Ogni volta
che apro il nostro blog "Ragghianti&Collobi", atto che
compio almeno una volta al giorno, subito guardo la fotografia di
"copertina" con i miei genitori sul terrazzo di Villa La
Costa, sorridenti e già maturi, proprio come li ricordo in quegli
anni quando avevo iniziato a collaborare con loro, riordinando anche
la Fototeca dopo la confusione lasciata dal precedente – e pagato –
incaricato Raffaele Monti. Oggi, finalmente e fortuitamente,
focalizzo l'attenzione sul libro che Carlo L. Ragghianti tiene
sottobraccio e mi par di riconoscerlo per uno dei tre volumi del
monumentale Catalogue of
Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum:
ingrandisco l'immagine e vedo che si tratta proprio del terzo volume
dell'opera di John Pope-Hennessy, 1964. Ciò pone la fotografia in
una data immediatamente posteriore, al 1965 come conferma il taglio
di capelli della Mamma, siccome il parrucchiere Primo la acconciò in
occasione della festa al Forte del Belvedere per il trentesimo
anniversario di "Critica d'Arte".
Questa
circostanza bibliografica mi ha fatto tornare in mente un breve testo
che scrissi in corsia del Pronto Soccorso di Careggi durante la
settimana di degenza che vi trascorsi nel 1994, in seguito ad una
grave melena dovuta alla componente acetilsalicilica di un farmaco
antinfluenzale. E' un testo che redassi per scacciare la noia e fu
motivato dalla notizia, letta nella cronaca di Firenze, della morte
di sir John della cui esistenza in verità mi ero scordato. Questa
nota mi è anche cara perché divenne la prima di quella serie di
"dramatis personae" che iniziai per fissare la memoria di
circostanze interessanti o di una certa importanza. Proprio in quei
giorni, in un non casuale riesame della propria esistenza, decisi che
– una volta tornato a casa – avrei distrutto ogni traccia di
tutto ciò che avevo prodotto come "negro" o comunque per
conto terzi perché costretto dalle necessità derivate dalla
disoccupazione e poi dal part-time. Si trattava di testi che in parte
non avrei potuto divulgare per il contratto di riservatezza col
committente, in parte, e soprattutto perché estranei ai miei
interessi e convincimenti.Riporto
nella sua integrità il suddetto contributo:
POPE
HENNESSY, sir John
<<Anche
sir John se n'è andato, in punta dei piedi come quel vero gentlemen
inglese che era. Non so bene quali rapporti intellettuali avesse
avuto col babbo, certo conosceva meglio di tanti altri longhiani il
suo lavoro e le sue capacità di connoisseur,
poco note perché esercitate en passant, ma penetranti. E lo stimava
– anche questo tramite Berenson? – come d'altra parte il babbo
apprezzava il suo lavoro filologico sulla scultura italiana. L'ho
conosciuto proprio alle esequie del babbo, quando arrivammo a
Trespiano al seguito immediato del carro funebre. Parcheggiai l'auto
pochi metri oltre il furgone, per non intralciare la cerimonia del
commiato dalla salma al cospetto del Gonfalone, insignito della
medaglia d'oro che proprio Ragghianti, nel 1945 da Roma, gli fece
attribuire per il valoroso comportamento della popolazione
fiorentina, di cui lui stesso aveva coordinato e guidato la
resistenza.
Isolato, accanto ad una signora che mi pareva di conoscere – era Alessandra Pandolfini, ormai da molto vedova Marchi – , c'era un signore canuto, alto e
dinoccolato. Mentre le sorelle procedevano verso
Fanfani e Spini già accanto alla bara, la Marchi mi fermò dicendo:
'Questo è sir John. Vuole farvi le
condoglianze.' Le fece in perfetto
italiano; ci stringemmo la mano con un reciproco inchino molto
"vieux-jeu". (3/11/1994, dall'ospedale)
Per
completare questo Post mi sono un po' documentato, colmando le lacune
del testo precedente, e ho riscontrato che Ragghianti su "Critica
d'Arte", sett-dic. 1937, p. XLIV, dedica una nota di sedici
righe a Predella da Giovanni di Paolo, pubblicato dal
Pope-Hennessy; poi sul fascicolo XIV (Aprile 1938) della rivista a p.
XI c'è la breve recensione dello studio sui pittori lucchesi
Zacchia. Nel viaggio di studio e di cospirazione antifascista del
1939 in Gran Bretagna R. non conobbe P.-H. di persona, cosa che
avvenne forse in precedenza a Roma, come si deduce da una lettera del
critico inglese datata 20 agosto. Nel dopoguerra ci sono stati
sicuramente contatti non frequenti, stanti le differenti
frequentazioni sociali tra i due studiosi, come attesta la loro
stringata corrispondenza, conseguenza anche del fatto che sir John
abitò a lungo a Pisa (dove R. insegnava), poi a Firenze (dove
R. abitava).
Nel
penultimo fascicolo della prima serie di "seleArte" (n.
76, ott.-dic. 1965, pp 29-34) mio padre recensì l'opus da cui
prende spunto questo Post, con queste positive considerazioni: "Più
che un catalogo, e sia pure quanto mai approfondito nell'analisi
storico-critica, e larghissimo di informazione, è una vera e propria
storia della scultura italiana dal XI al XIX secolo. La raccolta del
museo londinese, infatti, è per la scultura italiana la più grande
del mondo, e quasi tutti i grandi e minori artisti vi sono
rappresentati, spesso con opere fondamentali per la loro conoscenza.
Particolarmente ampia è la documentazione delle "scuole"
di Civitali, di Amadeo, dei Lombardi e numerosa la collezione degli
scultori fiorentini del Cinquecento.
Poiché
è impossibile dare qui una anche sommaria relazione sul vastissimo
compito svolto dall'A., né sarebbe il
luogo, questo, per discutere ed esaminare le tante attribuzioni, i
molti riconoscimenti che gli si debbono, ci limitiamo ad illustrare,
per i nostri lettori, pochi esempi delle opere da lui schedate...".
Dopo
la pubblicazione di questo testo non risultano – salvo un invito,
declinato per impegni, a tenere un corso di lezioni alla neonata
Università Internazionale dell'Arte – particolari contiguità tra
i due studiosi fino al 1986, quando l'antico amico e collega
all'Università di Pisa Tristano Bolelli chiese a Ragghianti di
presiedere la Giuria del Premio Galilei, del quale il glottologo
insigne era il fondatore e promotore. Nella sua 25ma edizione il
premio di questa prestigiosa manifestazione doveva essere attribuito
a uno Storico dell'Arte. La Giuria attribuì l'ambito riconoscimento
a Pope-Hennessy, con la motivazione finale che riprendiamo dal
manoscritto del suo Presidente (e che comunque riproduciamo nelle sue
due pagine) che si concludeva con questo giudizio di Ragghianti: "il
contributo dato da John Pope-Hennessy allo studio e alla conoscenza
dell'arte italiana fra i secoli XIV e XVII non ha confronti sul piano
internazionale, e pochi riscontri nella stessa Italia, alla cui arte
lo studioso ha dedicato un impegno di cinquant'anni, coronato da
risultati che hanno agito in modo determinante e sempre significativo
per ristabilirne le componenti e la storia".