Perché
è necessario indignarsi, soprattutto quando c'è fascismo agente.
Mi
pareva un po' banale riprendere il discorso che il patriota
democratico francese Stéphane Hessel (1917-2013) propose con
tempismo nel 2010 circa la necessità, il dovere di indignarsi.
Però in questi anni sono intervenuti fatti concreti di ricrudescenza
fascistoide, nonché manifestazioni propriamente fasciste. Quindi
credo siano divenute inderogabili la vigilanza e l'azione oppositiva
nei confronti della ultradecennale politica apparentemente
contenitiva dell'eversione ma di fatto con clamorose falle di
legittimazione, soprattutto a livello politico.
Le pagine di Hessel si riferiscono alla situazione
francese del 1944-45 e a quella degli anni recenti, però risultano
pertinenti alla nostra condizione nazionale negli stessi periodi vuoi
per analogie dirette, vuoi per affinità sentimentali ed
intellettuali tra i due Paesi, non a caso considerati “cugini”. Se non altro queste pagine immesse nell'immenso oceano del web costituiscono un messaggio dentro una bottiglia gettata tra le onde tempestose del mare come testimonianza di esistenza, di fratellanza spirituale e morale con sconosciuti simpatetici. Comunque “repetita juvant”.
A queste considerazioni si aggiunga all'intento di fare
il post la scoperta nel web di un aneddoto sull'argomento
“indignazione” riguardante Benedetto Croce (che in un link di
Wikipedia mi si è presentato, nella voce “Umberto Segre”, come
“figura geometrica a croce!) quale precursore del concetto
“indignazione”, il giovane Carlo L. Ragghianti e il giovanissimo
Giuliano Briganti, io narrante. Perciò qui di seguito riproduco sia
quanto scrisse Briganti, sia parte delle sacrosante valutazioni di
Stéphane Hessel.
F.R. (11 maggio 2019)
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