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giovedì 10 agosto 2017

Wilde: L'anima dell'uomo sotto il socialismo

Edita come monografia di “SeleArte”, IV serie, nella primavera del 1993, quest'opera singolare di Wilde ebbe anche una tiratura supplettiva di 33 esemplari contenenti un ritratto dello scrittore inciso da Rodolfo Ceccotti. Quel fascicolo con l'incisione è ormai da considerarsi una rarità nella sua integrità editoriale, dato che tra coloro che ricevevano “SeleArte” molti estrapolavano l'incisione dal testo. Anche nella nostra redazione e in famiglia, per non so quale disguido, non si trova più una copia di questa tiratura, così come nel dossier Ceccotti e in quello Wilde. Ho rinvenuto soltanto un foglio di prova con sotto scritto dall'artista “1° stato”, rappresentante quindi un aspetto figurale precedente a quello definitivo. Per rendere comunque l'idea del ritratto, esso è riprodotto in rapporto 1:1 a p. 4. A fronte di p. 70 aggiungo la riproduzione di una incisione di Tono Zancanaro, il quale nel 1979 tracciò un ritratto ideale di Oscar Wilde. L'acquaforte è tratta dalla bella edizione Sellerio de “Il delitto di Lord Arturo Seville” di Wilde, tradotto da Federigo Verdinois. Il libretto da cui ricavai questa edizione era stampato con macchina tipografica primordiale su carta ancor bellica già in via di disfacimento, così scadente da non poter essere riutilizzata, come usava allora con quella dei quotidiani, né nei gabinetti né negli involucri. Quindi, dopo aver tagliato le fotocopie delle pagine e poi averle ricomposte in formato A4, l'ottica della fotocopiatrice Minolta e la carta bianca senza legno di buona qualità hanno reso la monografia una edizione pregevole, perlomeno al cospetto dell'originale, che attorno al 1957 acquistai per corrispondenza dalla Libreria Nanni di Bologna. I due brevi testi finali indicizzati come Considerazioni sull'arte, ben riflettono le opinioni estetiche di Oscar Wilde e di conseguenza mi sembrano opportune integrazioni a quanto espresso nel precedente scritto concepito nel 1888. Essendo pensieri di un artista (nei quali è necessario delibare ma anche depurare gli aspetti paradossali), essi vanno storicizzati e considerati nell'ottica poetica dell'autore.
Nel Profilo della critica d'arte in Italia, Carlo L. Ragghianti segnala i “limiti del decadentismo e di estetismo impliciti nelle formulazioni del Pater, per quanto i suoi motivi, anche mediante il Wilde, fossero assunti largamente dalla letteratura dannunziana, da quel solipsismo amoralistico e artistico che ebbe anche da noi molto esempi” (p.57). Aggiunge poi: “Si potrebbe dire,

sommariamente, e pensando in specie ad esperienze come quella del Berenson (che si concilia tanto col tempo estetico di Oscar Wilde), e persino del Longhi (clima del futurismo, di Serra, della prima Estetica crociana, de La Voce, ecc.), che le condizioni nelle quali ha potuto avvenire per noi l'esperienza dell'arte sono state segnate da una più profonda, acuta e a volte anche addirittura tragica connessione del problema artistico con altri che inevitabilmente si ponevano alla coscienza con pari energia, di pensiero come di azione: problemi etici, politici, economico-sociali”. Parole severe sull'estetismo, che però riconoscono l'apporto para-estetico (certo criticamente embrionale rispetto al contemporaneo Croce), sociologico di un pensiero come quello di Wilde riguardo alla complessità della vita intellettuale e sociale degli individui. In conclusione: le ragioni per cui ripropongo in questo blog gli scritti di Oscar Wilde appartengono alla storia culturale e quindi contengono gli elementi dialettici, che in questo caso sono vivi e vivaci, capaci di evidenziare la pochezza dei contenuti – soprattutto estetici – prevalenti nella nostra odierna società, sempre più appiattita nel generale relativismo, cui molti, troppi fanno appello per “superare le ideologie”. Cioè comodi pretesti per ricondurre le masse all'ignoranza, al “fideismo”, al gregarismo. Il potere, soprattutto se illegittimo, promuove falsi scopi, falsi obiettivi, dà fiato e visibilità ad ogni sproposito passi per la testa di un fluviale Conducator fantoccio o a “uno che vale uno” (cioè nessuno, o centomila: è vecchia!). Per questi disegni di sopraffazione è necessaria una solida ignoranza coniugata a totale amoralità, nutrita di pregiudizi e di asserzioni irrealizzabili, irrealistiche. Comunque altri motivi di ristampa di questo testo sono espressi nel Giustificativo di edizione a p. 70, e quanto lì considerato ci sembra tutt'ora valido, specialmente oggi dove (ripeto con variante) assistiamo a penose e conclamate regressioni intellettuali, alla menzogna sistematica, alla verità occultata o vanificata. E', in definitiva, miglior cosa stimolare le menti impigrite e fuorviate con contenuti – almeno in una prima fase – non troppo ostici, meglio ancora se esposti con chiarezza ed arguzia, nonché con indubbia eleganza. Anche la traduzione del Vaquer, un po' demodée, penso contribuisca a rendere il testo più suggestivo.
Francesco Ragghianti


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