Carlo e Licia

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lunedì 26 febbraio 2024

“Arte e società: poetiche e miti d'attualità, del futuro, della scienza” di Fortunato Bellonzi

Già nel 1971, l'intervento di Fortunato Bellonzi (1907-1993; vedi post del 12 novembre 2019) convinse Carlo L. Ragghianti – per altro suo amico fin da quando erano nella cerchia di Marangoni a Pisa – a pubblicarlo nei “commenti” di “Critica d'Arte” (n.71, mag-giu.) perché al di là della limpida analisi critica e filosofica espressa con i toni alti della cultura, questo testo poteva anche essere collegato come controcanto al caos suscitato dalla violenta e sterile sommossa sessantottina.

La quale presto fu tradita negli ideali sostenuti e si dimostrò essere alla fin fine un sistema per sistemarsi senza averne i requisiti. Infatti agli esami universitari andavano in gruppi nei quali solo alcuni - i relatori  erano più o meno preparati; nel pubblico impiego non si voleva accedere per concorsi prevalentemente di merito (e così nelle professioni e nell'industria con selezioni meritocratiche). Si puntò a svilire la preparazione adeguata ai compiti, ecc. In sostanza la rivolta 68esca si adeguò ad essere una sorta di replica della soluzione fascista che con le

sciarpe littorie” aggirò la competenza e l'idoneità.

Riproporre oggi, se non altro per questi aspetti, il testo di Bellonzi è, più che opportuno, necessario. Infatti bisogna essere parati alle manovra dei nuovi fascisti, come ad es. la proposta di riservare un'aliquota notevole di postidei pubblici concorsi e/o bandi di assunzione nella Pubblica Amministrazione a coloro che abbiano espletato un Servizio Civile. Mi sembra la prova iniziale di una strategia che potrebbe essere demolitoria per lo Stato di diritto della democrazia. 

Al di là di queste mie considerazioni politiche (che di fatto riguardano i figli ed i nipoti attuali nel vivere il loro futuro), il saggio di Fortunato Bellonzi è di scorrevole lettura nonostante la complessità e la delicatezza degli argomenti indagati.

Questa indagine estetica è anche importante, come lo è il fornire una nuova occasione di lettura a questi concetti che nello scorrere del tempo vanno dialetticamente reinterpretati e rivissuti.

F.R. (8 febbraio 2024)

giovedì 22 febbraio 2024

Ada Negri disegnatrice, 2 (1983-2002).

Le considerazioni e gli accertamenti espressi dalla critica contenuti nel primo post su di lei (v. 18 gennaio 2024) circa l'opera grafica di Ada Negri dal 1983 fino agli inizi del Duemila non sono differenti sostanzialmente. E dopo, laddove ci sia stata attività creativa, nemmeno.

Difatti Ada Negri (1926-2015), come molti artisti autodidatti, esprime una coerenza stilistica del proprio linguaggio tale da non cercare varianti (magari con effetti “speciali” alla moda prevalente) che non siano profonde esigenze insorte nell'artista spontaneamente.

Nella sua specifica continuità si distingue una prevalenza di attenzione rivolta alla cerchia domestica e ambientale.

Il ductus disegnativo e l'ispirazione formale proseguono la impostazione stilistica derivante dal proprio maestro e amico Aldo Salvadori. Perciò Ada Negri ha individuato per il proprio fare una autonomia immaginifica ben radicata e ammirevolmente coerente.

In questa sede riporto anche la saltuaria corrispondenza intercorsa prima con mia madre Licia Collobi Ragghianti, poi con me, non tanto perché particolarmente significativa ma perché è una dimostrazione dell'autenticità e dell'affettività che un artista può sentire nei confronti di un critico e storico (C.L.R.) con cui abbia intrattenuto un rapporto intensamente coinvolgente, derivante dalla riconoscenza e dall'incoraggiamento che comporta l'essere compresi e disvelati agli altri in termini culturalmente propositivi.

Purtroppo quanto da me promesso ad Ada Negri circa l'inserimento di sue opere nella serie del “domestico SeleArte” non avvenne. Ragion per cui questi due post dedicati ad Ada Negri rappresentano in un certo senso la realizzazione postuma di quell'impegno.

Quando nel 1988 ho ripreso la pubblicazione di “SeleArte” (anche per distrarre e coinvolgere mia madre di fatto morente) la rivista è durata fino al 1999 in 26 fascicoli artigianali. Questi opuscoli in formato A4 di c. 80pp. erano completamente realizzati con le mie mani e stampati con una fotocopiatrice (poi con una sorta di super ciclostile), quindi consegnati alle PP.TT. Taccio sul sacrificio economico sostenuto assieme a mia sorella Rosetta, tale da constringere alla sospensione della pubblicazione.

Dagli ultimi fogli della corrispondenza riportata si evince l'esistenza di problemi domestici pesanti sia da parte nostra che da parte di Ada Negri. Il più faticoso, però meno gravoso e doloroso, ad es., fu la ricostruzione della biblioteca e dell'Archivio nella nuova spaziosa abitazione di Vicchio: impiegai sei mesi, tra le carte e i libri nel frattempo divisi in due magazzini provvisori, per rendere vivibile l'abitazione. Ne conseguì la sospensione dei rapporti sociali, poi iniziarono gli oneri dell'età.

Dopo l'ultima lettera di Ada Negri ho inserito un mio sonetto perché ispirato da una sua frase dell'ultima missiva: non originale certo però necessariamente ricorrente.

La “Sgarrupata” e il soprannome (dovuto ai continui interventi per riparazioni, ecc.) dato alla povera “Villa La Costa”, violentata infine per soddisfare i condomini nostri successori. Chiusure, aperture, tamponamenti ecc.: un colabrodo invece di un'unità padronale di una qualche eleganza. Dall'unità in cui sostò il Fattori (che dipinse la Villa almeno una volta) e da una serie di abitanti fino ai Ragghianti il complesso patì esigenze e stili diversi sullo stesso corpo, enormi tatuaggi volgari interiori ed esteriori. Pazienza.

F.R. (20 gennaio 2024)




Disegni di Ada Negri, 1984-2002

lunedì 12 febbraio 2024

La "collezione minima" di Zavattini (1959), 1

Centimetri 8x10, tassativa misura per far parte della raccolta di minidipinti inventata (1941) e curata assiduamente da Cesare Zavattini (1902-1989).

Questa passione non ha impedito a questo uomo di essere un individuo veramente poliedrico e innovativo nei molti settori di cultura e di creatività dei quali si è occupato e nei quali si è distinto nella sua lunga e fattiva esistenza.

Zavattini ha onorato il cinema come sceneggiatore e in generale quello italiano quale punto di riferimento teorico imprescindibile del cosiddetto "neorealismo". E' stato anche scrittore, poeta, commediografo, nonché giornalista. Come collezionista oltre alla propria raccolta ha contribuito a formare collezioni qualificate. E' stato persino soggettista di fumetti, come sottolinea con rilievo Wikipedia. Non poteva non essere anche pittore e – naturalmente – critico d'arte.

Personalmente lo conobbi in occasione della mostra presso "La Strozzina", dedicata nel maggio 1959 alla sua formidabile collezione in progress (superò i 2000 dipinti, allora ne furono catalogati da Nino Lo Vullo 1206), alla quale non coadiuvai inizialmente perché impegnato negli esami all'Università. Partecipai, però, all'allestimento finale dell'esposizione: uno dei più sorprendenti e divertenti della mia esistenza.

Maneggiare quei piccoli "capolavori", perché la maggior parte dei minidipinti lo erano veramente, era emozionante. Penso che l'eccentricità dell'esperienza avesse, per così dire, stimolato i pittori e gli uomini di cultura che dipingevano non professionalmente – come Eugenio Montale e René Clair – a esprimersi al meglio nell'inusitato esercizio di miniatori.

Questo post consiste nella riproposta del Catalogo edito da "La Strozzina" basato sullo scambio di lettere tra Zavattini e Carlo L. Ragghianti. Segue l'imponente elencazione delle opere ben curata da Nino Lo Vullo, segretario dell'Ente, nonostante le difficoltà oggettive espresse nella parte finale a p.55.

Lo scambio epistolare tra Zavattini e Ragghianti con le relative illustrazioni fu pubblicato anche in "Critica d'Arte" (n.32 mar.-apr. 1959, pp.121-128). Esso chiarisce esaurientemente l'importanza e l'originalità della raccolta.

Zavattini compie una sorta di atemporale storia della collezione con le sue svariate vicissitudini, concludendo con la convinzione che "è evidente che dei nostri pittori, famosi e oscuri, nessuno, davvero nessuno, è riuscito a ingannare sé e gli altri, malgrado la misura".

Ragghianti dichiara di aver cercare "di capire il perché della sua 'collezione minima'...ho cercato di dirlo e di spiegarlo a lei e a coloro che la vedranno ne 'La Strozzina' di Firenze..."; sottolinea che la collezione non è "una curiosità, per quanto d'eccezione, a un documento nel senso più autentico del termine". Quindi individua e analizza "altre caratteristiche della raccolta". Conclude argomentando che il progetto di Zavattini "poteva nascere soltanto nella sua testa fertile e generosa".

Intercalati al catalogo di Lo Vullo ho riprodotto una serie di tavole con autoritratti, estratti dalle altre centinaia di mini illustrazioni dei più noti pittori italiani ed anche stranieri incontrati da Zavattini. Queste illustrazioni provengono da un successivo (1969) volume dedicato alla "Collezione minima" dell'eccentrico personaggio di Luzzara, vanto nazionale certo non imbarazzante, la cui fama non fu certo come quella di cui godono attuali prepotenti urlatori televisivi.

Il citato volume del 1969 sarà oggettio di un altro post – meno corposo di questo – riguardante la "Collezione minima", la quale dopo la morte di Zavattini improvvisamente "è stata smembrata e messa sul mercato". Fortunatamente un nucleo consistente della raccolta è accolto e ora esposto al MAGI '900, museo fondato dal benemerito mecenate Giulio Bargellini, situato a Pieve di Cento in provincia di Bologna.

F.R. (15 gennaio 2024)

Giovanni Le Clerc (1587-1633), pittore e incisore.

Incuriosito dall'articolo nella “Critica d'Arte” (n.53-54, 1962) sull'opera del pittore Le Clerc (per me ignoto) e dello storico dell'arte Ivanoff (studioso sentito nominare senza infamia né lode) ho controllato l'odierna esistenza mediatica di entrambi.

Nicola Ivanoff (1901-1977) nobile russo, storico dell'arte a Venezia dopo complesse vicende, è rimarchevole perché “puntiglioso ricercatore contribuì...a far meglio conoscere pittori...fu instancabile nella ricerca e nell'attribuzione di opere sottovalutate o ignorate”. Il caso di questo studio su Givanni/Jean Le Clerc risulta emblematico di questo suo atteggiamento critico.

Studioso solerte ed alacre ha collaborato coll'accademico Giuseppe Fiocco e con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia, un complesso, autorevole istituto di ricerca e divulgazione della Storia dell'Arte situato nell'Isola di S. Giorgio a Venezia. La voce su Wikipedia riguardante Ivanoff è esauriente.

Carlo L. Ragghianti e Licia Collobi hanno certamente conosciuto e frequentato Ivanoff a Venezia, città da loro molto amata fin dal “retour d'Angleterre” (1939). Di documenti mi risulta soltanto nell'Archivio il biglietto, che il 5 maggio 1967 Ivanoff inviò a Luporini (organizzatore dell'iniziativa de “L'Astrolabio”) attestante la propria solidarietà a C.L.R. per le oltraggiose calunnie pubblicate su “Paragone” (v. anche il post del 28 dicembre 2017).

Giovanni Le Clerc è stato un artista veramente poco noto e di marginale considerazione, tanto che l'Enciclopedia online “Treccani” lo liquida in tre righe. Wikipedia, invece, mostra l'immagine di due suoi dipinti e il ritratto fattogli da Van Dyck, liquidando anch'essa le notizie in tre righe. Nella voce bibliografica cita “Treccani” e un repertorio biografico e ignora lo studio di Ivanoff (che riproduciamo qui di seguito), fondamentale ricerca sull'artista.


D'altra parte mi pare evidente che proprio perché fonte indispensabile per la conoscenza dell'artista misconosciuto, C.L. Ragghianti abbia ospitato su “Critica d'Arte” l'indagine di Ivanoff, collaboratore abituale di altre riviste.

Dopo il saggio dello studioso di origine russa, riproduco dalla mia fototeca in “Appendice” una notevole sanguigna e un'incisione di Le Clerc, del quale vedo esistono opere nel mercato antiquario e nel collezionismo.

F.R. (16 gennaio 2024)

mercoledì 7 febbraio 2024

Disegno della Liberazione, 7 - Appendice documentaria.

Sommario

Si stampano, con brevissime note informative, alcuni documenti che completano il testo o chiariscono meglio l'atteggiamento dell'autore negli eventi narrati.
Questi documenti compaiono soltanto nella 2a edizione del 1962. Si riportano l'Indice dei nomi della 2a e della 3a edizione; quello della 1a non ha variazioni rispetto alla seconda nella quale è inglobato.

  • p. 359 Croce contro Roosevelt
  • p. 366 Direttive "L"
  • p. 376 Partito d'Azione e polizia fascista
  • p.386 La bandiera del C.T.L.N. al Comune di Firenze
  • p.396 Autocritiche e chiarimenti

venerdì 2 febbraio 2024

Mario Cavaglieri (1887-1969), disegni e tempere.

Illustrato nel blog il 6 novembre 2021 quale pittore con la scheda di Guido Perocco e con altri contributi inerenti alla rievocazione della mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935, questo appartato artista di cultura e modus operandi europei viene in questo post illustrato come disegnatore.

Proseguendo, così, la serie iniziata con Nino Tirinnanzi (v. Post del 9 dicembre 2023) ed Ada Negri (v. Post del 17 gennaio 2024), la esperienza di Mario Cavaglieri conferma l'intento di dedicare particolare attenzione al disegno degli artisti.

Modalità espressiva assieme alle altre tecniche grafiche, il disegno si configura spesso altrettanto qualificante della pittura e della scultura realizzate dall'artista, rimanendo comunque troppe volte attività misconosciuta o sottostimata da collezionisti e mercanti.

Ricordo che nel lungo post in cui Perocco presenta anche il lavoro di Zecchin, di Garbari e di Cagnaccio di San Pietro, l'operato creativo di Cavaglieri è illustrato con varia documentazione, tra cui rammento il saggio di Giuseppe Raimondi per la mostra del 1953 alla "Strozzina" (del quale qui si riportano gli ultimi capoversi).

Di Raffaele Monti, pur ricordando con rammarico quanto ebbi a scrivere nel 2021 (cioè << Raffaele Monti è stato lo studioso che dalla mostra di Palazzo Strozzi del 1967 in poi si è distinto per aver scritto articoli e saggi su Cavaglieri. Purtroppo contemporaneamente, assieme all'amicissimo gallerista Silvano Menghelli, acquistarono praticamente anche l'intero studio del pittore dopo la sua morte. Lo dispersero in seguito in spicciolo dettaglio, che non ha certo giovato alla statura di primo piano del pittore >>), va ricordato l'acume critico e l'assiduo studio dell'opera dell'artista. Quindi qui si riporta il saggio che Monti scrisse nel 1977, dedicato al disegno nell'ambito dell'attività di Cavaglieri.

Nel Catalogo n.47 della Galleria Menghelli, infatti, viene presentata anche una Antologia della critica ampia ed interessante (che si riferisce – però – quasi esclusivamente ai dipinti) con estratti dai saggi di Fortunato Bellonzi, Viviane Vereilles, Luigi Carluccio, Roberto Tassi, Roberto Longhi, Giorgio Bassani, Giuseppe Raimondi, Guido Perocco, Tommaso Paloscia, Virgilio Guzzi, Gino Visentini.

Oltre ad essere di agevole accesso bibliografico, le pubblicazioni monografiche sull'artista confermano gli accertamenti e gli orientamenti consolidati entro gli anni 


Ottanta, permanendo l'attività pubblicistica di Monti fino alla sua morte ( 
nei primi anni Duemila ). 

Il rapporto personale tra C.L. Ragghianti, la coniuge Licia Collobi e Mario Cavaglieri è descritto nella sostanza nella citata rievocazione della mostra del 1967 a Palazzo Strozzi. Posso poi aggiungere che ci furono alcuni incontri, avvenuti tutti a Firenze dove l'artista (che andava spesso a Bologna a trovare la sorella) era accolto con amicizia e stima. L'ospitalità calorosa è ben documentata dalle quattro grafiche che riproduciamo (figg. n. 16-19), superstiti di altre disperse in parte per la consueta generosità di C.L.R. nei confronti dei propri collaboratori.

Le opere, qui riprodotte da n.1 a n.15 furono inedite fino alla mostra del 1977; quelle n.16 – n.19 sono qui riprodotte per la prima volta; le successive n.20 – n.35 derivano da mostre e cataloghi di asta.

F.R. (8 gennaio 2024)