Carlo e Licia

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lunedì 31 dicembre 2018

Necrologi, Ricordi, Resoconti, 2.

Con ritardo superiore al previsto – lusso che non potrei e dovrei permettermi – pubblico (come annunciato nel post del 31 dicembre 2017) altri scritti dai quotidiani e dalle riviste in occasione della morte di Carlo L. Ragghianti (3 agosto 1987).
Queste pubblicazioni non sono soltanto un documento e non vogliono essere intere come vanto dei familiari superstiti di una persona che è stata davvero importante ed inconsueta sia dal punto di vista culturale che da quello storico e sociale. Sono, e vorrei che fossero per altri lettori, uno stimolo oltre che informativo utile al processo dialettico per inquadrare meglio C.L.R. nella cultura e nella storia del Novecento, che per l'Italia è stato ancora una volta periodo di presenza e risonanza globale soprattutto per gli aspetti artistici e culturali. Presenza che in questo XXI secolo recessivo mi sembra sia stata evidenziata soprattutto da “bunga-bunga” e altre poco amene idiozie implicitamente criminali quali – ad esempio – l'attentato alla Costituzione Repubblicana (2016) sostenuto da arroganti dilettanti allo sbaraglio gestori pro-tempore del patrimonio etico (quel che ne resta) ed economico di noi tutti.
Stante che il materiale di un certo risalto è ancora cospicuo quanto a volume, procedo in questo post riportando una parte dei “coccodrilli” dei quotidiani, legati all'immediatezza della cronaca, e qualche profilo e ricordo più approfondito e meditato. Quindi esaurire la mole di questi materiali (va tenuto anche conto che ne esistano altri di cui ora non siamo al corrente) si rende necessario almeno un altro post successivo a questo.
Prima di procedere penso sia opportuna una precisazione: la scelta di Pier Carlo Santini che ha costituito la prima parte di questa serie fu dettata dall'esigenza di documentare l'immediatezza della cronaca da un lato, dall'altro di ricordare il Maestro attraverso i documenti più elogiativi nella sostanza tra quelli a quel momento più noti. Cioè praticamente tutti perché chi aveva intenzione di dissentire non si sarebbe certo espresso proprio in quei giorni al di là di cauti distinguo e di velati accenni (come, ad es., lealmente ha fatto Federico Zeri).
In questa seconda serie la parte relativa ai quotidiani riguarda soltanto quelli fiorentini con gli articoli non resi già noti da P.C. Santini tramite “LUK”. Si voglia scusare la pessima qualità di alcune riproduzioni dovuta all'originale di cui disponiamo.
Su “Il ponte” Renzo Federici, già collaboratore allo Studio Italiano di Storia dell'Arte e a “La Strozzina” di Carlo L. Ragghianti e che abbiamo ricordato più volte (v.: “Atti del Convegno per le Arti figurative, Firenze 1948, n.5”, postato il 25 novembre) alle pp. 204-211 traccia un profilo della sua concomitanza con C.L.R. con tono vagamente critico ed anche pungente proprio là dove mio padre era particolarmente originale ma poco compreso. Ciò nonostante risulta un contributo positivo anche per la sostanziale incomprensione metodologica comunque ammirata e non settaria né rancorosa. Dopo aver letto queste pagine (che riproduco però dal dattiloscritto dettato e corretto dall'autore, che reputo filologicamente più interessante) devo riconoscere a Federici una capacità di scrittore e di acume letterario di cui non ero pienamente consapevole, pur mantenendo la convinzione di validità delle mie impressioni e osservazioni sulla sua fragilità basilare. Tutto sommato questo scritto è un contributo interessante e stimolante ma parziale per una ricostruzione della complessa figura di mio padre lottatore coerente e imperterrito, però anche profondamente umano. Penso che P.C. Santini avrebbe dovuto comunque inserirlo nella sua “antologia” pubblicata su “LUK” e qui riprodotta nel citato post del 31 dicembre 2017.
Rolando Bellini, un amico disperso nell'aspro scorrere del tempo e nei casi della vita, nello stesso fascicolo de “Il Ponte” (pp. 211-216) subito dopo quello di Federici scrive un ricordo centrato sugli otto anni di collaborazione con Ragghianti (1978-1986). Il taglio è però prevalentemente analitico e metodologico, condotto con chiara e convinta scrittura (salvo qualche ammiccamento, in lui consueto) nella quale partecipa anche la propria ammirazione, l'affetto e l'evidente condivisione delle problematiche. Da parte mia voglio sperare che quanto Bellini scrive in chiusura del saggio sia auspicio di prossima affermazione e riconoscimento, cioè che “dispersi i rancori e gli acidi, la sua figura giganteggierà”. Di Enrico Moratti, giornalista radiofonico del GR3, intellettuale socialista democratico, che si avvicinò a Carlo L. Ragghianti soprattutto in seguito alla lettura di Traversata di un Trentennio (1978) e di Marxismo perplesso (1980), riproponiamo il saggio pubblicato su “Tempo presente” (n.82-83, nov.-dic. 1987, pp. 36-45).
Questo scritto più che un elogio funebre è una ricostruzione bio-bibliografica storico-critica dell'attività e della vita intellettuale di Ragghianti. Sostanzialmente equilibrato e chiaro il testo si distingue per l'intento di voler richiamare l'importanza e l'esemplarità del pensiero e della coerente condotta morale nell'ambito della cultura “laica” non marxista, già allora assai corriva con il malcostume ormai imperante di derivazione da un lato clericale, dall'altro liberal-massonico con sponde piduiste. Tant'è vero che oggi la laicità democratica fondata su solide basi etiche si può dire, se non proprio inesistente, rappresentata da rare, isolate personalità minoritarie, quando non decisamente emarginate.
Di Enrico Moratti, che negli anni Ottanta è stato uno dei pochi intellettuali più sinceramente vicini a Carlo L. Ragghianti, riproporremo altri scritti sull'opera di mio padre. Spero anche di riuscire a individuare, nell'oblio che lo riguarda (risulta omonimo di un clericale lombardo e poco più da Google) e cela i dati e i pregi di quell'omone alto, corpulento, imponente, dalla testa grossa ma fine. Voglio comunque ancora ringraziarlo del telegramma che inviò in occasione della morte del babbo riproducendolo qui di seguito, anche perché fu uno di quelli veramente apprezzati da Licia Collobi, mia madre, la quale aveva – tra l'altro – un fiuto praticamente infallibile nel riconoscere i galantuomini dagli opportunisti.


F.R. (12 dicembre 2018)

venerdì 28 dicembre 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 11. Quinto MARTINI, MANZU'


Post precedenti:

1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”;  organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4. 25 marzo 2018
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.
5. 15 aprile 2018
Artisti: BARTOLINI.
6. 4 maggio 2018
Artisti: SAVINIO, TROMBADORI, MONACHESI, FONTANA, MUNARI, FRANCALANCIA.
7. 3 luglio 2018
Artisti: FURLOTTI, METELLI, BARBIERI, BROGGINI, CAGLI, CAPOGROSSI.
8.
Artisti: CESETTI, FAZZINI, GENNI WEIGMANN, GENTILINI, GUTTUSO.
9. 16 settembre 2018
Artisti: Edita e Mario BROGLIO.
10.  20 novembre 2018 (1 parte), 5 dicembre 2018 (2 parte).
Artisti: LEVI, MAFAI, RAPHAEL MAFAI.

domenica 23 dicembre 2018

Arti decorative in Italia 1920-1950 - La forza della modernità

Teresa Filieri, allora direttrice della Fondazione Ragghianti di Lucca, avverte nella sua pagina introduttiva al volume La forza della modernità – Arti in Italia 1920-1950 che i curatori dell'esposizione e dell'eccellente catalogo mettono “in luce le inequivocabili, coerenti e strettissime relazioni culturali intercorrenti tra i molteplici aspetti che le arti decorative assumono tra il 1920 e il 1950 e quanto contemporaneamente avviene nei più noti e indagati campi delle arti figurative”. Effettivamente Maria Flora Giubilei e Valerio Terraroli – e i loro collaboratori Nico Stringa, Alessandra Tiddia, Gioacchino Barbera, Claudia Casali, Olivia Rucellai, Stefania Cretella, Monica Vinardi, Giulia Gueci– riescono pienamente a raggiungere l'obiettivo prefissatosi di integrare la conoscenza delle cosiddette (fino a qualche tempo fa) arti figurative canoniche con quelle impropriamente dette arti minori, nonché arti decorative. Complimenti davvero per la ricca e rara – in certi casi direi rarissima – documentazione visiva e per i testi e gli apparati che illuminano artisti assai meno noti di quanto meritino.
Affrontando con il consueto ritardo questo corposo volume (cm.27h x 23,5 e di ben 400 pagine) dal titolo post futurista, incisivo e convincente, constato che di fatto esso viene a configurarsi come la necessaria, complementare integrazione di gran parte del periodo 
investigato dalla storica mostra Arte Moderna in Italia 1915-1935 (1967, che con integrazioni stiamo riproponendo nel nostro blog) e del successivo catalogo a cura di Pier Carlo Santini, Arte in Italia 1935-1955 (1992).
A questo proposito muovo un unico rilievo e una personale osservazione. Il rilievo è che nel titolo sarebbe più chiaro specificare Arti decorative; l'osservazione consiste nell'esplicitare formalmente questo legame più che rafforzato, evidenziato da una continuità con lo studioso Ragghianti evocata (e la ringraziamo) da Teresa Filieri e da una simbolica circostanza rappresentata dal fatto che l'editore dell'opera è proprio la “Fondazione” che Carlo e Licia Ragghianti vollero istituire anche come sede di continuità e di sviluppo del loro lungo e veramente cospicuo lascito culturale e professionale.
Positivo il recupero in questa chiave di tutti gli artisti indagati, mentre specialmente va sottolineato quello di artisti come Giò Ponti (non solo architetto!) Luigi Bonazza, Domenico Baccarini, Francesco Nonni e altri non presi in considerazione dalla Commissione che scelse gli artisti esposti nel 1967. Altrettanto interessante e coinvolgente è mostrare opere meno note e studiate di maestri come l'unico che cito, cioè Arturo Martini.
F.R. (1 settembre 2018)

giovedì 20 dicembre 2018

Licia Collobi e la poesia, 2 - Luigi Broggini, 2.

Aver indicato nel post (8 maggio 2017), in cui ho parlato della costante attenzione di lettura e critica di mia madre verso la poesia, che esso era la “prima parte” è stato da parte mia un po' azzardato in termini classificatori, se non altro perché una cosa è conoscere l'interesse, la predilezione, un'altra è dimostrarlo e documentarlo dandone resoconti dettagliati. Difatti ho avuto qualche difficoltà a organizzare questa seconda puntata, disponendo di materiali incontrovertibili ma non della reazione puntuale di più o meno e quanto gradimento riponesse Licia Collobi in molti di quei componimenti poetici.
Quel che è comunque certo è l'assidua passione per l'espressione poetica manifestata sempre e continuativamente in osservazioni, citazioni, richiami con me (e, presumo, gli altri figli all'occorrenza) quando si sincerava della preparazione scolastica. In certi casi lei recitando a memoria i testi contenuti nelle antologie, mi spronava a seguirne le cadenze, a capirne la struttura e il significato. Capitava poi non di rado che trattenesse presso di sé per qualche ora o giorno il libro (fosse di letteratura italiana, latina, greca o francese) per leggerne anche le parti di solito non approfondite dagli insegnanti e ignorate da noi scolari. Capitava anche che a fronte delle lacune nell'esposizione delle mie scombinate e onnivore letture in certi pomeriggi nei quali mi rifugiavo nel suo studio o quando – più spesso purtroppo – ero al suo capezzale per farle compagnia durante una delle frequenti indisposizioni polmonari che l'affliggevano, lei mi leggesse o recitasse a memoria brani per farmene capire l'intonazione, il giusto significato. Succedeva anche che poi proseguisse con altri testi, altri autori che le stavano a cuore. Anche sul finire della sua vita travagliata, quando era praticamente allettata e ipovedente prima delle operazioni, scacciava apprensione, tristezza, noia col recitarsi a memoria poesie, traendone conforto evidente.
Nel post precedente ho ricordato la Collana Cederna, da me integrata, forse completata, quando lavoravo in Vallecchi che ne era il distributore, conservata nello scaffale custode dei libri da recensire per “SeleArte” o “Critica d'Arte”, dei libri particolarmente apprezzati e dei libri di poesia. Tra questi ultimi Leopardi, Foscolo (ed. Nazionale), D'Annunzio, (Carducci lo tenevo consensualmente tra i miei libri), traduzioni dei classici greci, antologie, e le belle e lussuose edizioni degli anni '50 dei classici italiani di Einaudi. Sempre quello scaffale, in un ripiano in basso, coperto un po' dalla scrivania, custodiva una scatola di metallo (non ricordo se già di biscotti o di cioccolatini) contenente praticamente buona parte dei piccoli o minuscoli libri editi da Scheiwiller col marchio “all'insegna del pesce d'oro” e altre edizioni di piccolo formato. Tra questi c'era anche il volume Non era un sogno, vi dico con uno scritto di Ferruccio Parri, poesie di Dylan Thomas, Tadeusz Rosewicz, Nazim Hikmet, Vittorio Sereni, Alfonso Gatto, Franco Fortini, Agostino Neto, Maria Banus, Bertold Brecht e disegni di Luigi Broggini (Edizioni di Corso Garibaldi – corrispondente all'indirizzo di Broggini – Milano, 1964). Si tratta di una scelta tematica, la guerra, che “è un grido di ribellione contro la bestialità demoniaca che squarta le madri e i bambini, che fa strage dei popoli” (scrive Ferruccio Parri). Riproduco il libretto qui di seguito perché di contenuti idonei alla meditazione e alla condanna anche nei mala tempora che viviamo o che ci aspettano a causa del tradimento e/o l'ignavia degli eletti a detenere, “amministrare” e preservare i valori e le speranze del popolo italiano qui da noi, della fratellanza umana anche altrove. A proposito di Luigi Broggini (si veda il post del 3 luglio 2018, che riguarda la sua attività con pernio sulla mostra “Arte Moderna in Italia 1915-1935”) oltre alla riproduzione dei disegni del 
libretto si rende nota una lettera di Carlo L. Ragghianti a Giuseppe Mazzariol (18 marzo 1976), nella quale mio padre dà un giudizio piuttosto lusinghiero dell'artista nell'ambito di una circostanza espositiva poco nota. Si riproduce anche un affettuoso ricordo dello scultore e poeta scritto da Gina Lagorio, cara persona oltre che notevole scrittrice e intellettuale – conosciuta personalmente dalla famiglia Ragghianti tramite le scultrice savonese Renata Cuneo – che strinse amicizia con i miei genitori negli ultimi anni della loro attività. L'articolo, datato 27 maggio 1982, mi pare provenga da “La Nazione” di Firenze a giudicare dai caratteri tipografici.
Va ricordato infine circa Licia Collobi che i tanti altri libri di poesie o di prose di poeti, prevalentemente di formato in 16°, erano conservati nei ripiani bassi, anche su due file parallele piuttosto sbilenche e in disordine. Tra essi numericamente consistenti le benemerite “Edizioni dello Zibaldone” promosse e curate amorevolmente dalla poetessa triestina Anita Pittoni, un'amica quasi esclusivamente di penna giacché mia madre nei 45 anni del suo dopoguerra sarà andata a Trieste non più di una decina di volte, quasi sempre a scappa e fuggi per funebri avvenimenti della sua famiglia. Oppure vi si recava d'estate – quando in città non c'era nessuno – per godersi Trieste in pace e la sua zia prediletta Maria Domazetovich, vedova Fasanella, dopo quella di un certo Raicich, parente dello studioso Marino residente a Firenze.
Come sempre con mia madre, anche nel caso della Pittoni c'è il problema della reperibilità della corrispondenza inviatale e incomprensibilmente di quella da lei spedita. Non so se e quanto del loro scambio epistolare sia presente nell'Archivio (che presumo esistere) della poetessa; di certo non so che fine abbiano fatto parte delle lettere ricevute dalla Pittoni o da altri corrispondenti. Mia madre non era presuntuosa ma era perfettamente consapevole della sua incidenza nella storia della cultura e, perché no, di quella sociopolitica. Poi va considerato che lei confidava nella sua prodigiosa memoria e che di conseguenza non conservava minute o copie salvo che di ciò che riguardava atti pubblici. Della sua corrispondenza familiare e giovanile era riuscita a salvare dai traslochi e dai saccheggi una parte dei documenti. Probabilmente su questa sua sconsiderata abitudine di non conservare con cura le corrispondenze personali ha inciso l'abitudine degli anni della cospirazione antifascista e della Resistenza in clandestinità di imparare a memoria tutto ciò che valeva la pena e di distruggere il superfluo. Certo era sopraffatta dall'esorbitante massa cartacea che ha sempre occupato le nostre abitazioni, ma non capisco perché avrebbe dovuto sacrificare soltanto le sue carte. Che tra parentesi sarebbero state utilissime perché con le persone lei riusciva a immedesimarsi nei loro problemi cercando di aiutarle a risolverli. Proprio i documenti che in genere mancano agli storici per dare resoconti psicologicamente attendibili. Ci penserò ancora a questo piccolo mistero, innocuo ma importante a illuminare la vera esistenza del prossimo. Perciò per conoscere tanti giudizi, atteggiamenti,opinioni non professionali di Licia Collobi non resta che affidarsi ai suoi corrispondenti sperando in una loro capacità conservativa e nei discendenti di chi non è stato archiviato ufficialmente.
Tornando ai suoi libri, comunque tra i miei disordinati scaffali e nel caotico Archivio ce ne sono diversi superstiti, allineati magari nel topografico (Friuli Venezia Giulia, soprattutto) o con gli Autori (Tobino,Bassani, ecc. ecc.). Il resto dovrebbe essere nella Biblioteca della Fondazione Ragghianti di Lucca, dove chi mi sopravviverà manderà quelli attualmente qui giacenti.
F.R. (ottobre 2017)



lunedì 17 dicembre 2018

Gandhara, 3.

Dalla miniera di carta a cielo aperto che è ormai il nostro Archivio di Vicchio, negletto ex abrupto per forza di cose – cioè soprattutto la mancanza di tempo da dedicare al suo ordine – ho scovato un quarto scritto sul Gandhara confuso tra l'affine (per un certo periodo) arte indiana. Esso fu pubblicato in “SeleArte” (n.68, mar.-apr. 1964, pp.43,44). Questo breve articolo riferisce di scavi e ritrovamenti recenti. Ricordo i nostri due post che riguardano questo argomento: Arte in Afghanistan, 9 febbraio 2018; Arte in 
Afghanistan, 2 assieme ad Arte del Gandhara e cronologia, 30 agosto 2018.
Sull'arte indiana dell'intero subcontinente, e in particolare della scultura, che si intreccia fortemente con quella del Gandhara dai suoi primordi all'esaurimento di quel fenomeno artistico, dopo le opportune verifiche, posteremo gli scritti dei coniugi Ragghianti in un'unica soluzione. Salvo il ripetersi di qualche increscioso disguido come quello che sta alla base di questo post.
F.R. (12 ottobre 2018)

martedì 11 dicembre 2018

Cristiano BANTI.

Dato che segue immediatamente in “Critica d'Arte” (IV serie, n.2, 1987, p.23) Lettere a Diego di Licia Collobi, riproposto all'interno del post precedente a questo, e stante una evidente complementarità di argomento, ripresentiamo questa recensione di Carlo L. Ragghianti su Cristiano Banti (1824-1904). Costui è stato un artista “macchiaiolo” di 
minor nome, schivo (non volle mai esporre), il quale ha anche una stagione di particolare singolarità all'interno di una continuità espressiva. Banti è stato un pittore se non proprio misconosciuto certo non conosciuto e riconosciuto come altri artisti compresi nell'etichetta “macchiaioli”, perciò mostriamo quattro esempi della sua arte.
F.R. (11 ottobre 2018)

sabato 8 dicembre 2018

Giovanni FATTORI.

Non ricordo dove, ma comunque in una sede attendibile, ho letto che il mercato speculativo dell'arte nella sua onnivora voracità, esauriti certi periodi e settori, sta interessandosi al fenomeno italiano dei Macchiaioli col proposito di estenderne la conoscenza su scala internazionale. Speriamo soltanto di non assistere ad assurdi stravolgimenti di valori artistici declinati in chiave di profitto economico. Cioè che un “grande” come Giovanni Fattori non venga equiparato o addirittura subordinato (anche se solo economicamente) a onesti professionisti come un Egisto Ferroni o un Francesco Fanelli semplicemente perché le sue opere sono ormai musealizzate o prestigiosamente collezionate mentre quelle commerciabili sono poche in rapporto agli intenti speculativi. Così i dipinti di pittori degni ma non eccezionali vengono privilegiati perché copiosamente e più facilmente disponibili per il mercato e quindi diventano fonti di più lauti profitti.
A prescindere da queste osservazioni doverose e indirizzabili a quasi tutti i fenomeni espositivi non strettamente “scientifici”, parlare di Giovanni Fattori e vedere suoi dipinti è un piacere anche su di un piano superficiale, cioè non tenendo nella debita considerazione la sua caratura espressiva originale ed innovativa.
Con questo post intendo fornire un resoconto dei testi che Carlo L. Ragghianti e sua moglie Licia Collobi dedicarono al pittore livornese. Va ricordato innanzitutto che nella IV serie, cioè nell'edizione familiare stampata con mezzi propri, di “SeleArte” nel fascicolo n.10 (primavera 1991) riproducemmo l'articolo di Licia Collobi Opere di Giovanni Fattori nella Galleria d'Arte Moderna di Firenze, originalmente pubblicato in “Rivista di Livorno” (n.4, Lug.-Ago. 1953). Il nostro fascicolo n.10 è stato poi riprodotto integralmente in questo blog e postato il 23 febbraio 2017.
La causa della scelta di mia madre riguardo a Fattori va ricercata nel fatto che nel dopoguerra ella fu Direttrice f.f. della Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, rifugio di quadri sesquipedali neoclassici e “risorgimentali”, cioè prevalentemente retorici e propagandistici, con le opere del secondo Ottocento (spesso di piccole dimensioni) esposte affastellate in pochi locali e con quelle del primo Novecento allora ancora praticamente non esposte al pubblico. Ciò portò evidentemente Licia Collobi a privilegiare nella propria speciale considerazione i dipinti del pittore livornese. Da questo suo studio nei mesi successivi derivò il saggio pubblicato, in collaborazione col marito, su “SeleArte” (n.8, Sett.-Ott. 1953), nel quale si analizzano gli aspetti e le problematiche dell'opera complessiva di Giovanni Fattori.
(marzo 2017)

Dopo un anno e mezzo ritrovo questo testo scritto per un post sospeso con l'intento di integrarlo con gli altri scritti di Licia e Carlo L. Ragghianti sul “grande”, perché tale è, pittore e incisore livornese. Controllati, nei noti limiti delle rispettive bibliografie, gli altri scritti e le recensioni dei miei genitori li riproduco accompagnati da una modesta numericamente – rispetto all'importanza dell'artista – scelta di illustrazioni distribuite in due gruppi. Il primo gruppo comprende Ritratto di Fattori mentre dipinge nello studio, firmato da Giovanni Boldini e datato generalmente 1867 e posto in apertura. Riproduco a seguito del testo redazionale per motivi affettivi e documentari il piccolo dipinto che immortala nel luglio 1880 la villa, allora chiamata il Gioiello, nella quale col nome di Villa La Costa la famiglia Ragghianti ha abitato dal 1954 al 1999. Mi scuso per la qualità della fotocopia, augurandomi che la fotografia
originale sia nella Fototeca della Fondazione Ragghianti di Lucca. Questa fotografia (che sul retro reca la scritta “Alla gentile Signora Teresa Bartolommei./ Villa il Gioiello, 1880, luglio./ Gio. Fattori”, che presumo fosse anche nel dipinto come risulta dalla fotocopia) fu fatta pervenire ai Ragghianti dalla Libreria Antiquaria Gonnelli di Via Ricasoli con un'offerta d'acquisto del quadretto. Però, purtroppo, la cifra richiesta (anche se non esorbitante) non era nelle disponibilità di famiglia, gravata in quel periodo di un mutuo e di altre spese (installare i termosifoni, ad es.) a causa dell'acquisto di quell'edificio ritratto da Fattori. Seguono le riproduzioni di un Autoritratto dal fiero aspetto e la fotografia del pittore maturo e “borghese” fattagli de Nuñes Vais. Poi un bel nudino femminile, l'unico conosciuto tra le opere di Fattori.
Come già accennato in precedenza riproduciamo il saggio comparso nel n.8 di “SeleArte”, scritto da entrambi i coniugi, anche se l'impronta di C.L.R. si avverte più distintamente (tanto che Gina Lagorio e Silvio Riolfo, curatori di una Antologia Garzanti per le scuole Medie, attribuiscono a lui l'articolo, riportato integralmente alle pp. 1319-1323). Tra le non poche osservazioni e conclusioni dei due critici va sottolineato “una lingua quella del Fattori, che potrà esser trovata breve e forse anche monotona: ma è tutta nuova, è sua e inedita e senza nessuna condivisione o partecipazione”. Nello stesso fascicolo C.L.R. recensisce (p.51) Lettere dei Macchiaioli a c. di Lamberto Vitali; quindi nel fasc. 31 (lug.-ago. 1957, p.74) La merca di Giovanni Fattori; mentre nel n.57 (mag.-giu. 1962) prendendo spunto dalla monografia di Mario De Micheli commenta vari aspetti del pittore. In Fattori ricordi dal vero (“Critica d'Arte”, Biblioteca, n.2, lug.-sett. 1984, p.13) C.L.R. recensisce il settimo volume dell' “Archivio dei Macchiaioli” a cura di Dario Durbé. Licia Collobi in Lettere a Diego (“Critica d'Arte”, seleArte, n.2, 1984, pp.24,25) recensisce e commenta alcuni volumi di cui Diego Martelli e Fattori sono i protagonisti. Fattori opera incisa, credo di C.L.R., conclude questa carrellata di interventi sul maestro labronico, sempre che non abbiamo trascurato o ignorato altri contributi.
Tornando alle illustrazioni, riproduciamo sei dipinti in ordine cronologico. La Maria Stuarda, nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Pitti, è opera ancora accademica e deve essere stata uno degli incubi patiti da mia madre quando dirigeva quel museo. Non ebbe lei la fortuna di essere confortata da Morandi, che di fronte a opere per lui indigeribili si consolava (e una volta consolò anche mio padre col quale si accompagnava) interessandosi a particolari di pittura dispersi nei quadroni accademici e retorici (nel caso con C.L.R. di una delle famose mostre organizzate da Gnudi a Bologna). Seguono di Fattori un disegno e un acquarello (coll. Pepi) prima di sei acquaforti della sua straordinaria produzione tratte dall'altrettanto straordinaria serie di grafiche che fu la collezione di Sebastiano Timpanaro di cui riproduciamo la copertina dell'edizione "Artificio", la quale cita l'illustre e magnanimo collezionista. Questa notevolissima raccolta fu donata dalla vedova e dal figlio Sebastiano; all'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Pisa. A proposito di questo raro gesto di generosità, di cui Carlo L. Ragghianti fu il primo custode, posteremo un apposito contributo.
Per concludere questa rievocazione di Giovanni Fattori ricorro alle parole di Carlo L. Ragghianti (inserite nel post su Cristiano Banti che seguirà e questo) che ricordano come egli rappresenti una “esperienza rara di sincerità emotiva che in alcuni, cioè in Fattori, si aprirà a un grande canto fermo del mondo di sempre semplice destino, immutabile sotto il sole”.

F.R. (10 ottobre 2018)

lunedì 3 dicembre 2018

Una Lotta nel suo corso, 1.

Introduzione; Prefazione; Nota Editoriale; Lotta nel suo corso, pp. 3-66.


UNA LOTTA NEL SUO CORSO, 1.

“...la legge del combattente per la libertà è la lealtà e la sincerità.”
Ferruccio Parri

Questa citazione in esergo (come vedo oggi si usa dire) vuole indicare il motivo connotante principale che ha animato la cospirazione prima, poi la Resistenza armata dei patrioti italiani contro i fascisti e i nazisti. Essa si adatta evidentemente ai ribelli di tutti i tempi e di ogni oppressione politica e sociale, purché essa sia giustificata eticamente e dalla Storia.
La citazione proviene dalla Prefazione di Ferruccio Parri (il Maurizio capo della cospirazione democratica e comandante indiscusso della Resistenza) al libro Una lotta nel suo corso (Neri Pozza editore, Vicenza 1954). Dopo questa nostra breve introduzione riproporremo l'opera in edizione “anastatica elettronica” su questo blog, distribuendone i testi in sei uscite, più una puntata di Indici e documenti inerenti, cui probabilmente seguirà un'altra parte di documentazioni nel frattempo individuate e organizzate.
La quarta di copertina, anch'essa riprodotta, illustra il contenuto del volume con concisa chiarezza. Voglio anticipare, della appendice documentaria in preparazione, una sintesi del perché editare un libro come questo e dei motivi della sua importanza per comprendere l'essenza della Lotta di Liberazione dal fascismo. Essa si ricava dalle parole che Carlo L. Ragghianti scrisse a Luigi Russo, famoso italianista e Direttore di “Belfagor”, da anni in crisi politica e in accostamento al PCI, il 12 agosto 1954:



Da questa citazione si possono anche ricavare le motivazioni per le quali Una lotta nel suo corso è tuttora un documento storico di rilevante importanza che induce a riflettere sulla mancata rivoluzione democratica del 1945-46 e della successiva permanente fragilità del regime repubblicano. Penso inoltre che il libro sia un utile base per riflettere sul cominciare ad organizzarsi e a pensare – se non altro come esercitazione – a “fare” una lotta dall'oggi in avanti (e non solo in questo Paese) contro quelle che vennero definite anche ironicamente – ma da sempre tragicamente sottovalutate – le “oscure forze della reazione in agguato”. Dove reazione sta per reazionario, oscurantista e, nel passo successivo, fascista. Dei due curatori del volume Licia Collobi Ragghianti e Sandrino Contini Bonacossi, partigiani combattenti, con mia madre attiva anche nella clandestinità fin dal 1937, dovremo aggiungere nella sesta uscita nel blog le biografie, sia pur sintetiche. Essi oltre che curatori sono stati infatti anche protagonisti di primo
piano della Resistenza. Nonostante ciò le loro biografie, per uno stile di “modestia” (understatement) oggi impensabile e non praticato, non compaiono nel qualificato gruppo di personaggi di cui vengono forniti i dati biografici in relazione alla lotta di Liberazione.
In “seleArte”, IV serie, (1988-1999) – rivista che è stata riversata in questo blog nei suoi 26 numeri e i cui Indici sono consultabili all'apposito link a cui si accede cliccando su “Indici Selearte” sulla barra del menù del blog stesso – Una lotta nel suo corso è ricordata:

n.4, nov. 1986, p.11 (postato nel blog il 19 dic. 2016). Licia Collobi ricorda la propria collaborazione alla stesura del libro nella lettera autobiografica a Laura Dugoni del 15 luglio 1987, dodici giorni prima di morire.

n.8, autunno 1990 (postato nel blog il 1 feb. 2017). Fascicolo di pp.80 dedicato a Ferruccio Parri. A p.25 si deplora che la prefazione a Lotta non sia stata inserita nella vasta antologia Scritti 1915-1935, a cura dei faziosi E. Collotti e G. Rochat; a p.32 è riprodotta una fotografia con Parri, La Malfa, i Ragghianti, Contini Bonacossi e Neri Pozza dopo la presentazione del libro al presidente della Repubblica Luigi Einaudi (24 giu. 1954); alle pp. 33-39 si riproduce la bellissima e toccante Prefazione di Ferruccio Parri.
n.12, autunno 1991 (postato nel blog il 24 marzo 2017), alle pp. 6,7 nella Bibliografia degli scritti su Carlo L. Ragghianti vengono citate le recensioni a Lotta di G. Vaccarino e C. Francovich.

n.13, aprile 1992 (postato nel blog il 9 aprile 2017), alle pp. 63-70 è riportata la Biografia di C.L. Ragghianti che Ernesto Paolozzi ha pubblicato su “Prospettive Settanta”, n.1, 1991.

n.20, agosto 1994 (postato sul blog il 9 novembre 2017), a p.10 il libro è citato da C.L.R. in Un residente per Firenze.

n.23, gennaio 1996 (postato nel blog il 26 gennaio 2018) il libro è citato da C.L.R. nella testimonianza antifascista Lettera a G. Morales e R. Codignola, p. 71-75, scritta il 30 novembre 1982.


In conclusione possiamo anticipare che le uscite nel blog di Una lotta nel suo corso saranno le seguenti:

3 dicembre 2018 1. Introduzione; Prefazione; Nota Editoriale; Lotta nel suo corso, pp. 3-66.
3 gennaio 2019 2. Intermezzo, Prima parte, pp. 67-126.
3 febbraio 2019 3. Intermezzo, Seconda parte, pp. 127-192.
3 marzo 2019 4. Intermezzo, Terza parte, pp. 192-265.
3 aprile 2019 5. Appendice I – Fatti e documenti, pp. 267-318.
3 maggio 2019 6. Appendice II – Persone, pp. 319-356, più biografie di Licia Collobi Ragghianti e Sandrino Contini Bonacossi
3 giugno 2019 7. Indice dei nomi; Indice generale; Documentazioni, 1.
3 luglio 2019 8. Documentazioni, 2.
3 agosto 2019 9. Documentazioni, 3 (eventuale).




venerdì 30 novembre 2018

"Ragghianti & Collobi" ha venticinque mesi!

Questo blog è entrato nel terzo anno di pubblicazione – pardon, postazione – con alle spalle 267 interventi o post. Non male per l'attività di un quasi ottuagenario e di sua nipote Irene che gli fornisce assistenza tecnica nel tempo residuo di un'intensa vita di neo sposa, di neo casalinga, di blogger in proprio e di collaborazione letteraria e – finalmente s'è decisa – di matricola universitaria.
I 267 post sono di vario genere, comprendendo persino l'intera pubblicazione “anastatica” della quarta serie di “SeleArte” (1988-1999) – di cui a cura di Rosetta Ragghianti si sono realizzati gli Indici dei nomi, dei luoghi, degli argomenti, agevolmente consultabili in rete. Perché apportassero un rinnovato interesse ai testi e ai documenti originali riproposti si è resa necessaria una notevole mole di lavoro, dall'essenziale scannerizzazione alla ricerca e elaborazione dei materiali integrativi quali fotografie, altre documentazioni, commenti informativi nonché corredi biografici e bibliografici, ecc. Tutta questa attività copre e ricorda già una buona parte dei settori culturali ed artistici di cui si sono occupati i coniugi Ragghianti durante la loro indefessa azione, sempre operante, anche durante le non infrequenti malattie, di Licia soprattutto. Particolare attenzione è stata dedicata, ed è tuttora in corso, alla riproposta dell'intera Mostra Arte Moderna in Italia, 1915-1935, del 1967 in Palazzo Strozzi, con integrazioni inerenti gli studi di Carlo L. Ragghianti, di nuove fotografie e altri materiali con persino un po' di aneddotica secondo le mie residue rimembranze.
Più che per fare il punto della situazione, per chiarezza d'intenti sarebbe opportuno definire che tipo di mezzo di comunicazione è, o vorrebbe essere, la nostra presenza in rete.
I blog, per loro indefinizione, sono di vario tipo, di contenuti ancor più vari. Si va dal diario personale, al commento del mondo dal proprio punto di vista, all'organo di propaganda organizzato, a mezzo di comunicazione gratuito ma sovvenzionato altrimenti (pubblicità, ma – direi – non solo), a vero e proprio organo d'informazione alternativo oppure integrativo della carta stampata e altri media strutturati.
Il nostro “Ragghianti e Collobi” è un contributo informativo e critico che intende proseguire con altri mezzi l'esperienza e gli scopi di “SeleArte” (quarta serie), rivista per noi oggi economicamente insostenibile senza “sponsor”. Questi però, persone o enti o ditte che siano, non sono come lo sono stati Sergio e Luisa Perdisa – editori ma soprattutto ammiratori dei Ragghianti – o come l'amico di famiglia Bruno Tassi (sempre col consenso del socio Roberto Cecchi), cioè persone che mi hanno economicamente aiutato senza chiedere in cambio alcunché. I pochi – e in punta di piedi – tentativi che ho esperito sono sempre stati accolti ma a condizioni inaccettabili. Non perché mi venisse chiesto di inserire la loro pubblicità (il che sarebbe stato ovviamente doveroso, purché fosse esplicita e pertinente al marchio) ma perché invece mi è sempre stato chiesto – informalmente, verbalmente of course – di aderire anche a campagne di sostegno più o meno esplicite però sostanzialmente non palesi ed identificabili o comunque non coincidenti con le idealità di Ragghianti.
Quindi posso affermare che già più di vent'anni fa ho accertato che in questo paese non esiste stampa libera, salvo che non si consideri “libertà” difendere e promuovere gli interessi di un proprietario e/o di chi lo finanzia.
Il blog è un mezzo sostanzialmente economico da gestire, anche per me che tecnologicamente sono un plantigrado dell'era Gutenberg, di conseguenza un analfabeta e-qualcosa. “SeleArte” (IV serie) era una fanzine dell'operato di Carlo L. Ragghianti e Licia Collobi, un organo di stampa utile e anche necessario, nonostante l'esistenza a Lucca della Fondazione Centro Studi Licia e Carlo L. Ragghianti, la cui quasi quarantennale attività è da ritenersi tutto sommato positiva per quanto riguarda i fondatori.
“Ragghianti e Collobi” indubbiamente vuol proseguire sul binario di “SeleArte” (IV serie), ed essere un medium indipendente, distinto ma se necessario alleato della Fondazione di Lucca. Il blog intende anche potenziare l'attività e introdurre alcune novità.
L'innovazione più significativa è quella di mettere via via a disposizione dell'indefinito (ma potenzialmente infinito) “pubblico” di studiosi, di studenti, di persone colte, di residui amici e stimatori dei coniugi R., ed anche di semplici curiosi, l'accesso ad opere scritte sempre più rare da rintracciare nel mercato (e comunque non gratuite, nonostante il crollo del prezzo dei libri inattuali), oppure nelle scomode – spesso burocraticamente frustranti – biblioteche, purtroppo temo concettualmente sempre più lontane dalla mentalità internettiana. E di rendere accessibili non solo gli scritti ma anche la conoscenza della vita personale, sociale, politica, delle relazioni con artisti e personalità, delle iniziative di ogni genere dei coniugi Ragghianti. Tutto questo per me e le sorelle ha la sua importanza sia  
emblematica che esemplare, oltre che documentale. L'immissione in rete delle fonti parrà un po' disordinata e casuale, e in parte lo è il mio personale eclettismo; in parte – ma non del tutto volutamente – rispetta il tipo di metodo espressivo caro a mio padre e a Benedetto Croce, spesso, di asistematicità nei confronti del modello manualistico, per dirla in soldoni. Comunque io non sono in grado di procedere in quel senso e preferisco astenermene piuttosto di fare pastrocchi a danno della cultura.
Mi si può obiettare circa la preoccupazione di non immettere in rete materiali sufficienti in relazione alla loro mole complessiva, colmando così le lacune tra i post pubblicati e quelli in attesa di esserlo, o di essere organizzati. A ciò non rispondo positivamente. Cioè non si possono immettere pari pari tanti scritti che son lì ad aspettare: prima di tutto di essere riconosciuti nel contenuto al di là della loro titolazione, quindi eventualmente dotati di note esplicative e di commento per non lasciare completamente all'utente del post la pena di fare i riscontri e i collegamenti necessari.
Altra notazione di qualche rilevanza connessa al mio lavoro sui singoli contributi del blog è che per me c'è molto da imparare e/o da capire. Perciò va considerato anche questo aspetto – soprattutto rilevante per il tempo che assorbe – di un “non è mai troppo tardi”, che noto con soddisfazione può rimanere capacità attiva anche nella vecchiaia. Devo riconoscere, infatti, che da un lato non sono mai stato un particolare conoscitore dell'opera dei miei genitori, per naturale inclinazione a certa mediocrità e certo ostacolo a fronte di quel che concerne la speculazione teoretica. Dall'altro ha ostato la naturale superficialità giovanile, l'illusorio rimandare al domani, i tanti casi della vita lì per lì considerati importanti. Adesso, di fatto, passo abbastanza tempo a leggere quanto ignorato e a rileggere quanto non compreso o non interamente afferrato. (E devo confessare – anche se mi brucia – che estesi sono i margini di approfondimento ancora da esplorare e – questo lo so per certo – non avrò né il tempo né l'energia per farlo).
Tutto questo – anche se un po' imbarazzante – dovevo scriverlo perché si collega piuttosto intrinsecamente alla mia partecipazione diretta nel blog. Ricollegandosi a quanto in precedenza scritto circa la frammentazione degli argomenti, ecc., sarebbe indecoroso immettere in rete testi e documenti senza conoscerne il contenuto effettivo ed anche senza lettura di controllo su carte note ma di lontana o lontanissima prima lettura. Verifiche necessarie, quindi, non per il merito (ovviamente intangibile) ma per agevolare la lettura fornendo ulteriori informazioni o quant'altro possa essere necessario per la migliore comprensione del lettore.
Mi sono accorto, poi, che via via la presenza dei miei interventi, di ricordi, di osservazioni, di precisazioni si è infittita. Oltre al fatto che alla fin fine figlio dei Ragghianti e Collobi sono e che anch'io – come le sorelle e nipote – ritengo che almeno in buona parte queste interpolazioni possano interessare e risultare utili alla complessa ricostruzione di una storia famigliare che non è stata ordinaria né tanto meno insignificante.
Avevo in programma di rendere note con una certa frequenza anche “corrispondenze” (intere o parziali) di Carlo L. Ragghianti con i suoi significativi ed importanti interlocutori. Purtroppo, stando lo stato di degrado di molte fotocopie (i cui inchiostri spesso non reggono il passare del tempo), ma anche di veline originali (il cui inchiostro dal nastro tende a sbiadire) le lettere risultano non riproducibili o praticamente illeggibili Occorrerebbe trascrivere queste missive con non poco dispendio di tempo e denaro. Ciò non ci è possibile. Perciò, almeno per il momento, dobbiamo accantonare il progetto di rendere accessibile anche questo veramente unico materiale dell'Archivio. Spero comunque nella concomitante, continua e del tutto indipendente attività di studiosi affermati e di laureandi che svolgono e concludono ricerche presso l'Archivio della Fondazione Ragghianti di Lucca. Confido che esse ci saranno comunicate, così da renderle ulteriormente note tramite questo blog.
Anche in un altro post ho accennato al fatto che questa attività è piuttosto impegnativa e smisurata, con l'evidente conseguenza che il sottoscritto potrà parteciparvi più o meno a lungo, ma non concluderla. A questo punto spero che le sorelle individuino come e con chi proseguire questo compito che abbiamo affrontato consapevolmente (seguito allo sbandamento fisico ed emotivo conseguito ai 34 giorni di degenza in ospedale) sia per continuare a significare la filiale ammirata devozione a Ragghianti-Collobi, sia per la banale necessità di avere uno scopo per cercare se non proprio di evitare almeno di ritardare, attutire le orrende conseguenze sulla memoria e sulla consapevolezza di sé, le quali possono venir meno anche prima dell'inevitabile decesso.
Nel frattempo: cotidie laboremus.
F.R. (26 novembre 2018)

Addendum
Questo blog "Ragghianti & Collobi" è anche equivalente di un messaggio in bottiglia lanciato in mezzo al mare, in balia delle onde finché qualcuno lo pescherà e lo aprirà. Vuol essere quindi e soprattutto un messaggio potenziale con destinatario preferibilmente stocastico, dato che chi è predisposto dagli ordinari mezzi di formazione e informazione culturale a voler conoscere o studiare Carlo L. Ragghianti o Licia Collobi generalmente viene orientato alla bisogna in sedi accademiche. Comunque anche per costoro la frequentazione del blog "Ragghianti & Collobi" può risultare di qualche interesse ed addirittura tornar utile.

mercoledì 28 novembre 2018

Per fatto personale. - Firenze. Conferma razzista di una città matrigna.

Con dispiacere personale e rabbia nei confronti dell'ottusità corriva dei più ho avuto una conferma di come il razzismo, la discriminazione siano un virus endemico che riesce – mutando volto – a colpire profondamente e a far soffrire le vittime: con la religione, con il sesso, con l'indigenza, con il colore della pelle, soprattutto.
Premetto: per abitudine ogni sera prima di andare a dormire do un'occhiata ad alcuni blog d'informazione per avere un sintetico panorama degli accadimenti. Alcuni li guardo tutti i giorni come l' “Huffington Post”, il “Corriere della sera”, “Le Monde”, “Liberation” e “Il Fatto quotidiano” (“La Repubblica” no da quando è diretta – verso la catastrofe – dal Mario Pio sconfortante successore di Ezio Mauro) e 
persino – dico così perché è capitato che quando l'ho nominato si è manifestato scandalo –  l'incredibile “Dagospia” figlio di un curioso personaggio che lo inonda di pettegolezzi e pseudo/sesso che salto (per disinteresse e fastidio dato che, come si sa, sono un “moralista”, e me ne vanto), mentre invece leggo quei pochi post che spesso riprende nel web di notizie e servizi giornalistici – originali o riportati da fonti poco note, inusuali ma attendibili – con fatti e commenti altrimenti per me introvabili. E' un'informazione dissacrante di ciò che i potentati preferirebbero che il popolo bue – cui appartengo – non sapesse. Questa premessa vuole spiegare come mai un anziano eremita abbia potuto trovare il post che riproduco qui di seguito.




Il controllo dell'articolo in lingua originale pubblicato dalla giornalista sul New York Times, rivela che l'esperienza dell'allora giovane studentessa universitaria con il profondamente radicato razzismo – nel senso proprio del non limitarsi alla superficie – della gente di Firenze (esempio di una ahi-noi generalizzata natura del popolo italiano) fu più estesa di quanto si evince dagli spezzoni di articolo riportati sull'Huffington Post. Nell'articolo originario i numerosi e piuttosto gravi episodi di schifosa e gratuita discriminazione sono inoltre corredati da una riflessione sulle tradite aspettative che si hanno all'estero nei confronti del nostro paese (ed in questo caso, della nostra città) e sull'apparente – ma non sostanziale 
– differenza di forma che il razzismo assume dagli Stati Uniti ad un paese come l'Italia, entrambi ingiustificabili e imperdonabili ma che richiedono all'individuo strumenti interiori diversi per riuscire a gestirli e reagirvi in modo da non esserne distrutti. Si invita quindi chi possieda abbastanza conoscenza della lingua inglese a ricercare l'articolo in questione di Nicole Phillip per accedere ad una visione più esaustiva del pensiero e dell'esperienza dell'autrice, ma anche per aprire una piccola finestra – l'appetito vien mangiando! - su una discussione fondamentale, troppo ignorata e scomoda a tanti ma vitale per la crescita ed il progresso morale ed etico della società umana. [I.M.F.]


La mia indignazione per quanto sopra descritto non è soltanto “normale” ripugnanza nei confronti dell'inciviltà del mostruoso razzismo in fase di incontrollata (e incoraggiata) espansione, nella fattispecie diviene rabbia feroce per fatto personale.
Rosetta ed io, oltre a nostra sorella Anna, abbiamo da tempo come affetto familiare soltanto nostra nipote Irene, bella e brava ragazza virtuosa perché anche religiosa senza ipocrisia.
Irene, che ha 24 anni, è sposata con un uomo statunitense, il quale ha la particolarità di essere nero di carnagione. Persona riservata, poco espansiva anche per ragguardevole disciplina derivante dall'essere stato “marine” – quindi in grado di difendersi e di offendere qualora necessario senza temere gli avversari. Egli, che io sappia, ha già dovuto subire qui in Italia alcuni comportamenti razzisti espliciti ma soprattutto impliciti sia da persone con pubbliche funzioni che da stronzi privati, senza – per fortuna – conseguenze reattive verso l'altrui offesa, portata con prudenza viscida all'Uriah Hepp e con vigliaccheria. Però dopo due anni si è stufato di Firenze, dove insegna inglese, ed ha deciso di tornare negli USA, a New York City.
A dire il vero io pensavo che Kevin volesse tornare (“goire to home” nel mio inglese maccheronico) se non proprio, anche perché insoddisfatto dell'ambiente familiare italiano e per naturale nostalgia.
Ora, finalmente, grazie – si fa per dire – alla testimonianza di Nicole Phillip ho capito il perché di questa scelta di Kevin: è stato il razzismo, quello peggiore, subdolo, strisciante, degli sguardi obliqui o assenti, delle persone che via via conosci e ti evitano maldestramente, delle piccole spostature, dei non inviti, delle esclusioni. E qui mi fermo perché conosco sulla mia pelle rugosa la discriminazione, di tipo analogo seppur di differente gravità: discriminazione religiosa la mia.
Dalle elementari – additato durante l'iniziale preghiera cui assistevo silente in piedi, dalla maestra congiunta del “martire” fascista Piazza con la frase “guardate R., quel bambino non andrà in Paradiso!” – alle medie dove avevo come compagno di banco un altro “capro espiatorio” oppure proprio nessuno, nemmeno l'ebreo o il valdese. Per dovere d'onestà devo riconoscere che non si mostravano ostili soltanto due ragazzi cattolici: Paolo Blasi (poi Rettore magnifico dell'Università di Firenze) e Mario Primicerio (poi Sindaco di Firenze). Al ginnasio e in prima liceo l'esclusione era meno palese e mi rompevano i coglioni più per essere figlio di un capo della Resistenza che per essere ateo. Certo quei tanti figli di genitori conniventi, forse “mandanti”, mi hanno fatto patire per 13 anni non poco. E i comportamenti di rivolta, e le scazzottate anche violente e vincenti con più nemici allora non mi consolarono e ancora oggi non lo fa il ricordo.
La partenza dei miei nipoti, indubitabilmente ma legittimamente ci priverà della presenza quasi quotidiana dell'unica persona giovane che rasserena la nostra vecchiaia, che la riempe di speranza, di vita.
Ciò sarà, se non per sempre – esistono gli aerei... – quasi, data la nostra età e il fatto che per me perfino andare a Figline è spostamento fastidioso: andare a “Broccolino” (New York) è escluso.
Maledetti razzisti – d'ogni genere e grado – vi auguro di ricevere moltiplicato per mille ciò che avete compiuto e ciò che state facendo da chi pregiudizialmente temete e vilmente odiate.
Rampognare la detestata, ignobile Firenze l'ha fatto una volta per tutte efficacemente Dante Alighieri. Io posso confermare a quei sordidi bottegai lo sdegno e augurarmi che finisca il turismo di massa e la città sia costretta a riqualificarsi.

F.R. (14/15 novembre 2018)

lunedì 26 novembre 2018

!!! Addendum a "Studio sull'arte".

Abbiamo aggiunto un testo, dall'identico titolo, al post del 13 settembre 2018 intitolato "Studio dell'arte", di contenuto complementare a quello già proposto. 
Per consultarlo, cliccare qui.


domenica 25 novembre 2018

Il 1948 dei critici d'arte – Il Convegno di Firenze, Atti (V) – Comunicazioni, 1.

Post precedenti:
23 luglio 2018. n.1 - Preliminari e inaugurazione.
26 agosto 2018. n.2 - Sezione 1A. Indirizzi, metodi e problemi di critica d'arte.
25 settembre 2018. n.3 - Sezione 1B. Spazio, critica d'arte e critica architettonica. Discussione (Sezioni A e B).
25 ottobre 2018. n.4 - Sezione 1C e 1D. Le arti figurative e il cinema. Arti figurative e stampa quotidiana.


Questa sezione – da noi suddivisa in due parti – concerne esclusivamente studi e ricerche espressamente dedicate al Convegno, in analogia alle pubblicazioni miscellanee per onoranze, ecc. Data l'eterogeneità dei temi non è facile riassumere il contenuto di ogni comunicazione senza il rischio di fraintendimenti, stante anche l'uso di lingue diverse dall'italiano. Perciò riferiremo soltanto qualche dato (quando e quanto reperibile) e nota essenziali per ciascuno studioso.
Charles Rufus Morey (1877-1955, p.90), storico dell'arte statunitense affermato, è stato Addetto Culturale dell'Ambasciata di Roma dal 1945 al 1947. Di lui voglio dire soltanto che fu legato a tutti gli ambienti nostrali antipatizzanti nei confronti di Carlo L. Ragghianti, il quale fu anche ostacolato quale Sottosegretario alle Belle Arti non poco da costui nella sacrosanta esigenza di riportare sotto le competenze egida del Ministero della Pubblica Istruzione il recupero delle opere d'arte trafugate dai nazisti o disperse durante gli eventi bellici.
Giuseppe Fiocco (1884-1971, p.101), laureato in legge, quindi in Storia dell'Arte con Supino di Bologna, è stato un noto dispensatore seriale di expertises, spesso improprie. Definito da R. “lo Sciocco”, fu un importante barone universitario.
Stefano Bottari (1907-1967, p.105) catanese è stato il successore

all'Università di Bologna di Roberto Longhi. Non so perché C.L.R. avesse con lui buoni rapporti (per sostenere Gnudi?!). Per me è soltanto il laureatore di un personaggio detto il Tattamea, che detesto.
Renzo Federici (1921-1990, p.116) è stato un collaboratore stretto di Ragghianti e segretario de “La Strozzina” fino a quando R. riuscì a farlo approdare quale redattore alla Einaudi di Torino. Persona timida ma altezzosa, d'umore bizzoso e sarcastico ma discontinuo, secondo Righi (e altri) lasciò la casa editrice perché ossessionato da Cesare Pavese (suicida) di cui aveva “ereditato” la scrivania. Questo saggio è probabilmente collegato con la sua tesi di laurea, giacché allora Federici si occupava di arte contemporanea. E' stato traduttore anche di noti (e secondo R. “deleteri”) studiosi stranieri, non so quanto costretto dalle circostanze editoriali o quanto per convinzione deviata dalle proprie origini. Tornato a Firenze ha insegnato alla Accademia di Belle Arti ed è stato collaboratore assiduo di Maria Luigia Guaita per “il Bisonte”, azienda primaria e scuola di incisione artistica prestigiosa. Quanto sopra detto a proposito dello scritto qui pubblicato è convalidato dalla lettera che egli inviò a Ragghianti a proposito del suo testo da correggere della relazione che a suo tempo fece al convegno. Un precoce esempio della discontinuità balzana di questo personaggio per molti versi assai intelligente.



venerdì 23 novembre 2018

{glossario} CLASSE, lotta di,

A domanda: "Il concetto di classe ha ancora senso? Oggi molte persone non si considerano classe operaia anche se sono tra i poveri."

Risponde:
Ken Loach, 2018.

(Da "L'Espresso", 2 sett. 2018, p.48)




martedì 20 novembre 2018

L'Arte Moderna in Italia, 1915/1935 - 10. LEVI, MAFAI, RAPHAEL MAFAI (1 parte)


Post precedenti:

1. 30 dicembre 2017
Presentazione di Carlo L. Ragghianti.
Criteri del Catalogo, Bibliografia generale. Comitato d'onore; Comitato esecutivo; Comitato tecnico; Comitato di consulenza nazionale; Consiglio A.T.T. di Firenze; Consiglio de “La Strozzina”;  organizzatori percorso museografico; segreterie; fornitori dell'esposizione.
2. 31 dicembre 2017
Criteri assegnazione schede critiche; criteri per la consultazione del Catalogo e quelli distintivi di questa rievocazione.
Artisti: ALCIATI, Nino BARTOLETTI, Pasquarosa BARTOLETTI, BIASI, BONZAGNI, BOSIA, BUCCI, CHECCHI, COSTETTI, FERRO.
3. 28 febbraio 2018
Artisti: GALIZZI, GEMITO, GRAZIOSI, Piero MARUSSIG, OPPI, PENAGINI, PRENCIPE, SPADINI, WILDT.
4. 25 marzo 2018
Artisti: BACCI, DUDREVILLE, GOLA, MAGRI, PARESCE, RAMBELLI, BARTOLI NATINGUERRA, GUIDI.
5. 15 aprile 2018
Artisti: BARTOLINI.
6. 4 maggio 2018
Artisti: SAVINIO, TROMBADORI, MONACHESI, FONTANA, MUNARI, FRANCALANCIA.
7. 3 luglio 2018
Artisti: FURLOTTI, METELLI, BARBIERI, BROGGINI, CAGLI, CAPOGROSSI.
8.
Artisti: CESETTI, FAZZINI, GENNI WEIGMANN, GENTILINI, GUTTUSO.
9. 16 settembre 2018
Artisti: Edita e Mario BROGLIO.

sabato 17 novembre 2018

La Strozzina, 2. 1955-1971

In questa seconda parte (la prima è stata postata il mese scorso, stessa data ) cercheremo di dare, sia pur sommariamente, un quadro dell'attività de “La Strozzina” dal 1955 all'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, e poi delle saltuarie riprese fino al 1971 in sedi differenti dello storico sottosuolo, rimasto incomprensibilmente devastato, però sempre a Palazzo Strozzi. E' del 20 dicembre 1954 il secondo Statuto de “La Strozzina”, che riproduciamo non solo come documento ma anche come esempio della pratica costante di C.L.R. di garantire giuridicamente le iniziative, proprie o condivise, di attività culturali e sociali. A questo aspetto si associa la sua curiosa caratteristica di predisporre come primo atto di ognuno di questi progetti la carta intestata, fossero essi già esecutivi o appena in nuce. Segue l'elenco delle esposizioni effettuate nel periodo.
Nella lista sono comprese anche mostre particolarmente importanti e impegnative, effettuate con collaborazioni di prestiti anche internazionali, quali quelle relative agli architetti Le Corbusier e Alvaar Aalto, avvenute nel primo piano del palazzo, come già quella del 1951 di Frank Lloyd Wright.
Riproduciamo poi tre documenti superstiti. 
Nel primo, databile tra il 1960 e i 1963, si può constatare il livello e la qualità delle personalità che facevano parte del “Consiglio Direttivo Tecnico”. Nel secondo foglio riscontriamo l'elenco dei Cataloghi pubblicati per conto della Galleria dallo Studio Italiano di Storia dell'Arte; la postilla manoscritta in calce al primo foglio è di C.L.R. con
l'indicazione della sciagurata distruzione e/o dispersione operata da Nino Lo Vullo su parte dei materiali quanto consegnò quelli residui d'Archivio e di magazzino de “La Strozzina” all'Università Internazionale dell'Arte (vedasi post “La Strozzina, 1” pubblicato il mese scorso). In relazione a questa consegna effettuata in condizioni d'emergenza (la Strozzina, soppressa da l'AAT doveva sgomberare la sede amministrativa immediatamente) è di questi giorni la notizia che dà adito a sperare in un'opportunità di ritrovare, almeno in parte, i materiali depositati all'UIA. Infatti la Fondazione Centro Studi Ragghianti di Lucca ha acquistato dalla liquidazione di quella scuola l'Archivio, la fototeca e il “magazzino”. Quindi è lecito sperare di riscontrare i materiali superstiti attualmente disponibili. Il terzo documento qui riprodotto rappresenta una sintesi programmatica delle “Strutture e attività” de La Strozzina negli anni 1965-1971. In questo programma “La Strozzina” fungeva da volano alle iniziative che C.L.R. intendeva realizzare e raggruppare nella loro rispettiva autonomia nel “Palazzo dell'Arte” di cui aveva strutturato funzioni e attività, individuandone anche sedi successive cui adattare la struttura. Purtroppo l'accanita ostilità della parte retriva della politica cittadina, la ondivaga solidarietà socialista e la schizofrenica approvazione del P.C.I. resero vani tutti questi notevolissimi e – posso assicurarlo con forza – importanti progetti che avrebbero fatto di Firenze veramente un faro internazionale per le arti visive.
F.R. (3 agosto 2018)


mercoledì 14 novembre 2018

{artisti misconosciuti} Ruggero Falanga.

Un contingente interessamento di mia sorella Anna riporta in memoria l'esistenza di questo pittore praticamente sconosciuto, anzi misconosciuto. Ci si può domandare come mai Carlo L. Ragghianti si occupasse su sollecitazione dello storico, e collega all'Università di Pisa, Giuseppe Are di questo artista a lui allora ignoto. Domanda lecita anche perché non era, come non è oggi, inconsueto che storici dell'arte, critici, scrittori più o meno saltuari sull'arte scrivano presentazioni per vari motivi estranei ai loro reali interessi professionali. Questi scritti d'occasione a volte sono vere e proprie “marchette”, come vengono definiti in gergo, cioè prestazioni di puro mercimonio. A volte, invece, si tratta di scambi tra colleghi o tra editore e autore; a volte non è estraneo il sesso, e via discorrendo.
Beh! queste cose C.L.R. non le faceva: al massimo ha scritto qualche riga per non deludere un richiedente insistente ma legittimato da circostanze “oneste” e nell'ambito di condivise strategie culturali. E' accaduto, ma assai raramente, che per raggiungere un più importante obiettivo Ragghianti accettasse di indagare l'opera di un artista marginale. Però se ne ha scritto era perché, conoscendo la persona o il suo lavoro, ne apprezzava le qualità sufficientemente per uno scritto non solo di circostanza ma formalmente e storicamente corretto e giustificato.
Questo è stato il caso, per fare un esempio concreto, della indagine su Arturo Momoli Longhini, artista genovese, già nel 1958 invitato a “La Strozzina” con una vetrina. Quindi essendo costui fraterno amico ( e co-massone?) dell'ing. Alberto della Ragione, lo indusse a parlare di lui a C.L.R. in una delle occasioni d'incontro per definire i termini della “grandiosa” donazione a Firenze della sua collezione. Ne conseguì, nel dicembre 1970, che il critico dedicò due pagine – ovviamente dignitose – alla pittura di Momoli. Per quanto successivamente l'artista lo solleciti per una monografia, soltanto nel 1980 – e solo perché ne è convinto – C.L.R. consegnerà un testo lungo ed articolato di analisi e valutazione dell'opera del pittore genovese. Questo testo si trova poi pubblicato nel 1981 dall'editore Carpena.
Questa lunga premessa che vuol chiarire la distinzione tra testo storico-critico spontaneo e testo “estorto” per una ragione qualsiasi però impropria, il che tra l'altro è moralmente riprovevole ed equivale alle expertises che nobilitano “croste” e “cerotti” a opere d'arte di qualità. Il che è anche un reato.
Tornando a Ruggero Falanga (1914-1970), dopo aver riguardato le sue opere nell'unica pubblicazione nota, cioè il catalogo monografico edito nel 1978 per l'esposizione in Palazzo Strozzi (15 novembre – 
15 dicembre) a cura dell'Azienda Autonoma di Turismo di Firenze, mi sento di concordare con chi sostiene la piena validità dell'operato di questo pittore. Il 29 settembre 1978 Carlo L. Ragghianti scrisse ad Andrea vòn Berger (giovane e dinamico Presidente dell'A.A.T. Di Firenze, anni dopo travolto in consueto scandalo di socialismo craxista): “... Per quanto riguarda Falanga (da me presentato) si tratta di un artista pressoché ignoto ma dotato singolarmente e suggestivo. Prego comunicare al prof. Are la disposizione che hai preso e concordare con lui quanto occorra”.
Giuseppe Are (1930-2006), già normalista e allievo di Cantimori e Passerin d'Entréves, poi professore ordinario di Storia contemporanea a Pisa, all'epoca della mostra era – se così si può dire – il capofila degli apprezzatori del pittore scomparso nel 1970 e come tale chiese al collega Ragghianti un interessamento che confermasse o meno la sua ammirazione per Falanga. Evidentemente C.L.R. valutò positivamente quell'operato tormentato da una continua ansia di approfondimento nel cambiamento e oltre al parere richiestogli si offrì di scrivere un breve saggio sul lavoro del pittore che “è stato sempre un temperamento eccessivo, come mostra, oltre alla sua biografia e al suo lasciarsi morire, il bisogno frequente di concentrarsi in quelle che chiamava forme alternative” e che “come molti artisti di questo secolo si richiamavano a Picasso … per virtù del quale si è affermato il diritto contemporaneo al rifiuto di un centro, al sondaggio illimitato dell'essere”.
Giuseppe Are nel suo scritto in Catalogo L'itinerario di Falanga (uomo di molte letture) traccia una sintesi del tormentato percorso artistico del pittore, caratterizzato da “cicli” e da una costante ricerca di valori estetici.
Anche il breve intervento del giovane Geoffrey Hinton (n.1947) intitolato Conflitto e paradosso sottolinea la complessità della psicologia di Falanga, comunque non contraddittoria, e conclude ricordando la scritta che l'artista dipinse su una parete del suo studio: “io cerco qualcosa che è come la luce di dio”.
Geoffrey Hinton, inglese divenuto canadese, in seguito è diventato un importante psicologo cognitivo e scienziato informatico che dal 2013 lavora contemporaneamente per Google e l'Università di Toronto.
I cenni biografici di Ruggero Falanga sono illustrati con partecipe commozione dalla psicoterapeuta Angela Margherita Sacchi, che ricostruisce il tormentato ma tenace svolgimento artistico ed umano di un pittore originale ed inconsueto.
F.R. (7 settembre 2018)

domenica 11 novembre 2018

Artisti "misconosciuti".

Lavorando ormai da diverso tempo per allestire i post delle serie “Arte Moderna in Italia, 1915-1935”, mi rendo conto che l'impresa è ancora di lunga durata. Siccome ho 78 anni e rotti, realisticamente – se non altro per diminuite facoltà fisiche – constato che ci sono concrete possibilità che io non possa terminare l'impresa. Pazienza. C'è però un aspetto che mi fa dispiacere in modo particolare, cioè di non poter avere riproposto (o in altro ambito proposto) alcuni artisti che considero misconosciuti, cioè come recita il Devoto-Oli “vittime di ostile incomprensione o di sorda ingratitudine” cui aggiungerei “vittime di ingiustificato oblio”, cioè dimenticati. Mi riferisco in particolare a coloro di cui nella Mostra suddetta già nel 1967 il recupero fu difficoltoso nel reperimento di riproduzioni di opere e notizie critiche, e quindi la cui risonanza mediatica anche in quel contesto fu assai meno considerata dalla critica e dal pubblico. Tanto per fare un esempio: Siro Penagini (vedi post del 28 febbraio 2017) ricevette apprezzamenti e immediati recuperi espositivi e commerciali; Eugenio Viti (tanto per citare un nome) non fu preso in considerazione allora né apprezzato, oggi – dopo riscontro su internet – c'è silenzio tombale. Eppure è un artista di qualità certa. Eccetera.
Non voglio illudermi che questa sede possa incidere in maniera significativa, però l'individuazione di questi artisti e l'indicazione di ricostruire la loro attività nell'ottica di un nuovo presente può portare a una “scoperta” soltanto se in qualche sito o ufficio qualificato c'è traccia di loro. Quello che vorrei fosse recepito, specie da Istituzioni artistiche e da Enti locali – unici luoghi dove ancora c'è la possibilità non onerosa di avere visibilità – che a questi “misconosciuti” o dimenticati fosse data considerazione da un lato e dall'altro “caccia” alle loro opere, ora disperse o rintanate nei magazzini, rintracciandole. Almeno se ne avrà una mappatura della conservazione privata e pubblica. Ciò sarebbe anche più possibile se le risorse disponibili, troppo spesso spese per l'acquisto di un'altra (mediocre e superflua) opera di un artista affermato e presente in collezione/catalogo, fossero invece destinate ad acquisizioni di opere dei “Viti”, in modo che anche gli artisti negletti possano essere conosciuti, conservati per la vichiana riconsiderazione dei posteri.
Nel nostro piccolo mi affido quindi alla curiosità, alla perspicacia e anche – purtroppo, ma può tornare indirettamente utile – alla avidità di guadagno di ignoti presenti e futuri cliccatori di questo blog, perché si “appassionino” di questo o quel “misconosciuto o dimenticato”. Di conseguenza, siano essi storici e critici, collezionisti, discendenti, apprezzatori spontanei anche non qualificati, addirittura speculatori, 
contribuiranno a scovare e promuovere opere e attenzione su di questi artisti del passato ormai spesso più che prossimo. Da considerare anche che di artisti “misconosciuti o dimenticati” ce ne sono sicuramente tantissimi confusi nel numero veramente imponente, impressionante, di coloro che hanno praticato e oggi praticano le arti visive con intenti professionali o con dedizione continuativa. Questi “misconosciuti o dimenticati” del XIX, del XX e del XXI secolo, se e quando di qualità espressiva non comune, di originalità evidente e di impronta problematica nei confronti del passato e del presente, sono degni di considerazione e di indagine. Come caso esemplare di quanto qui asserito, a questo post ne seguirà uno con la riproposta di un artista casualmente incontrato da C.L. Ragghianti e da lui preso in considerazione ed analizzato: Ruggero Falanga.

Concludo facendo un elenco, molto approssimativo e che riflette soltanto il mio gusto e il mio giudizio, che include gli artisti presenti nel Catalogo 1915-1935 già pubblicati o da pubblicare e la cui scheda critica è stata o sarà a suo tempo qui riproposta.
Essi sono: Nicola Dantino, Cesare Ferro, Rubaldo Merello, Alberto Caligiani, Lea Colliva, Luigi Crisconio, Edoardo Pansini, Mario Reviglione, Gustavo Sforni, Lucio Venna, Deiva de Angelis, Marco Novati, Umberto Vittorini, Nino Bertocchi, Antonio Bresciani, Franco Dani, Antonio A. De Witt, Nicola Galante, Arturo Nathan, Ennio Pozzi, Juti Ravenna, Nino Springolo, Eugenio Viti, Mario Legore, Nino Rosso, Raffaele Castello, Galliano Mazzon, Pietro Bugiani, Anton R. Giorgi, Filli Levasti, Giacomo Vespignani, Jesse Boswell, Ugo Capocchini, Francesco De Rocchi, Genni Weigmann, Onofrio Martinelli, Daphne Casorati.

Lo stesso discorso fin qui sviluppato può valere per gli artisti presenti nel Catalogo Arte in Italia 1935-1955, in parte cronologicamente più vicini ad oggi, ma comunque quasi tutti vissuti nel secolo Ventesimo.

Elenco alcuni “misconosciuti” o dimenticati anche in questo caso secondo un criterio del tutto personale: Carlo Conte, Guglielmo Janni, Francesco Menzio, Enzo Morelli, Guido Peyron, Carlo Sbisà, Carlo Socrate, Oscar Gallo, Bruno Innocenti, Angeletto Modotto, Gastone Panciera, Attilio Rossi, Arnaldo Ciarrocchi, Lorenzo Guerrini, Berto Lardera, Piero Martina, Armando Pizzinato, Neri Pozza, Ilario Rossi, Italo Valenti, Enzo Brunori, Dino Caponi, Arturo Carmassi, Fernando Farulli, Franco Francese, Carlo Hollesch, Francesco Tabusso.