Carlo e Licia

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giovedì 29 dicembre 2016

Ragghianti e la propria immagine fisica.

Una contraddizione inspiegabile e' l'atteggiamento di C.L.Ragghianti nei confronti dell'essere ritratto. Lo e' stato sempre poco e inevitabilmente in fotografia, quasi mai e sempre a memoria o su traccia fotografica dal ritrattando, artista, dilettante, figlio o nipote che fosse.
Atteggiamento certo non legato a tabu' antropologici (oddio, mi rubano l'anima!), ne' a una natura personale particolarmente schiva o solitaria. Anzi, R. era assai socievole e d'approccio tendenzialmente cordiale e disponibile. Per di piu' era consapevole di essere un uomo pubblico e quindi accettava gli oneri della propria posizione di ideologo e politico. Inoltre, come intellettuale, ben conosceva i precedenti storici e le teorie moderne e contemporanee sulla visibilita' pubblica. Quindi nessun rifiuto pregiudiziale, nessuna ostilita' preconcetta, nessun trauma psicoanalitico.
Sono anni che mi pongo alcuni interrogativi circa la personalita' e i comportamenti di mio padre, sia come figlio che come aspirante interprete cronachistico di un personaggio cosi' variegato e coerente. Per affinita' a questo aspetto, almeno in relazione all'immagine pubblica, penso al suo rifiuto costante (tranne una volta, per "Amor di Patria", comunque accettazione non disdicevole, di cui forse scrivero' in altra occasione) di onoreficenze italiane e straniere (De Gaulle mando' a Firenze nel 1967 Gaston Palewski per insistere circa una "legion d'honneur" gia' cortesemente rifiutata). Questo suo comportamento derivava dalla giovanile adesione ad un marxismo socialista con indubbi legami con persone ed ambienti anarchici. Deriva da Ferrer, dalla Guerra di Spagna, persino da una costante riflessione sulla purezza dell'atteggiamento cristiano.


Inoltre C.L.R. , benche' fosse certamente consapevole della sua statura intellettuale e sociale (e con legittimo orgoglio, quando



Illustrano questo post alcuni dei non molti ritratti estemporanei fatti a C.L.Ragghianti in occasioni conviviali o d'altro genere.

Il primo disegno, un ritratto piuttosto giovanile direi, dimostra la senilita' senescente di chi scrive: infatti non ricordo di chi sia e dove si trovi l'originale. Piu' che venia chiedo conforto.
Il secondo disegno e' opera di Alberto GRAZIANI, giovane allievo a Bologna di R. Longhi, morto nel 1943, che nel 1939/40 frequentava amichevolmente i Ragghianti. Infatti fu presente, con Gnudi, in clinica per confortare Carlo Ludovico - ritratto di spalle - durante la nascita del figlio Francesco (10.1.1940 ore 20 circa) che a sua volta Graziani disegno' a matita non appena il bimbo fu mostrato al genitore.

Il terzo disegno, sempre a matita, fu eseguito da Nino TIRINNANZI durante una cena da Beppino alla Posta, dopo una inaugurazione de "La Strozzina" (1953 o 54). Come sua consuetudine il "Tiri" comincio', a penna, a decorare un tovagliolo scandalizzando il cameriere che non voleva intendere il supposto aumento di valore della stoffa dopo l'intervento del "Maestro". Il babbo e Capocchini, mi sembra, convinsero il disegnatore un po' brillo a proseguire su carta il suo operato.
Fece cosi' una decina di schizzi su vari supporti. Io riuscii a prendere il ritratto di C.L.R., fatto sul retro di un pacchetto di sigarette Turmac, contendendolo a tal Valobra, agente librario Vallecchi, che si imbucava sempre nelle cene spesso seguenti a manifestazioni culturali.

necessario, rivendicata), era scevro di vanita', immune da vanagloria o superbia.
Un raro, molto raro caso di coerenza con i propri convincimenti di socialista liberale, con latenti tracce di anarchismo intellettuale. Relativamente alle fotografie di cui era oggetto ( inaugurazioni di mostre, manifestazioni politiche e sociali, interviste ecc. ecc.) mai richiese o fece richiedere al fotografo o alla sua Agenzia copia degli scatti.
Percio' circa l'atto di essere ritratto, fotograficamente o altrimenti, mi sento di affermare che non ci sono argomenti culturali politici o sociali che ne indichino repulsione o rifiuto ragionato.
Non so se la soluzione che sto per indicare sia sufficientemente aderente e convincente. Si tratta, in sostanza, di una variante dell' "uovo di Colombo": Ragghianti e' stato volente o nolente fin dai 14 anni costretto per il proprio antifascismo militante a comportarsi come un "clandestino", consapevole di poter essere individuato ed anche di poter compromettere altri in caso di propria leggerezza nei confronti di sorveglianze, in essere o semplicemente possibili. Venti anni di costante vigilanza penso possano condizionare inconsapevolmente ogni essere umano in peculiari comportamenti sociali.
La fotografia e il ritratto - infatti - sono tracce tangibili, utilizzabili per connotare una persona da sorvegliare, da seguire, da colpire; la propria fisionomia e' inconfondibile per l'identificazione, quindi rivelatrice, un potenziale pericoloso per se' e per i propri collegamenti.

Di palo in frasca: penso alla peculiarita' degli innumeri "selfie", alle infinite fotografie postate con leggerezza nel web che gia' oggi (eventuale ricerca di impiego ecc. ) possono rivelarsi controproducenti. Con gli Erdogan, i Putin, gli energumeni trumpisti, l'Isis ecc., possono diventare stoltamente fatali.




Il quarto disegno e' una china di Rodolfo CECCOTTI. Credo inedito, il foglio fu effettuato da fotografia dopo la morte di Ragghianti (1987), in occasione della quale l'artista opero' anche una bella incisione che la Famiglia gli chiese per ricordare il defunto agli amici e ai collaboratori piu' vicini.

Silvio LOFFREDO nel 1984, disegno' questo ritratto a penna durante un incontro con Ragghianti presso l'Universita' Internazionale dell'Arte di Firenze (la quale - ho sentito dire - si sta estinguendo senza particolare lode dopo lunga agonia). 
Disegnato per "Sinopia", il sesto e li' pubblicato dal direttore, valido artista, Serafino BECONI che generosamente ce lo regalo' dopo che P.C.Santini gli manifesto' il mio apprezzamento.

Il settimo disegno, operato a carboncino, lo eseguii io da uno scatto Polaroid dopo cena, quando eravamo ancora a tavola. Non inserisco questa immagine dilettantesca per vanita' ma perche' penso che sia stata ben colta un'espressione che il babbo aveva spesso dopo una giornata faticosa.


Inserisco, infine, un'interpretazione postuma 
della nipote Irene ( il 3.8.2002, a otto anni e mezzo) 
che pur con contaminazioni (la barba dello zio) esprime 
una sostanziale ragghiantianeita'. 


Francesco Ragghianti

Addendum

Più che la memoria, il recupero della fotografia con sul retro l'autore attesta che questo ritratto è opera di Carlo Levi, 1944. Si veda il post del 20 novembre 2018.

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