Carlo e Licia

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lunedì 13 novembre 2017

Traversata di un trentennio, 1

Quarant'anni dopo: siamo sempre lì.

Perché ristampare Traversata di un trentennio. Testimonianza di un innocente? Rispondiamo con le parole (vedi “SeleArte”, IV serie, n. 17, 1° maggio 1993, p. 3) scritte or sono quasi venticinque anni, prima del nefasto Berlusconi, prima della dissoluzione delle “ideologie” tradite sistematicamente


dai propri portabandiera, prima dell'attuale scampato pericolo liberticida di tradimento costituzionale e in vista delle elezioni politiche – previste per la primavera 2018 – il cui esito si profila irrimediabilmente catastrofico. Citando Benedetto Croce, heri dicebamus
Pensiamo di riproporre l'intero testo diviso in cinque mensilità, in modo che per le cruciali e quasi sicuramente non risolutive elezioni del 2018 l'opera sia disponibile per una – di fatto assai contenuta – consultazione e possibilità di riflessione.
Quindi qui citiamo quanto d'altro in proposito del libro sia comparso in “SeleArte”, IV serie, e poi leggibile in questo blog. Inoltre contiamo di rendere pubblici i documenti e lettere di C.L.R., riguardanti il libro, postandoli come Appendici dopo il testo originale. Così nel fascicolo 17 sopra citato, oltre all'Editoriale (p.3) si leggono le recensioni di Raffaello Franchini, Traversata (p.6); di Manlio di Lalla La rinascita italiana non è impossibile (p.9); di Cosimo Ceccuti La Traversata ha vinto il Premio Internazionale Nuova Antologia (p.10). Invece nel fascicolo n. 6 di “SeleArte” (qui postato il 30.12.2016) a p. 19 riportiamo quanto C.L.R. scrisse in proposito a Pascale Budillon Puma: “Il mio libro del 1977 Traversata...è il resoconto del fallimento non tanto mio e della Resistenza, ma della democrazia organica nel nostro Paese (io mi sono anche speso per la riforma dell'amministrazione del Patrimonio artistico)...”. Nello stesso fascicolo n. 6 da p. 31 a p. 48 abbiamo: “Sul volume Traversata di un trentennio e sul 'compromesso' partitocratico. Lettere e documenti/Il compromesso (12/12/1978), p. 32; a Sandro Pertini 
(20/11/1978), p. 33; a Sergio Fenoaltea (25/11/1978), p. 34; a Giuseppe Are (20/11/1978), p. 35; da Carlo Cassola (27/11/1978), p. 36; a Carlo Cassola (3/12/1978), p. 37; a Ugo La Malfa (25/11/1978), p. 38; a Domenico Settembrini (3 e 21/12/1978), pp. 39,40; a Enzo Bettiza (21/12/1978), p. 41; a Elena Croce (21/12/1978), p. 42; a un'Amica (1/1/1979), p. 43; Sulla fine della prima repubblica (9/4/1979), p. 45; Recensione di Riccardo Bauer (4/1979), p. 46; a Riccardo Bauer (8/5/1979), p. 48. 
Sempre in “SeleArte”, poi, compaiono altre citazioni che saranno riscontrabili negli Indici di questa IV serie, al momento in avanzato stadio di preparazione. Contiamo, altresì, di completare entro breve tempo la postazione di tutti i fascicoli fino al n. 26 ed ultimo.
Vedendo il precedente riferimento a Sandro Pertini mi è d'obbligo, ancorché caro, ricordare ancora una volta la coerenza morale di Ragghianti, incurante di tatticismi e private convenienze, nonché il fatto notorio che la pubblicazione de la Traversata gli costò la nomina di senatore a vita, che il tronfio e “prudente” nonché sostanzialmente conformista Pertini gli aveva fatto intravedere.
A questo proposito è opportuno rendere nota la lettera indirizzata a Indro Montanelli, col quale Ragghianti dal 1974 aveva una libera e saltuaria collaborazione a “Il Giornale” e riconsiderati rapporti di stima personale.


Come si vede, la consuetudine di un pensiero rigoroso e distintivo oggettivizza – con una punta di sarcasmo toscano – il comportamento ondivago e fatuo di questo Presidente (da me conosciuto di persona e più volte frequentato) tutto sommato positivo, ancorché politicamente di statura tra i più modesti della storia repubblicana.
Mi corre poi il dovere di ricordare che di Traversata di un trentennio fu fatta nel 2002 (libri“liberal”, Firenze) una nuova edizione conforme alla prima (anzi con due refusi corretti) e prefata da un lungo saggio di Sandro Bondi. Invero nel concedere l'autorizzazione alla ristampa fummo un po' condizionati dal compiacimento per l'inattesa iniziativa contrastante la damnatio memoriae nei confronti di C.L.R., non solo sul piano politico e storico, di gran parte di quel mondo intellettuale che – volgarmente sì ma con sostanza di verità – Mario Scelba definì “culturame”. Un po' contò anche il fatto che beatamente ignoravamo chi fosse il prefatore designato, garantito per altro da persone che ancora consideravamo stimabili.
Con questo non voglio dire che questo introibo di Bondi sia tendenzioso e tanto meno disonesto. Anzi, premesso che chi scrive in buona fede ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, in questo caso si tratta di un saggio di ventuno pagine meditato, equilibrato e dignitoso. E poi, se la conclusione che l'autore ne trae sembra “tirare la giacchetta” di R. verso le sponde “liberali” del gruppo 

politico di Bondi, essa è espressa in forma dubitativa. Il che se gli consente di poter fare tale affermazione, al contempo mi consente di dire che Ragghianti non avrebbe mai potuto sostenere un accordo politico, strategico o tattico che fosse, comprendente i fascisti, ma anche mi permette dichiarare che C.L.R. non avrebbe aderito nemmeno a un ambiguo calderone come la “gioiosa macchina da guerra” del coraggioso Occhetto, poi tradito in malo modo dai suoi compagni. Comunque il testo promozional-definitorio della quarta di copertina dell'edizione “liberal” recita che questo libro è “Il testo-chiave per capire cosa è stato il consociativismo e perché pesa ancora così fortemente sul destino politico italiano”.
Parole sante, parole senz'altro condivisibili da parte di un C.L.R. se fosse stato ancora in vita, condivise da noi allora ed oggi rese di nuovo valide dagli squallidi comportamenti politici in circolazione, sempre – e forse più – consociativi sulle stanche spalle e sulle tasche vuote di troppi di noi cittadini, almeno quelli non ancora sudditi per adesione interessata o per ignava ignoranza.
In conclusione, ritengo opportuno citare quanto, tra l'altro, C.L.Ragghianti comunicò a Indro Montanelli il 28 agosto 1978 a proposito di questo suo saggio, che il finissimo critico letterario ed abile operatore culturale Geno Pampaloni definì essere “un libro profetico!”.


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