Carlo e Licia

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giovedì 5 ottobre 2017

“Sulle mura / Frontiere dell'arte". Costretti al silenzio.

Peccato. Appena ricevuto il Catalogo “Sulle mura/ frontiere dell'arte/ Disseminazioni/ L'arte in città” di una impegnativa manifestazione espositiva avvenuta sotto l'egida della Fondazione intitolata ai genitori Ragghianti, e, dopo una prima veloce scorsa all'apparato illustrativo, ho pensato di farne una recensione dato l'indubbio interesse di quanto – e come – esposto in luoghi tra i più suggestivi della affascinante città di Lucca. Subito dopo, nel controfrontespizio, leggo: “Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, o altro senza l'autorizzazione scritta del proprietario dei diritti e dell'editore”. Si tratta di una dichiarazione intimidatoria e confusa: certo l'editore è uno soltanto, ma il “proprietario” citato? Se è uno solo ci troviamo di fronte ad una operazione promozionale ai fini di privato profitto. Altrimenti per i terzi (studiosi o altro) diviene ulteriormente umiliante il dover chiedere persino a chi chiedere il diritto di relazionare, di fare informazione circa opere d'arte esposte in pubblico (e gratuitamente, si suppone). Oltre che intimidatoria, la dichiarazione è inaccettabile. Se non altro perché questo blog riconosce i principi del copyleft, cioè accetta che i propri materiali possano essere riprodotti a patto di citare la fonte, di non usarli per fini commerciali, di essere utilizzati integralmente o citati in maniera non distorsiva del loro significato originale. La cultura, come la musica e le immagini soprattutto, esistono solo se conosciute, diffuse. Diversamente il sapere diviene esclusiva disponibilità elitaria, censitaria. E' ovvio che bisogna pagare un originale, sia esso libro, cartolina, manifesto, cd, filmato quale ne sia il supporto. Ma la tramitazione, la diffusione non ingiuriosa, offensiva o infamante deve poter essere gratuita, soprattutto quando chi la fa non ne ha tornaconto. Ogni onesta e “lecita” diffusione diviene anche una forma di propaganda, di reclame, quindi un elemento altamente positivo per chi è coinvolto in un evento, chi ha creato 
un'opera d'arte. In conclusione relazionando si rende un servizio gratuito che diversamente sarebbe stato oneroso. Sia chiaro che questo blog non ha pregiudizio, e tanto meno risentimento, nei confronti della Fondazione e di chi ci svolge la propria attività. L'Ente e le persone in esso implicate si trovano ad operare, come tutti i lavoratori dipendenti, in situazioni che possono risolversi in modus operandi concepito sostanzialmente secondo una logica hobbesiana: chi detiene il potere (i soldi) può fare e far fare quello che vuole e il risultato finale deve rispondere soltanto alla loro vanagloria (anche se, come quasi sempre, si tratta di personaggi incompetenti nello specifico). Pertanto una minuscola organizzazione come la nostra, che raggiunge un pubblico ignoto ma – quando non puramente casuale – certamente interessato, qualificato o intenzionato a diventarlo, non ha i mezzi per gestire e tanto meno il tempo di piatire autorizzazioni. Purtroppo nemmeno abbiamo le qualità, la spavalderia di Carlo L. Ragghianti, il quale rifiutò di piegarsi a richieste di indebiti (secondo lui, e noi, ovviamente) diritti d'autore. Anzi minacciò di escludere i detentori (artisti come Picasso … ) da “SeleArte” se avessero proseguito nei loro intenti di sopraffazione nei riguardi della diffusione della cultura. Avvenne, quindi, che “SeleArte” e “Critica d'Arte” pubblicarono sempre quel che vollero e nessuno osò accampare pretese economiche al riguardo. Noi purtroppo, non abbiamo l'autorevolezza né la forza di carattere di C.L.Ragghianti. Perciò, in circostanze che presentassero analogie con quelle suddette, saremmo (e in questo caso preventivamente lo siamo) costretti a subire queste imposizioni che sono legali ma illegittime, come per altro lo sono tante leggi, tanti regolamenti e altro di questo e di ogni altro Stato, sia esso democratico, autoritario, totalitario. Quindi, almeno in via ordinaria, tacere l'evento o l'opera singola, là dove indotti da ingiuste od inique circostanze.
F.R.

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