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lunedì 1 maggio 2017

{glossario} Ateismo

Sette anni prima di essere cooptata tra gli “Immortali” dell'Académie Française, nel 2004 la saggista e romanziera francese Danièle Sallenave (n. 1940) pubblica “Dieu.com” (Gallimard),un saggio polemico in cui critica l'ingombrante presenza delle religioni nella nostra società ed auspica “un ateismo filosofico cosciente e responsabile”. Da sue dichiarazioni alla stampa (l'Espresso, 13 maggio 2004) ricaviamo una definizione sintetica e chiara di “Ateismo”.

E' ateo chi non ha bisogno di un dio per spiegare le leggi di natura, le istituzioni umane, il senso e l'organizzazione della vita. Essere atei significa rifiutare una giustificazione sovrannaturale del mondo, sul piano etico-morale come su quello scientifico. Per altro, proprio la tecnologia contribuisce a volte allo sviluppo di credenze pseudo-religiose.
Purtroppo il successo della scienza non implica un razionalismo diffuso e condiviso. Anzi, l'incapacità di comprendere e dominare tecnologie sempre più sofisticate facilita l'oscurantismo moderno e l'idolatria. Il risultato è un mix di superstizione e di tecnologie avanzate che produce una visione magica del mondo, al cui interno c'è un ampio spazio per la religione. Abbiamo bisogno di adorare ciò che non siamo in grado di capire.
Molte persone non sanno bene cosa sia l'ateismo, ma in maniera confusa lo sentono come una porta aperta verso ogni forma di depravazione. Vale ancora la vecchia paura dei moralisti: se Dio è morto, allora tutto è permesso. 

Per costoro, è la fine di ogni morale e di ogni possibilità di vita collettiva. Il che equivale a considerare la divinità un gendarme che ci obbliga a rispettare le leggi. Non mi sembra però che i grandi crimini contemporanei siano commessi in nome dell'ateismo. Al contrario, l'ateismo è una immensa responsabilità affidata a ciascuno di noi. E' proprio perché non siamo soggetti a leggi divine, dobbiamo essere responsabili e fare da soli, mostrandoci capaci di elaborare un nostro sistema di valori etico-morali.
Io sono per un ateismo cosciente che si traduce in un impegno costante. Ciò significa denunciare tutte le forme del pensiero religioso presenti più o meno insidiosamente nella nostra vita per non subire passivamente la religiosità diffusa che ci viene imposta dai luoghi comuni della cultura dominante. Occorre difendere la laicità e ritrovare il nostro senso critico. Solo così il diritto di credere e quello di non credere saranno sullo stesso piano.

Non voglio dire che si debbano sradicare le religioni. Solo un tiranno come Stalin poteva pensare una simile assurdità. Si tratta invece di sviluppare un polo di pensiero ateo, capace di fare da contrappeso alla progressione incontrollata del discorso religioso. Occorre mostrare cosa significa vivere e fondare un'esistenza senza il concorso della religione. Bisogna tornare ai pensatori che si sono liberati dal pensiero religioso, a cominciare da Voltaire. Bisogna far circolare il loro pensiero.


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