Carlo e Licia

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lunedì 13 marzo 2017

{Anna} Licia Collobi Ragghianti ... la mia mamma!




Sono passati già più di 27 anni ma, quando ci penso, mi sembra di trovarmi ancora nella sua camera a Villa La Costa (la grande casa sulle colline di Careggi, così ribattezzata dal babbo nel '55), mentre con tenerezza sfilo dalla sua mano inerte la fede nunziale, che darò a mia sorella perché è la maggiore, e la fedina ferma fede che le avevo regalato perché era così dimagrita che la perdeva, e che porto sempre al dito da allora.
Mi manca!
Quante cose avrei voluto poter condividere con lei, le mie scelte religiose, il mio matrimonio e soprattutto Irene, la mia bimba che ora è grande, e che tanto, ne sono certa, le sarebbe piaciuta e avrebbe sentito vicina e consona.
Mamma era una persona speciale. Nostra Signora della Costa. Così l'aveva chiamata Guido Biffoli, professore per professione e fotografo per passione; non so se con ironia affettuosa o no, ma appropriatamente! Perché questo, in sostanza, lei era.
Nostra perché era sempre disponibile per tutti, anche se occupata a "studiare" o "lavorare", chiusa nel suo studio al primo piano, attiguo alla camera da letto.
Signora.... lo era davvero, in ogni fibra del suo essere! Nel portamento, nei modi, nel parlare (mai ho sentito da lei una mala parola), ma soprattutto nel  
pensare, nel suo essere più interiore. Riusciva ad essere a suo agio lei e a farci sentire chiunque, dal contadino (sono stati grandi amici, lei ed il nostro fittavolo Mario Strambi, avevano in comune, diceva lui, "le nostre parti", lei nata a Trieste e lui contadino toscano che aveva fatto il militare al nord, e spesso ragionavano di proverbi, di verdure, fiori, frutta e di cose profonde) e dai vari domestici (puntuale l'agnello per la cattolicissima Armidina che veniva il giorno di Pasqua e i cioccolatini "dimenticati" qua e là perché li potesse portare alle nipoti... e mangiarsene pure qualcuno) fino ai grandi politici (l'amicizia vera e disinteressata che le dimostrò Amintore Fanfani, essendo un sostegno sia concreto che emotivo per lei: ricordo quanto la commosse profondamente l'enorme mazzo di fiori che le inviò dopo la morte del babbo) o ai grandi artisti dell'epoca (si scoprì molto tempo dopo che Tono Zancanaro "capitava" ogni anno il giorno del suo compleanno, e lo storico dell'arte Aldo Bertini veniva apposta per "la squisita pasticceria" che mamma preparava per lui; e con le mogli dei vari artisti riusciva a stabilire una "amicizia" benché spesso le fossero antitetiche); per non parlare dell'accoglienza riservata agli "scolari" del babbo, sempre affettuosa e partecipe alle loro vite private ... anche se a volte non era d'accordo con le scelte del "Professore" come tutti lo chiamavano.








Mai l'ho sentita parlare alle spalle di qualcuno.... tranne forse della Maria Dinda, la mia tata Ia, perché si era sposata e ci aveva abbandonato ... ma senza rancore: vivido è il suo visibile e grato sollievo quando, la mattina del funerale del babbo, la Ia entrò in camera sua e le comunicò che alla casa "ci pensava lei oggi".
della Costa ... la Villa è stata un capitolo a parte nel mondo familiare, non solo ovviamente per me che ci sono nata, cresciuta, evoluta ed involuta.
E'stata "LA CASA" per tanti: per il nonno Berto, il padre di mamma, che ne aveva caldeggiato l'acquisto sebbene ci si sentisse isolato dalla città (memorabili i suoi "ti va zò", vai giù in città, che rivolgeva puntualmente a 
chiunque fosse automunito), per "i loppiti", come dicevo io bimba, cioè tutti gli artisti, politici e conoscenti vari che quotidianamente la invadevano e a cui mamma offriva pranzi e cene, in modo che il babbo potesse soddisfare le sue necessità di socialità e di lavoro (Zia Maria, zia triestina di mamma, calcolò che in tutta un'estate che rimase da noi rimanemmo "da soli" solo una volta!), per i molteplici amici e compagni di scuola di noi figli (vivido il ricordo delle tavolate estive in giardino, con le crescenti della Ia ed il salame e le salsicce crude, che tutti spolveravano con grande entusiasmo, Giovanni Francovich in testa, il tutto innaffiato dal vino del Pino Adriano).
Ma, sopra ogni cosa, era la mamma. Anche la mia mamma.




Quando mi faceva il bagno e per farmelo sopportare mi declamava ogni volta, più volte, la poesia del Pascoli "O Valentino vestito di nuovo...."
Quando le salivo in collo, io già grandina, e la sentivo irrigidirsi perché non era abituata alle manifestazioni affettive, come poteva con la mamma che aveva avuto, eppure poi mi abbracciava.
Quando mi portava a passeggiare sia intorno a casa sia in montagna o sul lungomare di Viareggio e intanto mi insegnava, mi spiegava e mi raccontava... e io pensavo di non aver ascoltato ... e invece non è stato così!
Quando in una delle quattro volte che mi ha tirato una sberla aveva torto lei e mi ha chiesto scusa.
Quando, d'estate, dimenticava di comprarmi il gelato pattuito, tutta presa dai suoi tanti e spesso gravi pensieri, nonostante facessi di tutto per ricordarglielo: "che caldo che fa, mamma, non senti che caldo?"... e io non ci restavo male sapendo che in nessun caso 
dovevo chiederlo o avrei perso quel privilegio.
Quando mi diceva che ogni persona é da rispettare, qualsiasi lavoro faccia se lo fa con impegno.
Quando, pur preoccupandosi, rispettava le mie scelte a volte sbagliate.
Quando, io grande e lei già malata, mi chiedeva scusa se dovevo medicarla insegnandomi la dignità e la modestia.
Ma soprattutto quando, specie negli ultimi anni, mi chiamava in camera sua e mi chiedeva consiglio, lei a me, perché "ti ga tanto buon senso bambin mio", non solo regalandomi una profonda autostima ma anche delineando in poche parole la mia personalità, della quale oggi sono fiera.
Quanto mi ha insegnato e quanto di lei è diventato parte di quella che oggi è "l'Anna"!
Grande sollievo mi dà la biblica sicura speranza di poterla “aggiornare” di ogni cosa quando prossimamente ci rivedremo, chissà, forse proprio a Villa La Costa!
Anna Ragghianti 



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