In precedenza (vedasi post del 19 novembre 2020) abbiamo pubblicato un profilo di Virgilio Guzzi quale critico d'arte e organizzatore culturale, descrivendo anche i suoi rapporti con Carlo L. Ragghianti, che in questa sede saranno precisati e approfonditi non solo dal punto di vista dell'attività tutt'altro che secondaria come pittore. Un saggio dello stile brillante di Virgilio Guzzi, risulta chiaramente dal testo che segue i suoi ritratti fotografici e l'autoritratto. Egli tratteggia e commenta la propria dicotomia tra l'essere pittore e scrittore, nonché critico d'arte. Sul piano documentario, ad esempio, pubblicheremo una significativa parte del carteggio intercorso tra loro e poi tra C.L.R. e il figlio Domenico Guzzi (1954-2009),
critico d'arte. Piuttosto drastico il giudizio che C.L.R. affidò a "La Critica d'Arte" (La III Quadriennale d'Arte, Roma 1939, a.V, n.1, gen.-mar. 1940, p. 112) su Guzzi pittore: "Il Guzzi ha una pittura applicata e un po' gravosa, poco sveglia, scandita con lenta industria, ma le preferiamo di gran lunga l'attenta garbatezza di alcuni suoi scritti di critica, dei quali peraltro forse queste pitture chiariscono la remora intellettiva".
Giudizio che, come in altri casi, C.L.R. modificherà; si veda anche dalla "dichiarazione" – un foglio del 1979 di cui ignoro la destinazione precisa – che riproduco integralmente qui sotto:
Tra i documenti riporto la lettera di accettazione a far parte del Comitato esecutivo della Mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 (18 febbraio 1966). Nella breve missiva del 20 febbraio 1967, scritta a caldo dopo l'inaugurazione della Mostra, Guzzi si dice certo che quell'esposizione non passerà inosservata né ora, né nel tempo. Da notare, sia pur tra parentesi, che l'entusiasmo di G. fu sottolineato dal dono importante (il dipinto n.1880, riprodotto nella scheda) che egli fece per il costituendo Museo d'Arte Contemporanea ideato da C.L.R. subito dopo l'Alluvione di Firenze del 4 novembre 1966.
Nella lettera del 20 novembre 1976, C.L.R. trova "molti motivi di consenso" nel libro Ritratti dal vero di Guzzi e descrive la sua attuale situazione di studio e ricerche. Nel biglietto per il Natale 1976 nel quale l'artista si dice "lusingato" dagli apprezzamenti di R. circa il suo libro Ritratti dal vero. E' poi preoccupato per le vicissitudini di "Critica d'Arte" e quindi ammirato per la "messa a punto" di Scoperte e massacri di Soffici, che C.L.R. aveva prefato per la nuova edizione Vallecchi di quell'anno.
Ancora C.L.R. scrive il 18 luglio 1979 al figlio Domenico Guzzi, collaboratore del padre e con il quale R. continua il rapporto epistolare, chiedendo specifici elementi da utilizzare contro G.C. Argan che l'aveva temerariamente
querelato. Sempre a Domenico Guzzi è la lettera del 9 agosto 1979, la quale verte principalmente sulla suddetta causa (circa la quale posteremo materiali interessanti e "divertenti" prossimamente).
L'Appendice è costituita dall'appunto (10 dicembre 1945 a Governo Parri dimesso) che Antonino Santangelo – funzionario delle BB.AA., uno dei non molti fidati collaboratori – invia a C.L.R. Sottosegretario. In esso, tramite una confidenza di Virgilio Guzzi, si apprende della "congiura" in atto per defenestrare C.L.R., organizzata a diretta dal Direttore Generale BB.AA. del Ministero (quel tale che pochi anni prima aveva fatto da cicerone a Hitler a Roma, però diventato P.C.I. Da poco e bene accetto! Gli altri funzionari si erano rifiutati o imboscati, compreso Argan). Il tentativo scandaloso fu coadiuvato anche da parte di "fratelli coltelli" del Partito d'Azione di Firenze e di Roma [dove si distinse un tipo che a Torino aveva subito nove (?) anni di carcere]. Iniziata la congiura fu vanificata dalla crisi che portò alle dimissioni del Governo di Ferruccio Parri.
La consueta "Antologia di giudizi critici", comprendente varie testimonianze del 1940 è conclusa da una bella ed equilibrata riflessione storico-critica del figlio Domenico Guzzi.
F.R. (24 maggio 2022)
Trombadori, curatore della Scheda per la Mostra 1915-1935 e di quella del Catalogo Mostra 1935-1955, insistette molto perché, come scrive Nino LoVullo – Segretario della Mostra – il 23 luglio 1966: "Raccomando vivamente l'inclusione del pittore Giovanni Stradone, come ho ben spiegato nell'acclusa lettera a Carlo L. Ragghianti", il quale essendo in Sardegna la vedrà dopo il 2 settembre. Difatti l'artista (n. 1911) sarà presente in Mostra, nonostante che, data la scadenza temporale, al 1935 non avesse dipinto molte tele: poche ma buone, però.
In questa nostra rivisitazione non è stato possibile rintracciare ulteriori dipinti oltre quelli illustrati nella Scheda, perciò la sequenza illustrativa che mostreremo comprende soltanto opere eseguite dopo il 1935.
Nonostante appena undicenne Stradone fosse accettato come allievo da Ferruccio Ferrazzi, allora molto noto e politicamente influente, dal Maestro l'allievo trasse soltanto insegnamenti teorici e ideali riguardo l'arte, giacché il suo stile e la sua straordinaria tavolozza "complessa, forte, grumosa, plastica" era ben lontana da quella espressa da Ferrazzi. In termini approssimativi ma sintetici si può sostenere che Stradone – uomo di carattere impetuoso – "porta l'espressionismo alle estreme conseguenze, fino a giungere al limite dell'informale".
Carlo L. Ragghianti non s'è mai incontrato di persona con
Stradone, benché la stima reciproca sia stata documentata da persone terze. Al riguardo riporto la breve corrispondenza intercorsa fra loro nel 1980.
Purtroppo la recensione dell'Antologia critica del pittore dovette – come molte altre parti della rivista "Critica d'Arte" – essere approntata affrettatamente, in quanto quel fascicolo doveva essere l'ultimo edito dall'editore Vallecchi, in difficoltà molto gravi. In seguito, a singhiozzo, si aprirono spiragli che consentirono altri fascicoli tripli, sempre improvvisati, fino ad un ultimo impaginato ma non stampato.
Il testo Antologia critica ("Critica d'Arte", n.172-174, 1980, p.240) fu redatto da Licia Collobi sulla base di un appunto di C.L.R., che fu impossibilitato a chiudere il fascicolo da altri urgenti impegni. Giovanni Stradone morirà il 2 febbraio 1981 e non poté leggere questa recensione mutila.
Una concreta originalità di giudizi e osservazioni sull'opera di Stradone, mi convince che per approfondire la valutazione critica sia sufficiente la bibliografia indicata nella recensione sopra citata. Riporto, infine, quanto nel dic. 1982 scrisse su "Panorama" A.C. Quintavalle, che traccia una cronistoria del percorso dell'artista la cui storia è "tutta crocianamente puntata sul mito dell'arte e su un antiaccademismo legato alla matrice espressionista".
F.R. (24 maggio 2020)
A questo punto dovrebbe trovarsi la Scheda delle pp.405-406 del Catalogo "Arte Moderna in Italia 1915-1935".
In via del tutto eccezionale, come è indicato nel testo redazionale della Scheda dedicata ad Antonietta Raphael Mafai, essa fu anticipata per unirla a quella del marito Mario Mafai, indagato da C.L. Ragghianti nel post del 5 dicembre 2018.
Essendo la scheda di Alberto Ziveri (1908-1990) l'ultima del Catalogo della Mostra "Arte Moderna in Italia 1915-1935", con questo artista parmense esponente della "Scuola Romana" si conclude il lungo e affascinante percorso (2108 opere esposte) di quella esposizione che nel 1967 costituì un avvenimento di eccezionale revisione critica dei valori artistici espressi in Italia durante il fascismo e nonostante il fascismo.
Di Ziveri vedo con piacere che C.L.R. già nel 1953 ("SeleArte", n.6, Artisti d'oggi, pp.11-12, con un disegno di Ziveri) scrisse alcune righe che descrivono sinteticamente la ricerca espressiva dell'artista quasi suo coetaneo.
I loro rapporti furono di conoscenza in Roma e di stima, come si deduce dal biglietto del 15 maggio 1964 che l'artista invia a C.L.R. ringraziandolo per aver segnalato un suo dipinto al collezionista Bruno Tassi (vecchio amico e compagno della Resistenza, divenuto imprenditore tessile a Prato) aggiunge "approfittando della mia venuta a Firenze per firmare le stampe [della Cartella "50 Maestri contemporanei" edita dal Bisonte di Maria Luigia Guaita, di cui qui riproduco l'immagine con il commento/slogan che C.L.R. appose all'opera di ciascun artista] sarò lieto di incontrarla e poter continuare liberamente e felicemente il discorso 'cominciato' a Roma", presumo su Gabinetto Disegni e Stampe dell'Università di Pisa e su "La Strozzina".
Trovo in Archivio e riproduco quanto Ziveri il 18 giugno 1980 scrisse tra altro a Aldo Salvadori:
Quanto alla fortuna dell'artista nella consueta "Antologia critica" riporto quattro documenti che reputo utili a migliore comprensione dell'artista. Il pittore Roberto Melli, colto come tanti degli artisti dell'epoca e Maestro importante nell'ambiente romano, scrive due fitte, rilevanti pagine su Ziveri, allora praticamente esordiente in un catalogo della prestigiosa Galleria della Cometa (2 febbraio-15 marzo 1936). Meno impegnative criticamente, però interessanti sul piano dell'informazione, le due pagine che nel settimanale "Settimo Giorno" (26 dicembre 1961) Ubaldo Bertoli dedica a Ziveri che "vive per dipingere".
Importanti e prestigiose per via dell'autore, anche se non al meglio di sé, le pagine del saggio di Roberto Longhi, intitolate "Z" per il Catalogo n.22 della Galleria "La Nuova Pesa" di Roma (aprile 1964). E' del 1992, in occasione della Mostra antologica dell'artista – morto due anni prima – tenuta a Modena nel novembre, l'artiolo rievocativo del percorso per certi versi direi coraggiosamente originale della pittura di Ziveri, scritto da Marco Rosci.
F.R. (15 maggio 2022)
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