Carlo e Licia

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sabato 31 marzo 2018

Eliseo Vivas

Non foss'altro che per aver scritto Contra Marcuse (1971), questo pensatore sudamericano (Colombia e Venezuela), formatosi però culturalmente negli U.S.A., gode di tutta la mia simpatia, suffragata da stima nei confronti di un intellettuale pervicacemente coerente alla propria eticità incorrotta, cioè ad una qualità sempre più rara e sempre meno apprezzata. Coraggioso, infine, quanto basta per sfidare nel potente agone accademico statunitense Herbert Marcuse, marxista approssimativo e infedele, così come tanti dei nostrali sedicenti comunisti finiti prima o poi filo Berlusconiani o tornati ambigui cattolici, e presuntuoso tanto da sembrare un'ennesima grottesca imitazione del rospo che tenta di farsi toro.
Premessa questa nota di simpatia va comunque ricordato che Eliseo Vivas ha espresso anche una concezione critica che, contrapponendosi al cosidetto “naturalismo” di John Dewey – studioso che C.L. Ragghianti ha sempre stimato moltissimo –, lo ha portato a concludere il proprio percorso intellettuale in regressione, con punte francamente conservatrici, anche socialmente e politicamente.
Debito è, a questo punto, giustificare perché si toglie dall' “oblio” questo personaggio che comunque rimane un pensatore interessante, non caudatario né conformista.
Da un lato m'ha colpito, mentre cercavo di informarmi su di lui, che su Internet – almeno a livello mio di capacità navigatorie – c'è una marginale presenza del Vivas, ricordato nelle prime schede presenti su Google con una sostanziale stroncatura (supponente) in favore dei sociologismi di importazione germanica ancor dominanti nell'accademismo universitario nord americano. Quindi il motivo di questa “riesumazione” lo trovo soltanto nella lettura delle pagine su e di costui pubblicate da C.L. Ragghianti e Vittorio Stella.
D'altro canto più che giustificare cerco di capire perché mio padre, dopo la sua recensione piuttosto limitativa a The Problems of Aesthetics (1953) comparsa in “Critica d'Arte” (n-8, marzo 1955), che riproduciamo come primo documento, abbia voluto chiedere a Stella di recensire la traduzione del volume Creazione e scoperte. Saggi di critica e di estetica (Creation and Discovery, 1955) edito il Italia da “Il Mulino”. Si vedano in proposito le lettere a Ragghianti del 27.1.1959, 14.2.1959, 10.6.1959. [Parenteticamente: nella copia nel nostro studio-Archivio della corrispondenza tra i due si nota l'assenza di varie lettere citate di R. a S. . Se così fosse anche nell'Archivio conservato a Lucca, sarebbe bene provvedere ad una ricerca tra le carte lasciate da Stella, morto qualche anno fa]. Comunque non voglio indagare ulteriormente e trarre conclusioni, anche perché questa vicenda mi sembra appropriata per essere approfondita da qualche giovane studioso di stampo accademico.
Il secondo documento che mi pare opportuno riproporre riguarda proprio il libro di cui C.L.R. chiede a Stella un'analisi critica e da cui R., successivamente, pubblicherà due estratti (che riportiamo a conclusione del post) su “SeleArte” (n.75, lug.-sett., pp.26-31; n.76, ott.-dic. 1965, pp. 70-75). La risguardia di questo volume Creazione e scoperta dichiara che nell'Autore l' << interesse per l'estetica nacque da alcune convinzioni che trentacinque anni di studio hanno confermato e chiarito>>. Essenzialmente si tratta di quattro argomentazioni:
"La prima è che l'arte non è puro ornamento della vita umana, né un'attività il cui fine sia il piacere, né una terapia di cui si possa facilmente trovare un surrogato, bensì un fattore indispensabile nel trasformare l'uomo animale in una persona umana. Una seconda è che il suo giusto uso può essere scoperto mediante un'analisi dell'opera d'arte, come incorporamento di significati e di valori oggettivi. Una terza, che non è possibile comprendere oggettivamente l'opera d'arte se non si tiene conto dell'atto che la crea e della particolare esperienza che la coglie. Una quarta, che la prova della validità di una teoria estetica è la sua adeguatezza a tutti questi fattori nel loro insieme ".
Da notare al terzo punto un concetto non distante dalla “scoperta” di C.L. Ragghianti circa il FARE nell'opera d'arte da parte dell'artista. La bandella editoriale si chiude con questa osservazione:


"il lettore troverà in questo libro una vera e propria informazione e documentazione relativa a teoria estetiche e a metodi critici che troppo sovente sono sfuggiti alla cultura italiana". 

Ben detto, perché storicizzando lo stato degli studi e della cultura in Italia – tutto sommato abbastanza coeso (seppur timidamente) sotto il Fascismo facendo riferimento a Benedetto Croce – dal dopoguerra si stava sfilacciando: l' “idealismo” crociano era aggredito, quasi vilipeso e il conformismo editoriale dava ampia diffusione e credito ai marxismi alla Lukàcs e ai sociologismi alla Hauser, tacendo qui di altre manifestazioni sia di importazione sia di elucubrazione nazionale.
Finalmente nel 1959 su “Critica d'Arte” (lug.-ago., n.34, pp.265-272) compare il saggio Critica estetica in Eliseo Vivas del compianto e sottostimato Vittorio Stella (1922- ), che riproduciamo e nel quale alla nota n.1 si traccia un essenziale profilo biografico e critico dello studioso americano.
Dall'Archivio di famiglia recupero, quindi, un appunto in fotocopia, in parte dattiloscritto e in parte a penna, risalente al 1964 e conservato a suo tempo all'interno del volume del Vivas, restituito a C.L.R. da Stella e custodito adesso alla Fondazione di Lucca. Per stendere questo post ne ho acquistato su ebay una copia nella quale, in effetti, ho constatato l'esattezza di quanto rimarcato da mio padre e da Stella circa le pecche della traduzione. Da questo appunto (bruscamente interrotto nella battitura a macchina) mi sembra di poter dedurre che C.L.R. volesse sviluppare un intervento di cui almeno io non ho elementi sufficienti per fare valide ipotesi. Speriamo che il finalmente ordinato Archivio lucchese contenga ancora qualche sorpresa al riguardo.
Da Creazione e scoperta, pubblicato da “Il Mulino” nel 1958, sono infine tratti i due testi che Ragghianti volle diffondere con “SeleArte” (Che cosa è la poesia?, n.75, 1965, pp.26-31; Che cos'è l'arte?, n.76, 1965, pp.70-75) perché scritti con chiarezza e accessibilità di linguaggio, dati che caratterizzano la migliore tradizione anglosassone. Naturalmente i contenuti elaborati da Eliseo Vivas non coincidono con i raggiungimenti del pensiero estetico di Ragghianti già all'epoca ben delineato e consolidato, ne possono però essere un utile contributo, soprattutto se considerati propedeutici ad una disintossicazione dalle prevalenti concezioni teoriche preesistenti e da quelle promosse dall' “industria culturale”, cioè da un'editoria quantitativa e sempre bisognosa di nuova “merce” da divulgare indiscriminatamente.

Mi risulta (però non ne ho certezza) che dal n.40 di “SeleArte” fu stampata anche in un'edizione internazionale su carta patinata destinata agli abbonati esteri paganti e agli omaggi internazionali (qualificati, prestigiosi per lo più) della Società Olivetti. Questa tiratura conteneva un allegato stampato su carta verde nel quale era riportati in Francese, Inglese, Tedesco e Spagnolo le traduzioni dei riassunti degli articoli e dei principali argomenti trattati in ciascun numero della rivista. Riguardo ai due estratti dal libro di Vivas, che Ragghianti volle pubblicare su “SeleArte”, ho pensato, dato l'argomento, di proporre anche i rispettivi riassunti di Che cosa è la Poesia? e Che cos'è l'Arte? Facendoli tradurre in italiano dal francese da mia sorella Rosetta, perché gli originali scritti dai coniugi Ragghianti (in questo caso Carlo) sono andati perduti nelle vicissitudini dei traslochi dei nostri uffici.

F.R.


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