Su questo personaggio
eclettico, ma non dilettantesco, liberale non conformista, non
retrivo e politicamente eterodosso, originale e dai comportamenti
piuttosto atipici, mi sembra sia calato un silenzio che, data
l'attuale situazione morale, culturale e politica, è cosa che desta
almeno rammarico.
Pànfilo Gentile
(1889-1971) fu anche avvocato famoso, giornalista di primo piano
diresse “La Nazione” di Firenze, poi fu fondista del “Corriere
della Sera”. Come uomo politico fu antifascista e tra gli
ispiratori della Terza Forza (1947 ss.) - movimento cui
partecipò anche C.L. Ragghianti – che tendeva a unificare le
componenti laiche dai liberali ai repubblicani ai socialisti
democratici; partecipò anche attraverso “Il Mondo” fondato e
diretto da Pannunzio, con una parte rilevante al Movimento liberale
che portò alla fondazione del Partito Radicale (quello serio, che fu
poi scalato dal ricattatore seriale e mediatico Narciso Pannella).
La sua biografia di
Wikipedia è decente – caso raro – e nel secondo volume del
Dizionario del liberalismo italiano (pp. 540-544) Alberto Giordano ne
ha scritto una esauriente su questo filosofo e attivista politico
liberale che subì l'ostracismo di gran parte del mondo politico e
culturale, Giovanni Malagodi in primis.
Voglio ricordare che nel
1946, con Benedetto Croce presidente del P.L.I., Gentile scrisse: “O
il liberalismo saprà esso fare la sua critica al capitalismo, e
allora investito della stessa autorità dei suoi avversari, vivrà e
progredirà, o invece esso resterà nelle sue attuali posizioni, ed
allora sarà necessariamente sopraffatto”. Frase che – mutatis,
mutandis – suona valido epitaffio anche per il Partito
democratico odierno.
Pànfilo Gentile è stato
anche acerrimo oppositore della deriva “partitocratica” del
dopoguerra, anzi fustigatore secondo Marcello Veneziani (“Il
Giornale”, 20 giugno 1991, p.3) Gli viene anche attribuito il
neologismo “sottogoverno”, altra situazione che deplorava
duramente.
Comunque di seguito a
questa nota redazionale riporto due ricordi di Indro Montanelli e un
paio di fotografie del 1947 e 1948 da “L'Europeo” fondato e
diretto da Arrigo Benedetti, altro amico liberaldemocratico.
Sempre dopo questa nota
pubblicheremo dal carteggio di questo cinofilo Gentile con C. L.
Ragghianti – quantitativamente modesto ma significativo – alcune
lettere attinenti la storia dell'arte, tra cui un
“sentito” distinguo
in cui C.L.R. chiarisce il livello del suo metodo storico e critico
(22.5.1950), dovendo “strapazzare” il povero Roberto Salvini, cui
l'incauto Gentile lo accostava; il 22 marzo 1952 Ragghianti commenta
l'invio di Cinema arte figurativa. Tra le lettere della
corrispondenza che non riproduciamo perché utilizzabili in altri
post pertinenti al loro contenuto, alcune sono importanti e
riguardano l'adesione di C.L.R. al convegno sulla rifondazione
liberal progressista del 1951; la rievocazione della Liberazione di
Firenze dell'11 agosto 1952; la dolorosa situazione del “caso”
Comel (11.10.1952).
Venendo finalmente al
saggio Riflessioni sull'arte (pubblicato in apertura del n.5,
sett. 1954, della nuova serie Vallecchi di “Critica d'Arte”)
debbo dire soltanto che C.L. Ragghianti ritenne evidentemente la
qualità dello scritto idonea alle alte esigenze della sua rivista.
Questo si deduce anche dalla comunicazione liberatoria dell'autore
anche in caso di non accettazione: “...se ella potrà pubblicarlo
nella sua nuova rivista Critica d'Arte, mi farà cosa grata. Se
invece ritenesse di non poterlo pubblicare allora mi riuscirebbe
ugualmente gradito un semplice consiglio circa la rivista che a suo
parere potrebbe ospitarlo”.
Sia chiaro che così
scrivendo non sto avanzando perplessità o riserve sulla qualità
della riflessione di Gentile, che mi pare proprio vada bene e sia di
proficua lettura. Sono cauto semmai circa la mia capacità di
giudizio circa il contenuto di così alto profilo.
Per concludere le
supposizioni che possano manifestarsi circa un autore il cui pensiero
si è indirizzato diversamente (ma non si scordi che G. fu pittore e,
comunque, era un “filosofo”), voglio escludere interventi
“migliorativi” di C.L. Ragghianti: Gentile non era un giovincello
alle prime armi, tanto meno un allievo da incoraggiare mostrandogli
tramite interventi come “migliorare” il proprio contributo.
Perciò ribadisco che non è lecito avere riserve riguardo alla
stesura di questo saggio. Anzi, proprio scrivendo, mi sto convincendo
del fatto che pubblicando un autore non “professionale” C.L.R.
volesse anche indicare che la nuova serie di “Critica d'Arte” non
voleva essere soltanto un organo per specialisti e filologi, ma una
testata di cultura artistica disponibile per diffondere idee e
opinioni non conformiste, non imitative, non convenzionali.
F.R. (8 novembre 2018)
da "il Giornale" del 29 Marzo 1989.
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