Ungherese
per nascita, in Gran Bretagna dal 1938, il sociologo di cultura
germanica con derivazioni dalla dottrina leninista di György
Lukács, Arnold Hauser
(1892-1978) si dichiarava storico dell'arte. Disciplina della quale,
però, considerava e analizzava i fenomeni praticamente soltanto in
relazione al loro contesto sociale e storico. Cioè parlava d'altro.
Cieco alla visione, negava l'autonomia dell'arte perché la reputava
costituita da fattori materiali, esprimendo anche altre derivazioni
di storiografia sociologica da considerarsi, più che originali,
improprie nei confronti delle arti figurative.
Nel
recente nostro post riguardante Anna Bovero (di prossima postazione) traduttrice in
italiano della Storia sociale dell'arte (“veleni” Einaudi,
1955) dello Hauser si è accennato al fatto che l'opera nefasta di
questo scrittore infastidiva Carlo L.
Ragghianti non solo e non tanto a causa “scemenze sostenute quanto
per il dirompente danno irreversibile alla comprensione dell'arte da
parte dei suoi lettori”.
Per
chiarezza e filologia riportiamo a seguire gli unici due scritti di
C.L.R. che furono pubblicati riguardo ad Hauser su “SeleArte”.
Certamente dal vaglio della sua corrispondenza risulteranno altre
osservazioni e considerazioni, così come dai libri, da articoli e
altre pubblicazioni. Comunque i due interventi riproposti è bene che
siano vivificati nuovamente perché i veleni positivisti e
materialisti sono tuttora in circolazione con potenziali diffusioni,
così come tutte le approssimazioni semplificatorie e unidirezionali
che insidiano i complessi, faticosi percorsi culturali cui costringe
la comprensione delle arti figurative.
F.R.
(29 ottobre 2019)
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