Carlo e Licia

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giovedì 3 novembre 2016

Profilo biografico di Licia Collobi Ragghianti

Alberto Golubic con in braccio Licia, insieme
alla moglie Silvia de Domazetovich

Licia Collobi è nata a Trieste, ancora asburgica, il 24 agosto 1914 da Alberto Golubic (poi italianizzato in Collobi) e Silvia De Domazetovich. Ha passato la prima infanzia a Klagenfurt dove il padre, ferito a un braccio in Galizia nel 1915, fu trasferito come comandante del Magazzino Militare. Tornata bilingue con la famiglia a Trieste dopo la guerra, Licia vi ha frequentato le scuole Elementari, le Medie, la prima Ginnasio e la terza Liceo.
Data la delicata salute della madre tubercolotica e più volte ricoverata nel Sanatorio di Bressanone, Licia ha qui frequentato la seconda Ginnasio e la prima-seconda Liceo, con esame d 'ammissione alla terza a Trieste, dove si è diplomata con ottimi voti. Madre e figlia ritornano a Trieste nel 1932 e alla fine dell'anno Licia si diploma anche in pianoforte al Conservatorio.
Intenzionata all'inizio a laurearsi in Germanistica, si iscrive alla Facoltà di Lettere di Torino nell'autunno del 1932. Qui ha seguito gli studi in modo brillante ma discontinuo a causa dei frequenti ritorni a Trieste per le sempre più precarie condizioni di salute della madre (che muore nel febbraio 1936), e qui si laurea in Storia dell'Arte nel giugno 1936 col massimo dei voti: centodieci su centodieci e lode, con la tesi su Carlo di Castellamonte, poi pubblicata nel 1937. Nel gennaio di questo anno consegue anche il diploma di abilitazione all'insegnamento della Storia dell'Arte nei Licei, e comincia a pubblicare saggi, contributi e recensioni.


Seguendo i suggerimenti della sua relatrice di tesi Anna Maria Brizio (in Italia la prima docente donna della materia), prosegue gli studi con una borsa triennale di perfezionamento all'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte di Roma, dove è già nel gennaio 1937. Nel febbraio incontra Carlo Ludovico Ragghianti che, come lei stessa afferma, “teneva un corso di perfezionamento privato direi proprio antitetico a quello ufficiale e che ho seguito insieme a tanti altri con grande profitto”. Nella primavera del 1938 è a Napoli dove partecipa con Ragghianti ed altri all'allestimento della Mostra di tre secoli di pittura napoletana. In questa occasione Ragghianti la presenta a Benedetto Croce.
Concluso il corso di perfezionamento, dal luglio 1938 si trasferisce a Piacenza dove lavora alla compilazione dell'Inventario generale delle opere e degli oggetti d'arte della Provincia, con la stesura della relativa bibliografia.
Sempre più forte è il sodalizio culturale, affettivo e poi anche politico con Carlo Ludovico Ragghianti, come si evince dalla intensa corrispondenza epistolare che tra loro intercorre e dalla quale risulta che i due si daranno del tu solo dalla metà dell'agosto 1938. Anche Ragghianti è in Emilia, a Modena, per la schedatura delle opere della Galleria Estense - incarico reso possibile per la non richiesta iscrizione al Partito fascista - e per organizzare clandestinamente, con base a Bologna, la rete di Giustizia e Libertà che comprende anche il Veneto e le Marche.
La condivisione degli ideali, della conoscenza e delle esperienze di vita tra Licia e Carlo si risolse con il matrimonio avvenuto a Firenze il 30 novembre 1938.
Gli anni 1938 e 1939 saranno di intensa attività e di viaggi in Italia e all'estero compiuti per studio e per lavoro, prima da sola in Francia e a Parigi nel novembre 1938, e poi a Londra fino al giugno 1939 con il marito (anche questo ampiamente testimoniato dal citato carteggio epistolare). A Londra, dove in quel periodo era anche il giovanissimo Bruno Zevi, gli studi furono per Carlo Ludovico Ragghianti soprattutto di copertura per importanti contatti con l' antifascismo inglese e con quello degli Stati Uniti (tramite Dorothy Thompson, giornalista e radiocronista americana, antinazista).
Nell'estate 1939 Licia è a Venezia dove ha avuto contatti con Piero Mentasti che gestiva la Galleria Arcobaleno e voleva affidarne a Ragghianti un significativo rilancio. Però il progetto non ebbe seguito, stante l'incombenza dell'ingresso italiano nella guerra in atto dal 1° settembre 1939. Nel dicembre di questo anno tornano quindi entrambi a Modena per continuare a lavorare, spostandosi a Bologna pochi giorni prima della nascita del figlio Francesco. Sempre del dicembre è il contratto, che non ha poi avuto seguito, con l'editore Salani per la redazione di un Manuale di Storia dell'Arte per le Scuole Superiori da redigere con Ugo Procacci e Cesare Gnudi.
Sin da subito collaboratrice indefessa delle intensissime iniziative di lavoro del marito, con il quale ha una completa intesa su principi etici e scelte di vita, Licia Collobi non avrà nessun riguardo per la sua salute, situazione che pagherà sia nel periodo 1940-1945
che nell'ultima parte della sua vita.
Dal 1941 collabora col marito al progetto di rinnovamento della rivista “Emporium” (Istituto d'Arti Grafiche di Bergamo), incarico sospeso dopo la pubblicazione di due fascicoli a causa dell'arresto di Carlo L. .Ragghianti incriminato per la sua attività politica antifascista.
Licia con i primi due figli, Francesco e Rosetta
Residente a Modena - per ordine del Tribunale Speciale - dall'ottobre del 1941 fino al 24 agosto 1943, madre di due figli (Francesco nato a Bologna il 10 gennaio 1940 e Rosetta nata a Modena il 13 aprile 1943), moglie di antifascista arrestato due volte (1942 a Modena e tradotto alle Murate a Firenze, e dal marzo fino al 26 luglio 1943 incarcerato al San Giovanni in Monte a Bologna), Licia lavora prima come insegnate di Storia dell'Arte al Liceo Minghetti di Bologna, poi viene assunta nella Galleria Estense di Modena come facente funzione di ispettrice della Soprintendenza alle Gallerie d'Arte Medievale e Moderna di Modena e Reggio Emilia. Deve contemporaneamente coordinare e proseguire le iniziative di lavoro e di studio del marito in prigione, e - soprattutto - tenere i contatti con la rete clandestina, organizzando le linee di comunicazione e d'azione del movimento Giellista orientato ormai alla lotta di liberazione. Nello stesso periodo dovrà affrontare tre precipitosi traslochi: da Modena a Bologna e poi da Bologna a Firenze.
Il 26 luglio 1943 Carlo Ludovico Ragghianti viene rilasciato dal carcere, ed il 3 settembre la famiglia è a Firenze, in semiclandestinità. Dopo l'8 settembre 1943 diventa palese la partecipazione al Partito d'Azione ed alla lotta armata (in seguito alla quale a Licia venne conferito il congedo con il grado di Maggiore dell'Esercito italiano), con ulteriori rischi e traslochi improvvisi. Licia Collobi è stata anche staffetta partigiana, riuscendo a muoversi in una città ed in una regione non conosciuta grazie alla sua formidabile memoria, che le permetteva di acquisire velocemente dati anche complessi. Licia era l'archivio vivente della clandestinità militare e civile affidata al marito, ed è stata la depositaria fra l'altro di buona parte delle comunicazioni clandestine del Partito d'Azione con Parri a Milano, con il Veneto, l'Emilia Romagna e ovviamente Firenze e la Toscana.
Insieme al marito Carlo Ludovico
Pisa, 22 Gennaio 1952
Dopo la auto-liberazione di Firenze (11/8/1944) e le conseguenti inderogabili e impegnative attività proprie e quelle legate al ruolo di presidente del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale del marito, le sue risorse fisiche sono molto provate per cui sarà costretta a soggiornare, nel gennaio e nel  luglio 1945, a Napoli dal padre, ingegnere della Navalmeccanica.
Ogni volta che le sue condizioni fisiche la hanno tradita, Licia ha sempre reagito fattivamente, anche lavorando a maglia: infatti per marito e figli ha fatto via via maglioni, golf, calze, vestiti ed anche una bellissima coperta, in una delle sue degenze più prolungate.
Da giugno a dicembre 1945 è a Roma, dove il marito fa parte del Governo Parri, ma a fine dicembre con i due figli rientra definitivamente a Firenze dove lavora, come da lei stessa ricordato “ ...a schedature di disegni al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi ed alla Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti” (per la quale fece un progetto di risistemazione, inattuato). Del 5 giugno 1946 è la nascita del terzo figlio, Giacomo.
Tra il 1946 ed il 1955, accanto alla propria attività lavorativa ed alla gestione della famiglia, costante è la collaborazione con il marito. Nel 1946 contribuisce alla direzione delle collane “Quaderni d'Arte” e “Saggi di critica d'arte” delle edizioni U di Firenze; è poi stata segretaria - comandata dalla Soprintendenza - delle grandi Mostre a Palazzo Strozzi ed alla Strozzina, curandone i cataloghi (1947, Mostra d' Arte Olandese e Fiamminga; 1948, Mostra della Casa Italiana nei secoli; 1949, Mostra su Lorenzo il Magnifico e le Arti). Ha curato anche il Catalogo e la Mostra sulla “Sedia italiana nei secoli” per la Triennale di Milano del 1951. Il libro è stato riedito nel 2005 perché “si rivela esemplare per rigore e chiarezza espositiva... (presentando) un materiale che ha particolare rilievo storico nell'evoluzione della cultura degli oggetti e nel design del nostro paese” (Vittorio Fagone). Sempre nel 1951, ha collaborato alla realizzazione della grande Mostra dell'opera di Wright, del quale fu anche l' interprete.
Nel 1952 viene pubblicata la rivista “seleArte”, edita dalla società Olivetti di Ivrea, bimestrale di cultura, selezione, informazione artistica internazionale ideata da Carlo L. Ragghianti, che rappresenta un decisivo mutamento nel campo della divulgazione artistica per l'accessibilità per i lettori sia economica che di metodologia innovativa e rigorosa. Licia Collobi vi partecipa fin dall'inizio assumendosi via via la responsabilità di parte della scelta dei materiali e della stesura di saggi, nonché della compilazione delle rubriche (anche grazie alla sua conoscenza multilingue: tedesco naturalmente, poi inglese, francese, spagnolo e lingue slave: aveva la capacità di comprendere e tradurre quasi ogni lingua europea), divenendone redattrice unica dal luglio 1956, condirettrice dal maggio 1964. Dopo la cessazione della rivista nel giugno 1966 (la tiratura massima raggiunta è stata di 54.544 copie nel giugno 1958) cura la sezione con lo stesso titolo nella rivista “Critica d'Arte” dal fascicolo n. 78/aprile 1966, fino al 1989, nell'ultima serie della rivista, edita da Panini. Dal 1954 è anche redattrice di “Critica d'Arte” di cui diviene vicedirettore dal 1964.
Col marito Carlo Ludovico Ragghianti, meta' anni '50
Dal 1955 la famiglia si stabilisce in quella che sarà la loro residenza definitiva, alle pendici del Monte Morello. Nel 1956, in attesa della quarta figlia (Anna, nata il 17 luglio) va in pensione prima del tempo grazie alle agevolazioni di legge, intensificando così i propri studi e la collaborazione a “seleArte” e a “Critica d'Arte”.
Dopo la nascita prematura di Anna, avuta a 42 anni, nonostante la spossatezza sarà impegnata nelle giornaliere presenze in ospedale, con spostamenti dalla Consuma - dove ha portato in villeggiatura gli altri tre figli - a Firenze finché la bambina non uscirà dall'incubatrice.
Grazie alla perfetta padronanza della lingua tedesca, nel 1959 pubblica per i “Saggi” Einaudi la sua traduzione di “Arte tardoromana” di Alois Riegl, preceduta da una importante notizia critica nella quale l'opera del grande studioso viene presentata in una veste atta ad introdurla più largamente ed appropriatamente nella cultura. Infatti questo libro “costituisce una delle esperienze fondamentali della critica d'arte moderna, e resta vitale ed attuale a sessanta anni di distanza dalla sua prima apparizione”.
Nei primi mesi del 1960 lo stato di salute, gli impegni di lavoro e la responsabilità dei figli costringono Licia a pensare di “lasciare” la rivista “seleArte”, decisione peraltro rientrata nonostante l'aumentato impegno richiesto dalla rivista, a causa delle sempre maggiori e coinvolgenti iniziative prese dal marito (ADESSPI, Artemobile, Gabinetto Disegni e Stampe dell'Istituto di Storia dell'Arte di Pisa, ecc.).
Neri Pozza edita nel 1961 “Falsi e falsari” di Otto Kurz, un libro che è “una rassegna degli intenti, dei metodi e delle tecniche del falsario remoto e recente,e un repertorio quanto mai vasto, se non completo, dei falsi di ogni tempo e di ogni luogo...”. Licia Collobi ne compie la traduzione e la curatela generale, e - come testimonia nella sua Memoria per i figli, 1989 - aggiunge “alla sua asfittica parte illustrativa un mucchio di falsi bellissimi, che lo Zeri non conosce, a quel che dice, ma già di quel libro non ne ha mai parlato nessuno... invece era un lavoro molto interessante e, come sempre il Kurz, divertente”. Comunque la nuova gestione dello stesso editore ha ristampato il libro in anastatica nel 1996.
Del 1962 è il libro “Pittori fiamminghi” a cura di G. Argentieri. In realtà, come si evince dal contratto datato 28 febbraio 1962, il libro è stato scritto da Licia che, nel punto 5 del medesimo “accetta che la pubblicazione esca con la sola menzione: a cura di Giuseppe Argentieri”. Il lavoro le è stato procurato da Alfredo Righi, ed è servito a pagare la trasformazione dell'impianto di riscaldamento della casa, da carbone a nafta. Comunque il saggio svolge un esame di tutta la pittura fiamminga tra il Quattro e il Seicento, con una visione chiara e precisa di quel periodo così ricco di fatti figurativi altissimi.
Carlo e Licia nel 1965
al Trentennale della rivista Critica d'Arte
Tra il 1963 ed il 1967 escono tre libri e diversi contributi in” seleArte” e “Critica d'Arte” concernenti i suoi studi sui disegni della Fondazione Horne di Firenze, dal catalogo critico generale allo studio di singoli artisti della collezione. Sono: ”Disegni della Fondazione Horne,” scelta e catalogo sommario. Firenze, La Strozzina 1963; “Disegni inglesi della Fondazione Horne e Firenze”, catalogo critico. Milano, edizioni di Comunità 1966, con introduzione anche in inglese; “Disegni di Francesco Guardi nella Fondazione Horne e Firenze”, problemi guardeschi. In: Atti del Convegno di studi 13-14 settembre 1965, Venezia, Alfieri 1967. Sono infatti i disegni uno dei temi principali e ricorrenti dei suoi studi.
Dal 1967 la sua salute condizionerà sempre di più il suo fare, costretta come è a brevi ma frequenti soggiorni al mare, soprattutto nell'amata Viareggio, o in montagna a Moena, per rimettersi. Questo stato di cose non ha escluso che portasse con sé del lavoro da fare (traduzioni, correzione di bozze e quanto via via necessario), né che mancasse di gestire l'organizzazione e l'andamento della casa, facendosi aiutare dai figli maggiori, essendo venuto meno nella conduzione domestica il fondamentale apporto di Maria Landi, governante dal 1954, a causa del suo matrimonio.
Sono pubblicati nel 1968 i suoi contributi nei libri editi da Mondadori della serie Musei del Mondo, collana tradotta in più lingue e diffusa in molti paesi (“Alte Pinakothek, Monaco”; “National Gallery, Washington”; “Prado, Madrid”). Per la medesima collana nel 1970 è autrice della maggior parte dei testi del “Museo Nazionale di Antropologia, Città del Messico”. Quest'ultimo volume affronta l'argomento - a lei assai caro e più volte trattato in “seleArte” e dopo - dell'arte precolombiana, di cui si afferma tra i maggiori competenti riguardo all'indagine artistica delle opere d'arte.
Nella primavera del 1970 una banale operazione per calcoli alla cistifellea si trasforma drammaticamente per un arresto cardiaco, più volte ripetutosi, che costringe il chirurgo ad un continuato massaggio manuale a cuore aperto durato ore, fino all'arrivo di un apparecchio presente in Italia soltanto a Bologna. Il suo spirito indomito fa superare a Licia anche questa terribile prova. Dopo vari mesi di convalescenza riprende la sua vita di sempre scrivendo libri, collaborando col marito (per gli studi del quale, tra l'altro, nel 1971 traduce dal tedesco il libro di Wolfang .Braunfels: “Mittelalteriche Stadtbaukunst in der Toskana “, Berlin, Verlag Gebr. Mann 1959 - Architettura cittadina medievale in Toscana) e occupandosi, con l'impegno di sempre, della famiglia e della casa. In questo periodo intensifica i suoi studi volti a ricostruire il disperso opus del “Libro dei disegni” del Vasari.
Sotto il monte Matanna
Dal 1970 al 1986 nella vita dei coniugi Ragghianti è importante il soggiorno estivo a La Guglielmesca, albergo sopra Cortona, dove entrambi possono riposare e lavorare sotto l'affettuosa attenzione dei gestori Nice e Mario Boari. .Negli ultimi anni il soggiorno veniva prolungato con il ricovero presso l'ospedale di Cortona, dove sotto le cure del primario prof. Marco Ricca entrambi, in momenti diversi, venivano curati per poter affrontare meglio le insidie dell'inverno.
Nel 1974 viene pubblicato dalla Vallecchi in due volumi “Il Libro de' Disegni del Vasari”che l'autrice precisa: “ è la prima rappresentazione critica, totalmente illustrata, della collezione grafica alla quale Giorgio Vasari si è dedicato durante l'arco della sua intera esistenza, con impegno parallelo a quello richiesto dal lavoro per la colossale opera delle Vite”.
Sono del 1979 altre due collaborazioni alla serie Mondadori-Musei del Mondo: “Metropolitan Museum, New York”; “Museo Archeologico Nazionale di Atene”. Dal 1980 per la serie Documenti edita dalla De Agostini di Novara pubblica: “Civiltà preincaiche” (1980); “Splendori delle civiltà precolombiane” (1981); “Ambienti del Rinascimento” (1984, riedito nel 1986). Gli ultimi tre volumi sono opere divulgative e sintetiche, però esaurienti e criticamente rigorose.
Nel 1985 pubblica il corposo volume “Il Quattrocento Europeo”, quarto volume della “Storia della Pittura” diretta dal marito per l'Istituto Geografico De Agostini, libro nel quale da' esito coerente ed esauriente alle ricerche, agli approfondimenti ed agli studi intrapresi per recensire adeguatamente libri ed esposizioni negli oltre trent' anni di scrittura per le serie di “seleArte”.
Nonostante la sua salute, aggravata da una ereditaria, progressiva ed inesorabile diminuzione della capacità respiratoria, Licia continua a lavorare, organizzare e partecipare - quando e come può - alle iniziative ed alle manifestazioni promosse dal marito: fondazione della Università Internazionale dell'Arte di Firenze (1969) e di Venezia (per circa un decennio), creazione del Centro di Studi sull'Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca (1982), ripresa e rilancio di “Critica d'Arte” nella edizione Panini, Modena (1984), ecc.
Per tutta la durata del suo matrimonio la sua tavola è stata sempre il punto conviviale di incontro di personalità italiane e straniere. Artisti, politici, uomini di cultura, architetti e letterati, nonché scolari del marito ed amici dei figli si sono avvicendati come suoi ospiti, sia a pranzo che a cena, e non di rado ad entrambi i pasti. Impegni accettati anche per condivisione alla concezione del dovere e del comportamento del Professore Universitario, che Ragghianti aveva mutuato dalla tradizione germanica.
Pochi giorni prima della morte del marito Carlo Ludovico, viene pubblicato il penultimo libro di Licia Ragghianti: “Giotto”, che parrebbe opera compilativa di circostanza, ma che invece è studio meditato. Scritto sì divulgativo - e non si scordi che ella è stata una maestra ed una pioniera nell'utilizzare questa capacità espositiva - però, come lei stessa dice:” questo breve ma rigoroso saggio... vuole essere... un personale ripensamento, inteso come omaggio alla straordinaria esperienza di fervore e di vita che ci ha dato questo grande figlio della terra di Mugello”.
Seppure costretta ai ritmi imposti dalla praticamente continua degenza a letto, spende sempre le proprie energie al massimo, costretta poi a fare delle pause forzate per riprendersi. Il suo declino fisico si accentua irreversibilmente dal 1987 (rottura del femore, cateratte, morte del marito il 3 agosto, riduzione ulteriore della capacità respiratoria), ma il suo carattere indomito la porterà a continuare a lavorare ed impegnarsi con la consueta disciplina e continuità fino alla stesura del suo ultimo libro. Si tratta del volume “Dipinti fiamminghi in Italia 1420-1570. Catalogo”. Bologna, Calderini, distribuito postumo. Si completa così, con questa rilevante fatica, il percorso ideale iniziato nel 1947 con la Mostra di Palazzo Strozzi dedicata ai Fiamminghi. Come scrive Ranieri Varese “l'ampiezza della informazione fa sì che questo Corpus costituirà una sorpresa anche per quelli, fra gli studiosi, che hanno particolare preparazione sulla pittura fiamminga... Scorrere le fitte pagine di questo Corpus è una continua sollecitazione e invito: non è azzardato dire che si tratta di uno dei più importanti volumi apparsi in questi anni”.
Il figlio Francesco, allarmato assieme alle conviventi sorelle, per l'incipiente depressione seguita alla morte del compagno dopo 49 anni intensamente convissuti in “ una costruzione consapevole, (da) quando ci siamo trovati a dover prendere atto che volevamo stare insieme”, essendo anche praticamente concluso il Corpus fiammingo, con “affettuosa insistenza” convinse la madre a rievocare, precisare, raccontare le vicissitudini della famiglia. Ne conseguirono due scritti; uno edito postumo (settembre 1994) come monografia nella semiclandestina “seleArte”, fanzine familiare stampata in proprio in poche decine di esemplari (1987-1999), con il titolo “Appunti per un lessico familiare”. Terminato il “Lessico” il 23 aprile 1989 (che costituisce una sorta di antefatto al racconto alle vicende dell'unione di Licia Collobi con Carlo L. Ragghianti) l'altro scritto, iniziato durante la degenza nella clinica Quisisana di Montecatini Alto il 6 agosto 1988 e terminato il 7 aprile 1989 nel letto di Firenze, Licia lo volle intitolare “Una mamma racconta. Ai miei figli, scritto per loro”. Le 190 pagine del dattiloscritto che la figlia Anna trascrisse dai 4 grandi quaderni quadrettati scritti praticamente senza una correzione o un ripensamento, sono tuttora inedite, come pure è inedita la “Corrispondenza 1937-1987” tra i coniugi Ragghianti, sempre da lei trascritta - assieme ad esaurienti note ed indici - a causa di un disaccordo circa la loro pubblicazione .

Licia Collobi Ragghianti muore nel letto della sua casa il 27 luglio 1989.
A cura di Rosetta Ragghianti

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