Carlo e Licia

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domenica 7 luglio 2019

La "prosa" nell'arte figurativa: i Carracci a Bologna.

Questo articolo ribadisce in modo inequivocabile la cruciale scoperta nella storia dell'estetica del concetto di "prosa" nelle arti figurative, esemplificato nel cospicuo operato di Ludovico, Annibale, Agostino ed Antonio Carracci, e che diviene pedagogico nell'intendimento dell'autore.
Alla comprensione di questi intelligenti operatori culturali più articolata è indispensabile collegamento il testo che viene anche citato nel saggio precedente (proveniente da "SeleArte", n.26, sett.-ott. 1956), cioè I Carracci e la critica d'arte nell'età Barocca, che è stato e resta basilare per la giusta considerazione di questi artisti, mentre il saggio-recensione della mostra bolognese ne è il suggello. Per un'analisi più approfondita del pensiero di C.L.R. circa i Carracci è necessario complemento il suo volume L'arte e la critica, nell'edizione Vallecchi del 1980 che comprende oltre alla ripubblicazione dell'ormai (allora) introvabile testo del 1935; così anche La cultura artistica e l'arte barocca (1933, più nota 1980) e ancora la riproposta della "Presentazione" all'edizione de L'arte barocca di Matteo Marangoni (1973, più nota 1980). Sempre attinente e necessario antefatto al periodo e alle problematiche linguistiche nell'edizione 1980 de L'arte e la critica è presente Il valore dell'opera di Giorgio Vasari (1930/31) con una nota che ricorda le Vite del Vasari edite da Rizzoli nel 1971 la cui Introduzione rifonda ed amplia quella precedente 1942, 1949.
Riguardo ai Carracci nella Bibliografia degli scritti di C.L.R. risultano poche voci, di cui una sembra sbagliata. Certamente dato l'argomento e l'importanza che gli attribuiva, l'autore si è espresso su di loro in
altri contesti, come nelle lezioni universitarie sia di Pisa che dell'U.I.A. di Firenze, queste ultime registrate e delle quali dovrebbero esserci ancora i nastri. Anche dagli "incisi" in articoli e nei volumi stampati è molto probabile ricavare dati coinvolgenti i Carracci. L'analisi sulla loro opera è comunque definita e deducibile dai dati citati in questa sede.

Dalla Bibliografia degli Scritti:
  • I Carracci e la critica d'arte nell'età Barocca, in "La Critica", Laterza, Bari 1931-32, XXXI, p.65 e ss. e p.96 e ss. Replicato in L'Arte in Italia, Vallecchi, Firenze 1980 edizione derivata da "Critica d'Arte", a. XLV, n.s. n. 169-171, pp.133-169.
  • Gli affreschi del Camerino di Palazzo Farnese a Roma di Annibale Carracci, in "La Critica d'Arte", rubrica "Dalle riviste", a. II, n. 5-6, sett.-dic. 1937.
  • Esposizione di disegni di scuola bolognese a Londra, in "La Critica d'Arte", n. 4-6, f. XVI-XVIII, ago.-dic. 1938, pp.XIX-XXII.
  • Una mostra della prosa nell'arte figurativa – i Carracci a Bologna, in "SeleArte", n.26, sett.-ott. 1956, pp.21-28.
  • Prints and related Drawings by the Carracci family. A catalogue raisonné, in "Critica d'Arte", Recensioni, n. 171-174, lug.-dic. 1980, dopo p. 222.



Addendum


Correggendo le bozze del testo redazionale soprastante, mi è frullato nel cervello il dubbio di non aver reperito, nonostante le cautele ivi dichiarate, qualcosa di inerente e significativo al riguardo. Perciò prima di programmare il post ho dato una scorsa ad alcuni volumi di scritti di Carlo L. Ragghianti. In Arti della visione, III. Il linguaggio artistico (Einaudi, Torino 1979, volume mal distribuito, quindi di più difficile reperibilità) ho individuato lo scritto intitolato Mostra della prosa nell'arte figurativa (pp. 251-261). Ho quindi riscontrato che al titolo differente corrispondeva il testo pubblicato nel 1956 su “SeleArte”. Controllando, però, ho trovato diversità abbastanza numerose nella scrittura ed almeno un'aggiunta tra parentesi di un intero paragrafo. Dopo qualche dubbio ho deciso di ristampare, dopo il saggio da “SeleArte”, integralmente questa versione-revisione. Mi è sembrato opportuno, cioè, cogliere l'occasione per indicare un esempio del procedere nella stesura dei propri testi da parte di C.L.R., ricorrente modalità di intervento su un



proprio scritto già “definitivo”. Questo tipo di procedimenti vuoi come varianti o precisazioni, vuoi come vere e proprie aggiunte era nell'autore costante e costituiva anche la ragione principale della sua cattiva nomea nelle Case editrici, per le quali questo modo di procedere rappresenta aumenti di costi e ritardi – a volte non indifferenti nella pubblicazione. D'altro canto ci sono degli autori che non possono e non devono essere sottoposti alla – spesso abusiva ed arbitraria – curatela dell'editor. Mi riferisco agli scrittori di letteratura con un proprio stile autentico e ai critici, storici, pensatori originali, i quali devono potersi esprimere senza costrizioni. L'appiattimento editoriale si riscontra oggi anche troppo spesso: troppi libri di troppi autori differenti sembrano scritti dallo stesso autore (plot compresi). Comunque questo testo bis è utile come esercizio filologico e critico di verifica sul come un autore completa il proprio pensiero anche letterariamente in corso o successivamente come complemento, chiarimento miglioramento del proprio pensiero.
F.R. (8 e 29 maggio 2019)




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