Quarant'anni
dopo: siamo sempre lì.
Perché
ristampare Traversata di un trentennio. Testimonianza di un
innocente? Rispondiamo con le parole (vedi “SeleArte”, IV
serie, n. 17, 1° maggio 1993, p. 3) scritte or sono quasi
venticinque anni, prima del nefasto Berlusconi, prima della
dissoluzione delle “ideologie” tradite sistematicamente
dai propri portabandiera, prima dell'attuale scampato pericolo liberticida di tradimento costituzionale e in vista delle elezioni politiche – previste per la primavera 2018 – il cui esito si profila irrimediabilmente catastrofico. Citando Benedetto Croce, heri dicebamus:
Pensiamo di
riproporre l'intero testo diviso in cinque mensilità, in modo che
per le cruciali e quasi sicuramente non risolutive elezioni del 2018
l'opera sia disponibile per una – di fatto assai contenuta –
consultazione e possibilità di riflessione.
Quindi qui
citiamo quanto d'altro in proposito del libro sia comparso in
“SeleArte”, IV serie, e poi leggibile in questo blog. Inoltre
contiamo di rendere pubblici i documenti e lettere di C.L.R.,
riguardanti il libro, postandoli come Appendici dopo il testo
originale. Così nel fascicolo 17 sopra citato, oltre all'Editoriale
(p.3) si leggono le recensioni di Raffaello Franchini, Traversata
(p.6); di Manlio di Lalla La rinascita italiana non è impossibile
(p.9); di Cosimo Ceccuti La Traversata ha vinto il Premio
Internazionale Nuova Antologia (p.10). Invece nel fascicolo n. 6
di “SeleArte” (qui postato il 30.12.2016) a p. 19 riportiamo
quanto C.L.R. scrisse in proposito a Pascale Budillon Puma: “Il mio
libro del 1977 Traversata...è il resoconto del fallimento non
tanto mio e della Resistenza, ma della democrazia organica nel nostro
Paese (io mi sono anche speso per la riforma dell'amministrazione del
Patrimonio artistico)...”. Nello stesso fascicolo n. 6 da p. 31 a
p. 48 abbiamo: “Sul volume Traversata
di un trentennio e sul 'compromesso' partitocratico.
Lettere e documenti/Il compromesso (12/12/1978), p. 32; a Sandro
Pertini
(20/11/1978), p. 33; a Sergio Fenoaltea (25/11/1978), p. 34; a Giuseppe Are (20/11/1978), p. 35; da Carlo Cassola (27/11/1978), p. 36; a Carlo Cassola (3/12/1978), p. 37; a Ugo La Malfa (25/11/1978), p. 38; a Domenico Settembrini (3 e 21/12/1978), pp. 39,40; a Enzo Bettiza (21/12/1978), p. 41; a Elena Croce (21/12/1978), p. 42; a un'Amica (1/1/1979), p. 43; Sulla fine della prima repubblica (9/4/1979), p. 45; Recensione di Riccardo Bauer (4/1979), p. 46; a Riccardo Bauer (8/5/1979), p. 48.
Sempre in “SeleArte”, poi, compaiono altre citazioni che saranno riscontrabili negli Indici di questa IV serie, al momento in avanzato stadio di preparazione. Contiamo, altresì, di completare entro breve tempo la postazione di tutti i fascicoli fino al n. 26 ed ultimo.
Sempre in “SeleArte”, poi, compaiono altre citazioni che saranno riscontrabili negli Indici di questa IV serie, al momento in avanzato stadio di preparazione. Contiamo, altresì, di completare entro breve tempo la postazione di tutti i fascicoli fino al n. 26 ed ultimo.
Vedendo il precedente riferimento a Sandro Pertini mi è d'obbligo, ancorché caro, ricordare ancora una volta la coerenza morale di Ragghianti, incurante di tatticismi e private convenienze, nonché il fatto notorio che la pubblicazione de la Traversata gli costò la nomina di senatore a vita, che il tronfio e “prudente” nonché sostanzialmente conformista Pertini gli aveva fatto intravedere.
Come si
vede, la consuetudine di un pensiero rigoroso e distintivo
oggettivizza – con una punta di sarcasmo toscano – il
comportamento ondivago e fatuo di questo Presidente (da me conosciuto
di persona e più volte frequentato) tutto sommato positivo, ancorché
politicamente di statura tra i più modesti della storia
repubblicana.
Mi corre poi
il dovere di ricordare che di Traversata di un trentennio fu
fatta nel 2002 (libri“liberal”, Firenze) una nuova edizione
conforme alla prima (anzi con due refusi corretti) e prefata da un
lungo saggio di Sandro Bondi. Invero nel concedere l'autorizzazione
alla ristampa fummo un po' condizionati dal compiacimento per
l'inattesa iniziativa contrastante la damnatio memoriae nei
confronti di C.L.R., non solo sul piano politico e storico, di gran
parte di quel mondo intellettuale che – volgarmente sì ma con
sostanza di verità – Mario Scelba definì “culturame”. Un po'
contò anche il fatto che beatamente ignoravamo chi fosse il
prefatore designato, garantito per altro da persone che ancora
consideravamo stimabili.
Con questo
non voglio dire che questo introibo di Bondi sia tendenzioso e
tanto meno disonesto. Anzi, premesso che chi scrive in buona fede ha
il diritto di esprimere le proprie opinioni, in questo caso si tratta
di un saggio di ventuno pagine meditato, equilibrato e dignitoso. E
poi, se la conclusione che l'autore ne trae sembra “tirare la
giacchetta” di R. verso le sponde “liberali” del gruppo
politico di Bondi, essa è espressa in forma dubitativa. Il che se gli consente di poter fare tale affermazione, al contempo mi consente di dire che Ragghianti non avrebbe mai potuto sostenere un accordo politico, strategico o tattico che fosse, comprendente i fascisti, ma anche mi permette dichiarare che C.L.R. non avrebbe aderito nemmeno a un ambiguo calderone come la “gioiosa macchina da guerra” del coraggioso Occhetto, poi tradito in malo modo dai suoi compagni. Comunque il testo promozional-definitorio della quarta di copertina dell'edizione “liberal” recita che questo libro è “Il testo-chiave per capire cosa è stato il consociativismo e perché pesa ancora così fortemente sul destino politico italiano”.
Parole sante, parole senz'altro condivisibili da parte di un C.L.R. se fosse stato ancora in vita, condivise da noi allora ed oggi rese di nuovo valide dagli squallidi comportamenti politici in circolazione, sempre – e forse più – consociativi sulle stanche spalle e sulle tasche vuote di troppi di noi cittadini, almeno quelli non ancora sudditi per adesione interessata o per ignava ignoranza.
In conclusione, ritengo opportuno citare quanto, tra l'altro, C.L.Ragghianti comunicò a Indro Montanelli il 28 agosto 1978 a proposito di questo suo saggio, che il finissimo critico letterario ed abile operatore culturale Geno Pampaloni definì essere “un libro profetico!”.
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