Carlo e Licia
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venerdì 30 dicembre 2016
giovedì 29 dicembre 2016
Ragghianti e la propria immagine fisica.
Una contraddizione inspiegabile e' l'atteggiamento di C.L.Ragghianti nei confronti dell'essere ritratto. Lo e' stato sempre poco e inevitabilmente in fotografia, quasi mai e sempre a memoria o su traccia fotografica dal ritrattando, artista, dilettante, figlio o nipote che fosse.
Atteggiamento certo non legato a tabu' antropologici (oddio, mi rubano l'anima!), ne' a una natura personale particolarmente schiva o solitaria. Anzi, R. era assai socievole e d'approccio tendenzialmente cordiale e disponibile. Per di piu' era consapevole di essere un uomo pubblico e quindi accettava gli oneri della propria posizione di ideologo e politico. Inoltre, come intellettuale, ben conosceva i precedenti storici e le teorie moderne e contemporanee sulla visibilita' pubblica. Quindi nessun rifiuto pregiudiziale, nessuna ostilita' preconcetta, nessun trauma psicoanalitico.
Sono anni che mi pongo alcuni interrogativi circa la personalita' e i comportamenti di mio padre, sia come figlio che come aspirante interprete cronachistico di un personaggio cosi' variegato e coerente. Per affinita' a questo aspetto, almeno in relazione all'immagine pubblica, penso al suo rifiuto costante (tranne una volta, per "Amor di Patria", comunque accettazione non disdicevole, di cui forse scrivero' in altra occasione) di onoreficenze italiane e straniere (De Gaulle mando' a Firenze nel 1967 Gaston Palewski per insistere circa una "legion d'honneur" gia' cortesemente rifiutata). Questo suo comportamento derivava dalla giovanile adesione ad un marxismo socialista con indubbi legami con persone ed ambienti anarchici. Deriva da Ferrer, dalla Guerra di Spagna, persino da una costante riflessione sulla purezza dell'atteggiamento cristiano.
Atteggiamento certo non legato a tabu' antropologici (oddio, mi rubano l'anima!), ne' a una natura personale particolarmente schiva o solitaria. Anzi, R. era assai socievole e d'approccio tendenzialmente cordiale e disponibile. Per di piu' era consapevole di essere un uomo pubblico e quindi accettava gli oneri della propria posizione di ideologo e politico. Inoltre, come intellettuale, ben conosceva i precedenti storici e le teorie moderne e contemporanee sulla visibilita' pubblica. Quindi nessun rifiuto pregiudiziale, nessuna ostilita' preconcetta, nessun trauma psicoanalitico.
Sono anni che mi pongo alcuni interrogativi circa la personalita' e i comportamenti di mio padre, sia come figlio che come aspirante interprete cronachistico di un personaggio cosi' variegato e coerente. Per affinita' a questo aspetto, almeno in relazione all'immagine pubblica, penso al suo rifiuto costante (tranne una volta, per "Amor di Patria", comunque accettazione non disdicevole, di cui forse scrivero' in altra occasione) di onoreficenze italiane e straniere (De Gaulle mando' a Firenze nel 1967 Gaston Palewski per insistere circa una "legion d'honneur" gia' cortesemente rifiutata). Questo suo comportamento derivava dalla giovanile adesione ad un marxismo socialista con indubbi legami con persone ed ambienti anarchici. Deriva da Ferrer, dalla Guerra di Spagna, persino da una costante riflessione sulla purezza dell'atteggiamento cristiano.
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giovedì 22 dicembre 2016
DELVEAUX-POTT: "precursore" o casuale affinità?
Morto l'anno dopo la nascita di Paul Delveaux, il pittore statunitense Lasslett John Pott (1837-1898) ha dipinto questo nudo che fa pensare ad un precursore (ovviamente inconsapevole) del notissimo pittore belga (1897-1994!)
Dai dati biografici, inoltre, non risultano viaggi o interessi particolari di Delveaux per l'arte degli Stati Uniti, sicché è plausibile escludere una sua qualsivoglia conoscenza della pitture di Pott.
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lunedì 19 dicembre 2016
lunedì 5 dicembre 2016
martedì 22 novembre 2016
Grande Bagnante [o "Grande figura accoccolata"] di Emilio Greco
Meglio nota come “Grande Figura accoccolata”, questa bellissima scultura di cemento (un esperimento dell'artista), imponente e raccolta, donata a Carlo Ludovico Ragghianti da Emilio Greco, grato e commosso per il sostegno ricevuto nella contrastata, dura e lunga vicissitudine delle Porte di Orvieto, fu collocata nell'aiuola del giardino di Villa La Costa di fronte alla portafinestra della stanza da pranzo. Li', per piu' di trent'anni, troneggio' tra il fiorire di capperi selvatici e via via altri fiori di campo, racchiusa dallo sfondo di una rigogliosa siepe di alloro.
Ordinando le mie carte, cercando di lasciare alle eredi almeno una parvenza di ordine, trovo alcuni miei disegni, di stampo un po' banale ma intrisi di una certa affettivita', e -soprattutto- la fotocopia di alcuni schizzi di Ragghianti tesi a spiegare le dinamiche dell'opera a qualche allievo ospite di casa nostra, databile al 1961/2 (come posso dedurre dalla carta intestata “Artemobile”). Allego anche una breve nota di testimonianza che Licia Collobi Ragghianti pubblico' in “Critica d'Arte”, n.19 1999 pp. 22-23. Aggiungo, infine, l'accorata poesia della rimozione (tramite gru) del caro “Nudo” da trasportare presso Pananti per l'asta (1999) che doveva reperire per Rosetta e me il valsente necessario ad acquistare quella grande casa che ci necessitava, in luogo de “La Costa”, lasciata o meglio “abbandonata” dopo le sconsiderate vicissitudini domestiche sopraggiunte dopo la morte della Mamma (1989).
Gia' che ci sono, per precisione cronistica, voglio ricordare le traversie manutentive della statua. Come dicevo all'inizio, la scultura tecnicamente era un esperimento: cioe' una fusione di lastre di cemento poggianti sulla base, con l'interno vuoto, come nel gesso o nel bronzo. Col passare del tempo l'esposizione ai mutamenti climatici fecero insorgere chiazzature piu' scure, spuntate qua' e la' dal cemento; si verificarono anche micro fessure lungo le giunture che dettero adito ad una colonizzazione di piccole formiche, assai resistenti ai tentativi di disinfestazione, avvenuti ovviamente al di fuori e nei dintorni del “Nudo”. Tentativi pressoche' inutili, a dire il vero: pero' questa convivenza estiva non procurava ulteriori danni visibili.
Inoltre, per almeno gli ultimi venti anni di permanenza nel nostro giardino la “Grande Bagnante” era soggetta al rito stagionale novembrino, da me sempre effettuato, di essere inglobata, rivestita da un grande telo di plastica trasparente – fissata con nastro adesivo da idraulici – messogli a protezione soprattutto dalla possibilita' che l'acqua piovana presente nelle congiunture – ghiacciando – creasse nuove fessure e allargasse quelle preesistenti. Verso la meta' di Marzo avveniva la cerimonia della svestizione, con pulitura dei nidi di ragni
Ordinando le mie carte, cercando di lasciare alle eredi almeno una parvenza di ordine, trovo alcuni miei disegni, di stampo un po' banale ma intrisi di una certa affettivita', e -soprattutto- la fotocopia di alcuni schizzi di Ragghianti tesi a spiegare le dinamiche dell'opera a qualche allievo ospite di casa nostra, databile al 1961/2 (come posso dedurre dalla carta intestata “Artemobile”). Allego anche una breve nota di testimonianza che Licia Collobi Ragghianti pubblico' in “Critica d'Arte”, n.19 1999 pp. 22-23. Aggiungo, infine, l'accorata poesia della rimozione (tramite gru) del caro “Nudo” da trasportare presso Pananti per l'asta (1999) che doveva reperire per Rosetta e me il valsente necessario ad acquistare quella grande casa che ci necessitava, in luogo de “La Costa”, lasciata o meglio “abbandonata” dopo le sconsiderate vicissitudini domestiche sopraggiunte dopo la morte della Mamma (1989).
Gia' che ci sono, per precisione cronistica, voglio ricordare le traversie manutentive della statua. Come dicevo all'inizio, la scultura tecnicamente era un esperimento: cioe' una fusione di lastre di cemento poggianti sulla base, con l'interno vuoto, come nel gesso o nel bronzo. Col passare del tempo l'esposizione ai mutamenti climatici fecero insorgere chiazzature piu' scure, spuntate qua' e la' dal cemento; si verificarono anche micro fessure lungo le giunture che dettero adito ad una colonizzazione di piccole formiche, assai resistenti ai tentativi di disinfestazione, avvenuti ovviamente al di fuori e nei dintorni del “Nudo”. Tentativi pressoche' inutili, a dire il vero: pero' questa convivenza estiva non procurava ulteriori danni visibili.
Inoltre, per almeno gli ultimi venti anni di permanenza nel nostro giardino la “Grande Bagnante” era soggetta al rito stagionale novembrino, da me sempre effettuato, di essere inglobata, rivestita da un grande telo di plastica trasparente – fissata con nastro adesivo da idraulici – messogli a protezione soprattutto dalla possibilita' che l'acqua piovana presente nelle congiunture – ghiacciando – creasse nuove fessure e allargasse quelle preesistenti. Verso la meta' di Marzo avveniva la cerimonia della svestizione, con pulitura dei nidi di ragni
ed altre manifestazioni parassitarie cresciute sul manto di cemento.
Dopo la morte del Babbo Carlo (1987), in concomitanza con altre iniziative ci fu anche un tentativo aggiuntivo della Mamma Licia di fare un po' di “cassa” reintegrativa delle spese sostenute per la lunga degenza al Quisisana di Montecatini Alto; tentativo consistente nel cercar di vendere la ceramica “Cavaliere”, scultura di Marini realizzata da Mario Morelli di Faenza, insegnante all'Istituto d'Arte di Porta Romana, partecipante al progetto CADMA 1947 (Commissione Assistenta Distribuzione Materiali Artigianato), iniziativa di Ragghianti di cui parleremo presto in questa sede. Nel togliere dalla base lignea del supporto l'oggetto, avvenne che le quattro esilissime zampe del cavallo rimasero incastrate nel legno (gonfiato per l'umidita') con il resto del cavallo e cavaliere sorretto dalle mani della Mamma, esterrefatta. Percio' fu necessario cercare un restauratore, specializzato e discreto, perche' ripristinasse la ceramica. Ci fu indicata Agnese Parronchi, figlia del critico e poeta Alessandro, amico di vecchia data e disperso nelle vicende di cronaca, gia' Segretario della gestione iniziale de la “Strozzina”, la benemerita istituzione espositiva “inventata” da Carlo L. Ragghianti nel 1947/8. Gentile, educata, solerte e competente la giovane tecnica restauro' il manufatto in maniera perfetta, tale che le riparazioni sarebbero state verificabili soltanto con apposite radiografie. Prendendo l'aperitivo serale in giardino, abitudine iniziata per distrarre dal suo dolore la Mamma e costringerla a socializzare (anche se quasi sempre soltanto con me e le mie sorelle), la Parronchi vide il “Nudo” di Emilio Greco, lo studio' per qualche minuto e poi disse che poteva riparare le fessure, almeno quelle piu' evidenti, e togliere gli “spurghi” grassi e grigiastri, o almeno attenuarli considerevolmente. Cosi' fu fatto. Una decina di anni dopo avvenne il trasferimento della “Bagnante”, dal giardino Ragghianti alla sede della Galleria Pananti in Piazza Santa Croce. Costi' Piero Pananti, constatando una vistosa fuoriuscita di formiche - disturbate dal trasloco e ancora rintronate dal letargo interrotto - si rivolse ad una giovane restauratrice francese, non “scientifica” a livello Pietre Dure, pero' pratica delle esigenze immediate dell'antiquariato e del commercio artistico. Con spesa modestissima (a nostro carico, dovendo ancora avvenire l'asta e l'eventuale vendita) la cortese, schiva, piuttosto timida operatrice non solo debello' per sempre le inopportune ospiti, ma riusci' -miracolo,miracolo!- a far scomparire del tutto le deturpazioni del manto di cemento, rendendolo omogeneo nel suo colore originario.
Dopo la morte del Babbo Carlo (1987), in concomitanza con altre iniziative ci fu anche un tentativo aggiuntivo della Mamma Licia di fare un po' di “cassa” reintegrativa delle spese sostenute per la lunga degenza al Quisisana di Montecatini Alto; tentativo consistente nel cercar di vendere la ceramica “Cavaliere”, scultura di Marini realizzata da Mario Morelli di Faenza, insegnante all'Istituto d'Arte di Porta Romana, partecipante al progetto CADMA 1947 (Commissione Assistenta Distribuzione Materiali Artigianato), iniziativa di Ragghianti di cui parleremo presto in questa sede. Nel togliere dalla base lignea del supporto l'oggetto, avvenne che le quattro esilissime zampe del cavallo rimasero incastrate nel legno (gonfiato per l'umidita') con il resto del cavallo e cavaliere sorretto dalle mani della Mamma, esterrefatta. Percio' fu necessario cercare un restauratore, specializzato e discreto, perche' ripristinasse la ceramica. Ci fu indicata Agnese Parronchi, figlia del critico e poeta Alessandro, amico di vecchia data e disperso nelle vicende di cronaca, gia' Segretario della gestione iniziale de la “Strozzina”, la benemerita istituzione espositiva “inventata” da Carlo L. Ragghianti nel 1947/8. Gentile, educata, solerte e competente la giovane tecnica restauro' il manufatto in maniera perfetta, tale che le riparazioni sarebbero state verificabili soltanto con apposite radiografie. Prendendo l'aperitivo serale in giardino, abitudine iniziata per distrarre dal suo dolore la Mamma e costringerla a socializzare (anche se quasi sempre soltanto con me e le mie sorelle), la Parronchi vide il “Nudo” di Emilio Greco, lo studio' per qualche minuto e poi disse che poteva riparare le fessure, almeno quelle piu' evidenti, e togliere gli “spurghi” grassi e grigiastri, o almeno attenuarli considerevolmente. Cosi' fu fatto. Una decina di anni dopo avvenne il trasferimento della “Bagnante”, dal giardino Ragghianti alla sede della Galleria Pananti in Piazza Santa Croce. Costi' Piero Pananti, constatando una vistosa fuoriuscita di formiche - disturbate dal trasloco e ancora rintronate dal letargo interrotto - si rivolse ad una giovane restauratrice francese, non “scientifica” a livello Pietre Dure, pero' pratica delle esigenze immediate dell'antiquariato e del commercio artistico. Con spesa modestissima (a nostro carico, dovendo ancora avvenire l'asta e l'eventuale vendita) la cortese, schiva, piuttosto timida operatrice non solo debello' per sempre le inopportune ospiti, ma riusci' -miracolo,miracolo!- a far scomparire del tutto le deturpazioni del manto di cemento, rendendolo omogeneo nel suo colore originario.
Francesco Ragghianti
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Biografia (1) 1978 di Carlo Ludovico Ragghianti
Posta a conclusione del volume "Traversata di un Trentennio", Milano 1978, questa biografia fu impostata da Carlo L. Ragghianti, poi passata a me per elaborarla (allora ero ancora Redattore editoriale in Vallecchi). Fu pubblicata con la firma del suo "storico" allievo e segretario (fine 1945-1952/3) Alfredo Righi, che per consolidata consuetudine prestava talvolta al Maestro la propria firma. In questo caso per sostituire il testo proposto dalla redazione editoriale, approssimativo e fiacco.
Riproporremo anche altre biografie e auto-biografie, soprattutto quelle risultanti dalla corrispondenza. Ragghianti non evidenziava la propria vita, il proprio operato per vanità o per malintesa modestia, si presentava perché fino agli anni '60 almeno, non c'erano abbastanza
Riproporremo anche altre biografie e auto-biografie, soprattutto quelle risultanti dalla corrispondenza. Ragghianti non evidenziava la propria vita, il proprio operato per vanità o per malintesa modestia, si presentava perché fino agli anni '60 almeno, non c'erano abbastanza
fonti di informazione sulle persone: non c'era Wikipedia, ma poche e non esaurienti erano invece le fonti disponibili. Quindi, soprattutto al di fuori dell'ambito specialistico era talvolta necessario relazionare l'interlocutore della propria personalità. Nei pochi casi in cui si può avvertire un tono rivendicativo ed impositivo, si ricava dal contesto il perché.
Fra non molto tempo, pare che il sito web della Fondazione Centro Studi Licia e Carlo L. Ragghianti di Lucca posterà una biografia di R. accurata, dettagliata ed esauriente (non esaustiva, che è un anglismo dimostrativo della imperizia linguistica di chi lo usa). Quelle attualmente sul web sono francamente penose, quando non imbarazzanti, sia per chi le ha scritte, sia per chi le legge.
Fra non molto tempo, pare che il sito web della Fondazione Centro Studi Licia e Carlo L. Ragghianti di Lucca posterà una biografia di R. accurata, dettagliata ed esauriente (non esaustiva, che è un anglismo dimostrativo della imperizia linguistica di chi lo usa). Quelle attualmente sul web sono francamente penose, quando non imbarazzanti, sia per chi le ha scritte, sia per chi le legge.
Francesco Ragghianti
giovedì 17 novembre 2016
giovedì 10 novembre 2016
{bacheca} Referendum 4 Dicembre 2016
L'assillante presenza propagandistica circa il Referendum confermativo delle modifiche costituzionali, costringe chiunque abbia un convincimento fondato a parteciparlo agli eventuali altri elettori, siano 2 o 2000 o...nessuno. Quindi pur dispiacendomi, devo utilizzare questo blog essenzialmente dedicato al pensiero e all'opera dei miei genitori. Questa sede e' infatti l'unica disponibile per rendere note, seppur molto a malincuore, le mie opinioni personali.
La convinzione ponderata, dunque, è che questo Referendum rappresenta una presa di "bavero", un indicare il proverbiale dito perché non si veda l'obiettivo reale: la Luna. Con un falso scopo, cioe', si nascondono i reali intenti: liberticidi nella fattispecie.
La convinzione ponderata, dunque, è che questo Referendum rappresenta una presa di "bavero", un indicare il proverbiale dito perché non si veda l'obiettivo reale: la Luna. Con un falso scopo, cioe', si nascondono i reali intenti: liberticidi nella fattispecie.
Ciò perche' se è pur vero e sacrosanto che quella italiana è nella lettera una bellissima Costituzione, è altrettanto vero che una rilevante (e importante) parte della medesima è i n a t t u a t a a tutt'oggi, lasciando spazi interpretativi contraddittori, al limite della bizzarria (se non si tratta di materia sostanziale) della violazione, dell'attentato (un es. per tutti il "Job Act" ) di tradimento vero e proprio. Si contravviene così oltre che alle indicazioni vincolanti dei Padri della Patria (già forse anche troppo cauti - art 7! - a fronte delle attese derivanti dalla Cospirazione antifascista e poi dalla Resistenza ) ma anche del nostro faticoso vivere quotidiano in una parvenza di Libertà. Perciò ritengo doveroso votare e votare NO. Solo e sempre semplicemente NO.
Francesco Ragghianti
venerdì 4 novembre 2016
Biographie de Licia Collobi Ragghianti
Licia
Collobi est neé à Trieste, ville encore sous l'empire des
Hababourg, le 24 août 1914 de
Alberto Golubic (par la suite italianisé en Collobi) et Silvia De
Domazetovich. Elle a passé sa première enfance à Klagenfurt ù son
père, blessé au bras en Galizia en 1915, fut transféré en tant
que Commandant du Magasin Militaire. Désormais bilingue elle revint
à Trieste avec sa famille après la guerre. Dans cette ville elle a
frequenté les écoles primaires, secondaires, le premier an du
gymnase et le dernier an du lycée.
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"SeleArte" IV serie n. 2
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giovedì 3 novembre 2016
Trent'anni dopo. "SeleArte", IV serie (1988-1999)
Già, quasi trent'anni dopo! Trent'anni di progressivo decadimento del tessuto sociale e della moralità pubblica e privata, di tremendo degrado ambientale. Non è successo quasi nulla, nulla di originale o innovativo. Soltanto farsesche, quando non potenzialmente tragiche, riproposizioni - e questo in quasi tutti i campi. Per ridere amaro qualche esempio: la conclusione del compromesso storico con l'annientamento della sinistra tradizionale; l'ennesimo attentato alla Costituzione (la cui lettera e' per altro ancora da attuare in settori tutt'altro che secondari); il Ponte dello Stretto (pero' l'autostrada Napoli-Reggio non funziona ancora!), ecc.
Questa quarta serie di "SeleArte" fu confezionata completamente in fotocopie di stampati con testo e/o illustrazioni, di dattiloscritti appositi o archiviali, di manoscritti; quindi fu stampata con fotocopiatrici di nostra proprietà.
Notizie su "SeleArte" cartacea
Questa quarta serie di "SeleArte" fu confezionata completamente in fotocopie di stampati con testo e/o illustrazioni, di dattiloscritti appositi o archiviali, di manoscritti; quindi fu stampata con fotocopiatrici di nostra proprietà.
Anche la rilegatura a punti metallici fu eseguita a mano (la mia). Insomma, un lavoro totalmente manuale, salvo le relative operazioni mentali volte alla concezione dei contenuti e dei testi di connessione. Il tutto eseguito nel tempo libero e notturno, a spese di Rosetta e mie, nonché con il generoso contributo saltuario degli editori Sergio e Luisa Perdisa e di Bruno Tassi, personalmente e attraverso la sua società. La tiratura fu variabile ( i primi fascicoli sono stati
Perciò riteniamo opportuno riproporre in veste elettronica la "fanzine" ragghiantiana "SeleArte", quarta serie (1988-1999).
Ci sembra, infatti, tuttora una proposta valida, ricca di notizie e spunti di riflessione, oltre ché di stimolo metodologico e civile. Cominciamo con i primi tre fascicoli, quelli che riflettono l'iniziale esigenza di consolarci per la perdita del padre, quelli concepiti per distrarre dal tedium vitae e coinvolgere nostra madre gravemente valetudinaria e - ovviamente - distrutta dalla perdita della sua meta' culturale e creativa, nonché dell'amato compagno e marito e padre dei suoi figlioli.
stampati più volte) e comunque in circolazione furono immesse dalle 50 alle 125 copie. Tra distruzioni avvenute per separare l'incisione originale o la vera fotografia e la fisiologica dispersione e distruzione verificatesi nel tempo, oggi i fascicoli superstiti saranno ben pochi. Mi auguro soltanto che le Biblioteche e gli Istituti che ricevettero la rivista l'abbiano catalogata e conservata.
Gli originali delle corrispondenze e dei documenti di Carlo e Licia Ragghianti sono depositati nell'Archivio della Fondazione Centro Studi sull'Arte a loro intitolata a Lucca.
In parte (in copia) sono nel mio Archivio Editoriale di Vicchio.
Ci sembra, infatti, tuttora una proposta valida, ricca di notizie e spunti di riflessione, oltre ché di stimolo metodologico e civile. Cominciamo con i primi tre fascicoli, quelli che riflettono l'iniziale esigenza di consolarci per la perdita del padre, quelli concepiti per distrarre dal tedium vitae e coinvolgere nostra madre gravemente valetudinaria e - ovviamente - distrutta dalla perdita della sua meta' culturale e creativa, nonché dell'amato compagno e marito e padre dei suoi figlioli.
stampati più volte) e comunque in circolazione furono immesse dalle 50 alle 125 copie. Tra distruzioni avvenute per separare l'incisione originale o la vera fotografia e la fisiologica dispersione e distruzione verificatesi nel tempo, oggi i fascicoli superstiti saranno ben pochi. Mi auguro soltanto che le Biblioteche e gli Istituti che ricevettero la rivista l'abbiano catalogata e conservata.
Gli originali delle corrispondenze e dei documenti di Carlo e Licia Ragghianti sono depositati nell'Archivio della Fondazione Centro Studi sull'Arte a loro intitolata a Lucca.
In parte (in copia) sono nel mio Archivio Editoriale di Vicchio.
Francesco Ragghianti
Profilo biografico di Licia Collobi Ragghianti
Alberto Golubic con in braccio Licia, insieme
alla moglie Silvia de Domazetovich
|
Licia Collobi è nata a Trieste, ancora asburgica, il 24 agosto 1914 da Alberto Golubic (poi italianizzato in Collobi) e Silvia De Domazetovich. Ha passato la prima infanzia a Klagenfurt dove il padre, ferito a un braccio in Galizia nel 1915, fu trasferito come comandante del Magazzino Militare. Tornata bilingue con la famiglia a Trieste dopo la guerra, Licia vi ha frequentato le scuole Elementari, le Medie, la prima Ginnasio e la terza Liceo.
Data la delicata salute della madre tubercolotica e più volte ricoverata nel Sanatorio di Bressanone, Licia ha qui frequentato la seconda Ginnasio e la prima-seconda Liceo, con esame d 'ammissione alla terza a Trieste, dove si è diplomata con ottimi voti. Madre e figlia ritornano a Trieste nel 1932 e alla fine dell'anno Licia si diploma anche in pianoforte al Conservatorio.
Intenzionata all'inizio a laurearsi in Germanistica, si iscrive alla Facoltà di Lettere di Torino nell'autunno del 1932. Qui ha seguito gli studi in modo brillante ma discontinuo a causa dei frequenti ritorni a Trieste per le sempre più precarie condizioni di salute della madre (che muore nel febbraio 1936), e qui si laurea in Storia dell'Arte nel giugno 1936 col massimo dei voti: centodieci su centodieci e lode, con la tesi su Carlo di Castellamonte, poi pubblicata nel 1937. Nel gennaio di questo anno consegue anche il diploma di abilitazione all'insegnamento della Storia dell'Arte nei Licei, e comincia a pubblicare saggi, contributi e recensioni.
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Licia Collobi Ragghianti : A Biography
Licia Collobi was born in Trieste, still under Asburgic domination, on August 24th 1914, to Alberto Golubic (then italianized as Collobi) and Silvia De Domazetovich. She spent the first part of her infancy in Klagenfurt where her father, injured at an arm in Galizia in 1915, had been transferred as Commander of the Military Warehouse. Back in Trieste with her family after the war, being now bilingual Italian and German, Licia attended there Primary School, Secondary School and all the five years of Italian High School.
Given her mother's poor health, ill with tuberculosis and recurrently hospitalized at the Bressanone Sanatorium, Licia attended in Bressanone the second,third and fourth year of High School, giving her exam of admission to the fifth year in Trieste, where she graduated with excellent marks. Mother and daughter went back to Trieste in 1932 and by the end of the year Licia also graduated as a piano player at the Music Conservatory.
Given her mother's poor health, ill with tuberculosis and recurrently hospitalized at the Bressanone Sanatorium, Licia attended in Bressanone the second,third and fourth year of High School, giving her exam of admission to the fifth year in Trieste, where she graduated with excellent marks. Mother and daughter went back to Trieste in 1932 and by the end of the year Licia also graduated as a piano player at the Music Conservatory.
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mercoledì 2 novembre 2016
Bibliografia degli scritti di Licia Collobi Ragghianti
Bibliografia completa delle pubblicazioni di Licia Collobi Ragghianti, suddivise per anno cosi' da renderne piu' agevole la consultazione, curata da Rosetta Ragghianti.
lunedì 31 ottobre 2016
Ragghianti, Manzù and the Dancer
(Dance step, 1961)
From the correspondence Ragghianti-Manzù - that I consulted to answer a scholar's question - I extracted Ragghianti's letter to the sculptor of May 1st, 1964 because mentioning a "dance step" of the Master, which seemed to be referring to the Dancer given as a gift by the artist to the art historian.
From the correspondence Ragghianti-Manzù - that I consulted to answer a scholar's question - I extracted Ragghianti's letter to the sculptor of May 1st, 1964 because mentioning a "dance step" of the Master, which seemed to be referring to the Dancer given as a gift by the artist to the art historian.
It was actually referring to another sculpture, but this research reminded me of a piece I wrote for "SeleArte" (IV series, n.24) published in 2003. The late president of the florentine antique dealers,
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Ragghianti, Manzu' e la Ballerina
(Passo di danza, 1961)
fiorentini, Giovanni Pratesi, chiese se poteva esporre nel suo stand alla famosa e benemerita Mostra Mercato Internazionale di Antiquariato di Firenze, la Ballerina in un contesto di sue sculture qualificate. Chiedendoci i dati per il catalogo, gli consegnai anche il testo pubblicato nel "SeleArte". Evidentemente gli piacque, tanto da ricavarne un fascicoletto apposito. Ritengo, quindi, opportuno e gradevole inaugurare questo blog con la riproposta dell'opuscolo.
Dal carteggio Ragghianti-Manzù - compulsato per rispondere al quesito di uno studioso - ho estrapolato la lettera di Ragghianti allo scultore in data 1 Maggio 1964 per via di un riferimento ad un "Dance Step" del Maestro, che sembrava riferirsi alla Ballerina donata dall'artista allo storico dell'arte. Si trattava di altra scultura, pero' questa ricerca m'ha ricordato il testo che scrissi per "SeleArte (IV serie n. 24) pubblicato poi nel 2003.
L'allora compianto presidente degli antiquari
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