Carlo e Licia

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lunedì 3 luglio 2017

Fernando Farulli e i Ragghianti

Da più di diciotto anni, ogni mattina scendendo le scale che dalla camera da letto portano allo studio, il mio sguardo è catturato e saturato dall'inquietante e drammatica “Natura Morta Algerina” (1962); ogni sera salendo le stesse scale per andare a dormire il mio sguardo è catturato e saturato dall'imponente e straordinaria “Natura morta con sedia” (1964). Sono due capolavori del pittore Fernando Farulli, che non ho dubbi nel considerare le due più belle opere sue tra quelle guardate di persona e tra quelle viste in riproduzione. Questa privilegiata consuetudine mi ha indotto a scegliere adesso Farulli per la serie di rievocazioni che postiamo nel nostro blog “Ragghianti e Collobi”, la cui sequenza è in parte volutamente asistematica. Preparando i materiali da utilizzare, scopro che all'inizio di febbraio è ricorso il ventesimo dalla morte di questo artista che, stante il divario di età, non posso definire un amico, però posso considerarlo una gradita e significativa presenza nella mia infanzia e dall'adolescenza alla gioventù. Nel dopoguerra, come diversi altri artisti, Farulli ebbe lo studio nelle “soffitte” di Palazzo Strozzi, di conseguenza la sua presenza nei locali del sottostante Studio Italiano di Storia dell'Arte prima poi de “La Strozzina” per incontrare amici come Righi, Santini, Federici, Forti, Savanuzzi, Parronchi, nonché talvolta Carlo L. Ragghianti era frequente. Così altrettanto frequente era la mia presenza per cui (oltre andare ad incontrare il babbo, o al 
Vieusseux per prendere libri da leggere o perché, in giro per la città, non avevo voglia di tornare a casa) mi trovavo spesso e volentieri ad assistere alle vivaci discussioni tra quei giovani intellettuali e Farulli o altri loro amici artisti. Grazie all'ineffabile Alfredo Righi, segretario di Ragghianti dal 1946 al 1954, quando egli andò ad Ivrea a fare il funzionario del Movimento di Comunità di Adriano Olivetti, ricordo almeno due circostanze piuttosto curiose circa i miei rapporti con Farulli. Allora Righi abitava con la madre ed il di lei bonario compagno di cui mi sfugge il nome, all'inizio di Borgo S. Jacopo sulla sinistra, subito dopo l'edificio della scuola magistrale Capponi, all'ultimo piano di una casa al cui piano terreno c'era una spelonca (già deposito di carbone?) adibita a trattoria, sudicia e specializzata in cibi plebei quali salsicce con fagioli, che però frequentai – poco – da studente universitario. La vista dall'altana di quell'abitazione praticamente affacciata sull'Arno era, come oggi si dice abusandone, davvero “mozzafiato”. Lì Alfredo organizzò una burla ai danni della nonna materna un po' “tocca”, molto petulante e furba come una faina, la quale si comportava altezzosamente con i familiare perché era stata a servizio (e non solo quello, mi parve di capire) di un noto principe siculo. Lo scherzo consisteva nel gabellare un “attore” fatto passare per principe toscano omaggiato dalla famiglia – così nobilitata – e dai suoi amici più fidati ed “illustri”.


Siccome penso che al “barone” Lo Vullo l'Afredo non avrebbe osato chiederlo e il “principe” Gherardini avrebbe sdegnosamente rifiutato, la proposta si ripiegò su di me. Perciò, penso fosse domenica, vestito al meglio, da dodici-tredicenne veramente incosciente mi presentai accolto da una congrega festante tra cui ricordo Farulli per l'altezza e l'esuberanza, Tirinnanzi per l'inconfondibile vocione, il fratello geometra di Alfredo, simpatico caciarone e pupillo della nonna perché proprio un bel ragazzo, il melanconico Federici, il provveditore agli studi (allora a Padova) Marcello Tarchi affetto da un curiosissimo tic d'intercalare nel parlare, e tre o quattro altri sodali righiani che non ricordo. C'erano anche alcune ragazze, tra cui credo la moglie di Farulli, però le ricordo poco perché – come si usava ancora allora – stettero soprattutto in cucina e a servire a tavola e dopo ero troppo preso in schermaglie per concentrarmi su qualcos'altro. Fui, dunque, presentato alla vecchia signora, larga quanto alta e rubizza, alquanto diffidente però un po' impressionata dall'inconsueto festeggiamento e dalla presenza di tanti ospiti indicati come importanti.
Alla fine ero stremato, davvero furono scaramucce molto difficili e per di più senza preparazione adeguata, e con tanti partners, la parte principesca (perfino nel tono di voce ad imitazione dell'attore caratterista Galeazzo Benti), tanto 
che, alcune ore dopo il luculliano banchetto, nel congedarmi la nonnina mi fece un inchino cortigiano e tentò persino di baciarmi la mano mentre mi augurava sicule benedizioni. L'altra occasione particolare di ricordare Farulli fu sempre con Righi, che tra diverse mancanze, aveva bisogno di un accompagnatore (inconsapevole) quando doveva affrontare situazioni per lui delicate o difficili. Per quel che mi riguardava non fu né la prima né l'ultima volta, ora come ora ricordo soltanto una visita in casa Barfucci (c. 1948); una in casa del poeta Gherardini assieme alla fidanzata poi moglie (1952/53); un matrimonio mantovano di un cugino; poi il funerale del fratello a Carpi; e il lugubre accompagnamento della madre nella Casa di Riposo di Vallina (peraltro assai decorosa), ecc. Fatto sta che (a quanto mi è stato detto in seguito, per questioni mediche sembrava che il pittore e la moglie avessero dei problemi di ovulazione e quindi a procreare) quando finalmente gli nacquero ben due gemelli fu evidentemente per Farulli gran goia, gran festa. Quindi Righi, armato di un grosso mazzo di fiori – che in mano sua sembrava francamente incongruo – si dovette recare alla Maternità di Via Alfani accompagnato da me, ignaro Sancho Panza. Nulla di speciale come fatto, ma questa fu un'occasione faticosa anche perché lì per lì imbarazzante per i coniugi Farulli. Comunque procedette tutto bene.
Dopo questa lunga divagazione, i contenuti che vengono proposti in questo post riportano scritti di Carlo L. Ragghianti. Per la precisione la citazione riguardante specificamente Farulli estratta dal saggio “60 Maestri del prossimo Trentennio” (1955), cui segue la presentazione nel catalogo della Mostra a “La Strozzina” (1963) e ancora la presentazione del 1967 per la Mostra alla Galleria Bergamini di Milano. Riproduciamo infine una Nota Biografica abbastanza esauriente, integrata dalle notizie sugli ultimi anni dell'artista (1923-1987). Il tutto è illustrato soprattutto con dipinti. A dire il vero questa panoramica critica ed illustrativa sull'opera di Farulli può essere carente circa il disegno e la grafica. Questo avviene in particolare perché non voglio riportare in questo blog lo studio di R. Ciardi (per altro pubblicato in opuscolo dall'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa (1965) e successivamente in “Critica 
d'Arte” n. 71, quindi in sedi di non troppo difficoltosa reperibilità). Ciò perché a quello studioso (come ad altri già assistenti di Ragghianti) non vogliamo perdonare la parte che ebbero nell'estromissione di nostro padre dalla Direzione del suo Istituto, così come i loro successivi comportamenti nei riguardi di R. fino alle sue dimissioni dall'Università. Cercheremo, allora, di approfondire questi rilevanti aspetti dell'opera di Farulli dopo aver letto i contributi di altri studiosi che compaiono nella Bibliografia farulliana. Infine: la corrispondenza tra Ragghianti e Farulli non è di grande spessore e significato, sia per i motivi precedentemente descritti a proposito di Palazzo Strozzi, sia per la comune residenza in Firenze. Vedremo comunque di intervenire se non altro per poter riprodurre altre opere dell'artista.
F.R.


Didascalie immagini

1. Amanti, 1964. Acquaforte
2. Scena Biblica, 1974. Litografia
3. Figura Femminile, 1967. Incisione
4. Uomo che riposa, 1952. Xilografia
5. Muratore Ferito, 1954. Xilografia
6. La Madre, 1956. Xilografia
7. Operaio. A mio fratello Rolando, 1950
8. Natura Morta Algerina, 1961
9. Natura morta con sedia
10. Interno dello studio, 1961-63
11. Altiforni a Piombino. Litografia
12. Interno della fabbrica, 1966-67

13. Piombino, 1965

14. Natura morta con carcassa, 1966
15. Farulli mentre disegna, c. 1970
16. Farulli mentre dipinge, c. 1975
17. Autoritratto, 1981
18. Donna assorta, 1965
19. Profilo di donna, 1976. Acquaforte.
20. Periferia a Piombino, 1960.
21. Donna in rosso III, 1965
22-28 Acqueforti per Cola di Rienzo.
29. Desiderio del Mediterraneo, part. a sinistra 1973-75
30. Donna come fuoco, 1972
31. Desiderio del Mediterraneo, part. al centro 1973-75


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