Carlo e Licia

Carlo e Licia

Archivio

Cerca nel blog

domenica 5 febbraio 2023

"Altichiero e Jacopo Avanzi" di Gian Lorenzo Mellini, 2.





La prima parte di questo post è stata pubblicata nel blog il 12 dicembre 2022.

III. Scritti di Carlo L. Ragghianti - Come, con pungente egotismo, ricorda lo stesso Mellini in vari passi del libro autobiografico Petra Mala. Centiloquio (Bolis, 1991), Carlo L. Ragghianti ancor prima del 1959 aveva indirizzato l'attenzione dell'allievo sui problemi veronesi, il quale cominciò a sceverare l'argomento con lo studio Sala Grande di Altichiero e Jacopo d'Avanzo (1959). Si ha conferma di questo impegno di G.L.M. da un brano della lettera che C.L.R. indirizzò il 28 gennaio 1960 a Cesare Molinari, allora 

redattore di “Critica d'Arte” per la sezione “spettacolo”. Indubbiamente il saggio Problemi padovani. Battistero, Cappella Belludi che C.L.R. pubblicò su “Critica d'Arte” (n.45, mag.-giu. 1961, pp.1-15) è collegato al percorso di Mellini non solo per il rapporto tra Altichiero e Giusto dei Menabuoi nella Cappella Belludi, ma perché – come si specifica nella nota iniziale dello studio – “mandai, il 30 ottobre 1959 a lui [Sergio Bettini] ed al mio bravo scolaro Gian Lorenzo Mellini, come base di discussione per una parte della dissertazione di laurea...dedicata ad Altichiero, Jacopo d'Avanzo, e la pittura del Trecento a Verona”.

Il 27 novembre 1965 su “La Stampa”, allora prestigioso quotidiano torinese a vocazione nazionale di proprietà della Fiat, nella terza pagina fu stampata l'importante “recensione” che C.L.R. fece del libro di Mellini appena pubblicato dalle Edizioni di Comunità, milanese 

emanazione della Società Olivetti, nel settore culturale ancora abbastanza fedele agli intenti etici, sociali e politici di Adriano Olivetti, morto il 27 febbraio 1960. Riproduciamo l'articolo da una fotocopia d'archivio, reintegrando il rigo che risulta illeggibile.

Il suddetto saggio fu ripreso, con alcune modifiche e soppressioni, nell'ultimo fascicolo pubblicato di “SeleArte”, serie Olivetti, cioè nel n. 77-78, alle pp. 82-89 con una riproduzione a colori. 

Lo ripropongo, giacché anche in questo caso si possa agevolmente ricostruire il modus scribendi di C.L.R. uso ad intervenire con precisazioni e aggiunte sui propri scritti.



Concludono questa terza sezione del post alcune delle molte lettere intercorse tra C.L.R. e G.L.M. perché hanno un particolare collegamento con Altichiero e temi correlati. La prima missiva, citata in precedenza, è però inviata a Cesare Molinari il 28 gennaio 1960. Quindi C.L.R. prosegue il 31 dicembre 1960 con due impegnate pagine; la risposta di G.L.M. è anch'essa di due fitte pagine datate 1 gennaio

1961. Il 5 dello stesso mese ancora C.L.R., il quale ricorda anche “come nei vecchi regimi, in cui la proprietà garantiva la libertà” certe situazioni non fossero poi granché differenti dal presente. Concludono questa serie due lettere di Mellini (24 aprile e 4 giugno 1961) che resocontano il professore le proprie attività di studioso in corso.

IV. Contestare necesse.

Pubblicato su “Critica d'Arte” (n.99, 1968, pp.4-8) questo scritto rappresenta una dura e graffiante polemica nei confronti dei detrattori del volume Altichiero e Jacopo Avanzi (1965), tra i quali si distingue in modo particolare “un'insegnante di disegno di provincia”. All'epoca, in un primo momento guardando il dattiloscritto, avevo pensato che C.L.R. avesse rimaneggiato il testo consegnatoli per la pubblicazione da Gian Lorenzo Mellini, ciò soprattutto per i caratteri della macchina da scrivere (Olivetti, naturalmente). Adesso tendo a escludere questa “collaborazione” e a circoscriverla a necessari interventi cautelativi operati dal Direttore della rivista. Infatti, come esempio della vis polemica – talora irruenta ed eccessiva – di G.L.M. questo documento è certamente “apicale” e...in termini avulsi dal contesto anche a suo modo “divertente”.

Siccome sono per temperamento basale un moralista con una venatura donchisciottesca, quando ho rintracciato la lettera che “l'insegnante di provincia” indirizzò (15 febbraio 1969) a mio padre quale direttore dell'organo 

che la “accusava”, fui colpito dal carattere dimesso che, giustamente ritengo, constata che lo scritto di G.L.M. raggiunge “il risultato di mortificare la persona, trascurando affatto di contestare gli argomenti”. Perciò la riproduco integralmente.

Voglio che sia chiaro che così procedo non per una specie di “par condicio”, ambigua procedura di carattere politico, né tanto meno per “peer review”, ignobile farsa che umilia la responsabilità del direttore di un pubblicazione (che mi piace assimilare al comandante di una nave).

Questa recente procedura a mio avviso è una grottesca farsa che da una parte umilia la responsabilità di chi dirige una pubblicazione, dall'altra costringe studiosi e pubblicisti soprattutto accademici, a dare per ogni problema controverso un colpo al cerchio e uno alla botte (o meglio un omaggio al volto ma anche uno al c.) abrogando di fatto l'esercizio del pensiero critico responsabile ed originale.

F.R. (28 dicembre 2022)

Nessun commento:

Posta un commento