di “Canale 48”, sapevo chi si professava “crociano” ed amico e sodale di Alfredo Parente, allora ideatore e direttore di “Rivista di studi crociani”; dalla stampa e dalle chiacchiere ambientali mi risultava fosse un pubblicitario e imprenditore di un sistema di “slides” trasmesse nelle sale cinematografiche durante gli intervalli. Il suo maggior successo era questa emittente locale, una delle più attive ed organizzate nel ricco “far west” iniziale della diffusione televisiva privata a Firenze e in Toscana. La sua ambizione era di primeggiare nella confezione dei prodotti “originali”, più curati artigianalmente e professionalmente  di quelli della concorrenza. Sapevo anche che era un “simpatizzante” dell'ambiente repubblicano preistorico (come lo definiva C.L.R.) con derive lamalfiane (più spadoliniane, però mi pare pensassi all'epoca osservando il taglio delle tematiche giornalistiche e quello sociale delle trasmissioni autoprodotte); aveva il J. anche robusti agganci col
liberalismo corrente, cioè di basilare derivazione più malagodiana tramite la deriva liberista di Einaudi. Non escluderei vicinanze o simpatie con gli ambienti massonici (pare che allora a Firenze fossero 12.000!), tant'è che sia in precedenza che successivamente quando mi trovai disoccupato evitai il più possibile di rivolgermi a quei settori perché – doddo sì, bischero no – ne avevo piene le tasche di sentirmi dire “Peccato mi/ci dispiace tanto! Lei è troppo qualificato per le nostre esigenze...”; oppure come quando assieme al mio socio ed amico Adriano Gasparrini capitò di essere dissezionati dallo staff e dalle proprietà di Giunti editore perché rivelassimo loro i nostri presunti assi nella manica, cui rispondemmo che se li avessimo avuti non ci saremmo certo recati lì.
Per tornare e terminare con lo Janovitz e col suo ambiente, ricordo collegamenti con il nucleo “preistorico” di Menotti Riccioli (un vecchio macchiettone che come assessore di La Pira sposò Anita Eckberg con “rito mazziniano”!) rappresentato da Lando Conti, una pomposa nullità martirizzata dalle Brigate Rosse, e per “li rami” a quel settore fiorentino di cui è espressione di spicco Denis Verdini.
Dopo questa senile divagazione, della proposta di Ragghianti a Canale 48 non se ne fece nulla vuoi perché per quella gente la mancanza di un visibile profitto (“la rubrica dovrà essere totalmente disinteressata” scrive C.L.R., non incauto, direi provocatorio), vuoi perché l'emittente fu venduta a S. Berlusconi, di cui son fin troppo noti i gusti e le preferenze tematiche da diffondere tramite la TV: inglobò nel suo “impero” ciò che ritenne produttivo e redditizio (compresa tra il personale dipendente la allora giovane Cesara Buonamici) e della rubrica “Arti della visione” non si parlò più. Né se ne potrebbe operativamente parlare oggi dove la ingerenza politica nella vita associativa e culturale si fa sempre più schiacciante, dove i concetti di disinteresse e di bene comune (cioè di tutti, nessuno escluso preventivamente) sono, più che tabù, inconcepibili come per Cetto La Qualunque compilare la ricevuta fiscale.
F.R. (5 febbraio 2018)

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